ESERCIZI

Può accadere che il discepolo di Scienza dello Spirito pratichi per uno, dieci o vent’anni gli esercizi esoterici, senza apparenti risultati: le attuali caratteristiche delle forze in gioco del divenire generale e l’architettura dei veicoli interiori individuali (dharma e karma) possono non indirizzarci verso una relativamente “facile” veggenza: come è stato già sottolineato, un vero itinerario iniziatico non patisce tempi (e preconcetti) ordinari.
In linea di massima, se l’operatore pratica con onestà e costanza le discipline interiori, matura anche il profondo sentimento che il breve decorso di una vita non limita la strada intrapresa verso la reintegrazione cosciente allo Spirito, e se da tale sentimento gemma la limpida certezza che la vita e il campo d’azione dell’anima devono estendersi oltre lo spazio ed il tempo dei nostri attuali confini, ciò indica che lo Spirito sta già operando alla trasformazione dall’impercepito cuore del nostro essere.
Dobbiamo inoltre considerare, con serietà e chiarezza, che le azioni e gli esseri dei Mondi Soprasensibili – quando non ci giungano smorzati e simbolizzati come può avvenire, ad esempio, in particolari sogni lucidi – non assomigliano ad alcuna conosciuta rappresentazione sensibile, e quindi la piú pura esperienza interiore, caratterizzata da totale rapidità ed estraneità, può attraversare impercepita la nostra coscienza, del resto puntualmente disattenta anche verso le manifestazioni dello Spirito, meno rare di quanto si presuma, ma balenanti nei dove e nei quando piú lontani dall’ordinario pregiudizio rappresentativo.
Vi sono non pochi operatori, quasi guidati da mano invisibile verso studi e discipline, che possiedono o acquistano, anche precocemente, esperienze extrasensibili e momenti illuminativi veridici: quando poi tali esperienze iniziano a divenire respiro interiore, vita interiore, qualcosa pigia l’interruttore e si spegne ogni luce, lasciando all’anima un muto e indifferente mondo sensibile ed un mondo interiore cosí atono e depresso che a malapena giustifica il suo esistere come prodotto delle categorie corporee.
«È terribile – dice Madame Guyon – per un’anima che aveva creduto d’essersi avanzata sulla via della Perfezione, il vedersi cadere a pezzi cosí, tutto ad un tratto».
Eppure le Caporetto dell’anima sono, a sguardo calmo, sconfitte positive: quanta superbia, orgoglio e smisuratezza venivano seminate, dopo ogni esperienza straordinaria, nell’anima, deformandola?
È possibile constatare che, qualora il corpo astrale non sia stato davvero dominato e “purificato”, l’irruzione di parziali esperienze interiori favorisce guasti e alterazioni dell’organizzazione animica umana: differenza di potenziale.
La moralità di cui spesso si parla (per l’appunto, si parla) e la cui potenza, di solito, non supera l’ordinario naturale, è passiva, perciò totalmente insufficiente ad agire per riplasmare e armonizzare le forze attivate: la moralità che l’anima coltiva nel tepore del proprio sensuale compiacimento è solo e semplicemente moralità da night club: belletto, stravolto dalla prima sensazione forte.

Franco Giovi (1.)

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