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Sono
madre di due ragazzi di 21 e 25 anni, fortunatamente sani fisicamente e
moralmente, i quali sin dalla prima infanzia hanno respirato in casa il
clima dell’antroposofia. Hanno superato senza problemi il periodo della
inevitabile crisi adolescenziale di ribellione all’autorità, e ora
sono avviati alla professione che liberamente hanno scelto. È accaduto
però a entrambi di sviluppare in una certa misura una forma di autonomia
e individualismo che li ha resi alquanto diversi dalla maggior parte dei
loro coetanei. Questo mi sembra che stia dando loro un progressivo senso
di isolamento che mi preoccupa…
Rudolf Steiner aveva previsto per l’epoca attuale una umanità
che avrebbe sempre piú espresso la propria individualità
e diversità. Egli affermava che ciò avrebbe causato un senso
di isolamento, che sarebbe risultato positivo solo nel caso di un giusto
collegamento tra l’uomo e il Mondo spirituale, collegamento che si esterna
come impulso alla nascita dell’Io. Mi sembra che questo sia proprio il
caso dei due ragazzi, che non si uniformano alla generale tendenza giovanile
alla massificazione mentale e psichica. Piú che preoccuparsi, c’è
da congratularsi con loro e, in special modo, con i genitori.
Svolgo un’attività che mi ha dato qualche soddisfazione economica
e sociale, ma col tempo mi sono reso conto che non corrisponde a ciò
che intimamente ho sempre avuto il desiderio di fare. In quest’ultimo periodo
ho cominciato a considerare realizzabile un cambiamento di vita profondo,
per assecondare le mie esigenze interiori. Sono però combattuto…
Possiamo in questo caso riferirci alla seconda massima enunciata da
Rudolf Steiner in Filosofia della libertà: «Ciò
che è da considerarsi “bene” non è quello che l’uomo deve
fare, ma ciò che egli vuole fare quando porta a espressione
la sua vera natura di uomo».
“Amicus Plato, sed magis amica Veritas”… La sequenza di sentenze che
avete presentato sotto l’etichetta “Tripartizione” merita alcune osservazioni
che, spero, non urteranno troppo la vostra sensibilità di fedeli
custodi di almeno una parte del grande lascito spirituale di Massimo Scaligero.
Prima di entrare nel merito dell’argomento vorrei osservare che appare
alquanto infelice la struttura in brevissimi “motti” con cui avete articolato
il pezzo: come tale può facilmente apparire una sorta di dogmatico
breviario, soprattutto per il neofita digiuno dell’enorme complessità
dell’edificio scientifico-spirituale. Ma il problema sta in diversi punti
del contenuto: Scaligero scriveva fra gli anni’60 e ’70 e da allora i problemi
si sono spesso addirittura capovolti. Oggi non è piú questione
di “liberare” la creatività imprenditoriale dallo “statalismo” o
di far “fluire le forze dell’economia”…
La “struttura in brevissimi motti” è stata concepita da Massimo
Scaligero, e non ci saremmo permessi di mutarla. Riguardo al contenuto
degli stessi, lo riteniamo quanto mai attuale; anzi, le forze negative
cui si riferivano quelle idee sono da allora molto piú radicate
nella realtà sociale italiana e mondiale. Vincerle, volgendole al
bene, è impresa spirituale e non politica, e in questa direzione
la nostra rivista cerca di impegnarsi.
…Vorrei creare un nuovo linguaggio artistico totalmente coinvolgente,
capace di cambiare la società e mai sperimentato da alcuno …Prendiamo
il fenomeno dei Beatles: è una delle cose piú misteriose
ed importanti dell’arte della seconda metà del ’900 (a mio avviso
non solo canzonette). Nella loro biografia dettagliata c’è sempre
sotto un filo rosso misterioso, sono loro gli unici che dopo le grandi
figure politiche hanno creato stati di isteria e devozione. Milioni di
giovani hanno comunque avuto qualcosa in cui credere ed a cui fare riferimento
ideale. …Ebbene i linguaggi primitivi della musica giovanile si sono affermati
ma sono in decadenza, per cui debbono vivere d’inerzia appoggiandosi su
forze sempre piú regredite di sessualità, demonismo, rabbia,
rimbambimento. La forma canzone, che è quella determinante nella
seconda metà del ’900, è ormai esaurita. Io cerco un linguaggio
nuovo narrativo coinvolgente e probabilmente interattivo che diventi piú
forte del rock e che utilizzi la tecnologia in senso micaelita e parli
della triarticolazione…
Secondo la concezione goethiana, nella società, come in natura,
non vi sono salti ma solo trasformazioni, piú o meno lente, piú
o meno efficaci. Quindi, se si intende creare un nuovo linguaggio musicale,
si deve comunque tener conto di tutto quanto raggiunto finora dai grandi
compositori, aggiungendovi però qualcosa che riguarda l’epoca attuale:
il ritorno all’eterico, dopo il lungo periodo di immersione nel materico.
Questo può essere donato agli altri solo se noi stessi conquistiamo
la limpida visione dell’eterico e la chiara udizione dell’armonia delle
sfere. Quanto ai Beatles, indubbiamente hanno segnato un’epoca. Ma non
dimentichiamo che essi pescavano da tutto un repertorio di musica folk,
per lo piú a noi sconosciuta, rielaborata poi in maniera magistrale,
e che quando hanno cercato di trascendere, per dare qualcosa di ulteriore,
hanno avuto bisogno dell’aiuto di hashish e marijuana. La loro immersione
nelle atmosfere dell’India e la loro riproduzione personalizzata delle
sonorità primordiali ancora conservate nelle esecuzioni di sitar
e tabla, hanno evocato per i giovani occidentali, abituati alle
canzonette sentimentali o ai ballabili sudamericani o al primo saltellante
rock, tutto un mondo melodico da esplorare. Accanto però alla ricerca
musicale, i quattro erano portatori di una mentalità di un sinistro
permissivismo, che ha spinto gran parte di un’intera generazione a voler
sperimentare i paradisi artificiali delle droghe, per ampliare – cosí
pensava – le proprie limitate capacità di percezione. Ma quella
strada non conduce lontano, anzi reca con sé una inevitabile regressione,
come sottolineato con molta efficacia nella lettera quando si parla di
linguaggi in decadenza che poggiano “su forze sempre piú regredite
di sessualità, demonismo, rabbia, rimbambimento”. Quanto al voler
creare qualcosa di “probabilmente interattivo”, credo che non si debba
confondere la musica con le nuove tecnologie, in cui tutto si unisce in
forma di spettacolo: musica, immagine, commento parlato, possibile intervento
del fruitore ecc. La musica è musica, deve poter essere ascoltata
senza immagini (è lei, semmai, che ce le deve suggerire, in maniera
assolutamente personale), deve poter essere cantata, o canticchiata, quando
la melodia ci è rimasta impressa e la facciamo nostra. Non mischiamo
poi la triarticolazione, o tripartizione, con l’espressione artistica:
non dobbiamo confondere tutto facendo un gran minestrone. La tripartizione
dell’organismo sociale è senz’altro auspicabile perché ogni
artista possa in futuro espletare appieno la propria libera creatività,
senza le pastoie del salario dipendente dal lavoro. Ma da questo non derivano
certo nuove forme musicali, o pittoriche, o tersicoree, né l’artista
deve porsi il compito di sponsorizzare, per cosí dire, la tripartizione
attraverso la sua forma d’arte.
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copertina: Pol e Jean de Limbourg
«Giovanni all’isola di Patmo»
da Les très riches heures du
Duc de Berry
miniatura Chantilly 1416
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«Un pastore rende omaggio alla Vergine
e al Bambino,
che verrà a rinnovare il mondo sotto il regno di Augusto»
Illustrazione dalle Bucoliche di Virgilio
– IV Egloga
Miniatura XV secolo – Biblioteca pubblica di Digione
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Oh sicule Muse, cantiamo di cose piú
alte!
Non giovano a tutti gli arbusti e le tamerici:
se selve cantiamo, sian selve di console degne.
Arriva ora l’ultima Era del canto cumano,
che integro viene a portare il ritmo dei secoli;
la Vergine torna, e ritorna il regno saturnio;
già scende dall’alto dei cieli la nuova progenie.
Un bimbo verrà sulla terra a mutare la stirpe
del ferro in quella dell’oro. Amabile mòstrati
oh casta Lucina, ed il regno sarà del tuo Apollo.
Col tuo Consolato s’inizia, con te, Pollione,
un Evo glorioso dal corso dei mesi solenne.
Con te come duce, se ancora le tracce si avranno
del nostro attuale degrado, non piú prevarranno |
su terre oramai liberate da cupo terrore.
Il bimbo avrà vita divina, confusi agli Dei
vedremo gli eroi, e tra loro lui stesso sarà
a guida del mondo, domato da imperio del padre.
Ma prima, fanciullo, la terra, senz’opera d’uomo,
con te sarà prodiga e doni vorrà presentare:
le edere vaghe intrecciate a serti di nardo
e la colocasia che avvince sorrisi d’acanto.
A casa da te porteranno da sole le capre
le poppe rigonfie di latte, e mandrie di buoi
non proveranno timore dei grandi leoni.
Da sé spargerà la tua culla di fiori un incanto.
Il serpe morrà, morrà l’erba d’infido veleno
e crescerà in ogni luogo l’amomo d’Assiria... |
(Bucoliche, inizio IV Egloga)
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