Il nostro argomento riguarderà il modo in cui i Mondi Superiori si manifestano all’anima dell’uomo che sogna. Nel trattare questo argomento noi non partiamo da un preconcetto scientifico-spirituale pari al preconcetto materialistico su cui si basa la moderna psicoanalisi. Questa dice: “Non esiste che il mondo dei sensi. Dunque il sogno non può contenere altro che il suo riflesso soggettivo”. Noi invece non diciamo: “Il mondo spirituale esiste. Dunque in qualche modo deve manifestarsi anche nel sogno”.
Se partendo da questo preconcetto noi volessimo ora speculare e arzigogolare sui sogni per cogliere in essi un ipotetico supervalore spirituale, cadremmo tosto in quel dilettantismo superficiale che inficia la psicanalisi. In questo nostro esame della complessa vita dei sogni, noi vogliamo rispettare il rigore scientifico. Non vogliamo fare dell’arte poetica, ma della scienza esatta. Perciò partiamo non da un sogno come tale, ma dalla sua diretta esperienza. La nostra vuol essere scienza sperimentale del sogno. Perciò non diremo nulla che abbia soltanto valore di pura ipotesi, di deduzione logica. Tutto quanto verrà esposto oggi è stato veramente sperimentato. Solo questa diretta ed immediata esperienza può dirci quando e come nel sogno si manifesti la presenza di un mondo che non è quello dei sensi. Nel sogno si offre all’uomo per la prima volta la possibilità di fare delle esperienze soprasensibili. L’uomo che le attraversa sa che in quel momento la sua anima viene toccata da qualcosa ch’egli ancora ignora ma che non esiste assolutamente nel mondo dei sensi. Si tratta perciò di un’esperienza soprasensibile, la quale tuttavia s’impone all’anima con una forza che fa cadere ogni dubbio sulla sua vera natura.
Prima di addentrarci piú profondamente nell’argomento, vogliamo considerare le basi tecniche del sogno.
Perché l’uomo si addormenta e sogna? La Scienza dello Spirito ce ne offre la spiegazione. Essa c’insegna che l’uomo è costituito da quattro arti: il corpo fisico, il corpo eterico, il corpo astrale e l’Io. La coscienza di veglia è caratterizzata dalla stretta connessione di questi quattro arti. Durante il sonno però questa connessione è rotta. L’uomo che giace nel suo letto profondamente addormentato è un essere diviso in due parti. Una parte – cioè il corpo fisico e il corpo eterico – è rimasta nel mondo dei sensi, l’altra parte – cioè il corpo astrale e l’Io – ha abbandonato la prima e si libra nel Mondo Soprasensibile. Questa speciale condizione di separazione degli arti lo rende inconscio tanto nel mondo fisico che nel Mondo Spirituale. È facile rendersene conto. Nel mondo fisico egli ha bensí il suo apparato dei sensi, ma non ha l’anima per ricevere le percezioni. Egli vive, vegeta, ma non sente. Nel Mondo Soprasensibile ha bensí l’anima atta ad accogliere le impressioni, ma non ha un’organizzazione sensoriale per trasmetterle. Egli pensa, sente, ma non percepisce. Perciò vive immerso nella piú profonda incoscienza, tanto al di qua che al di là della soglia che separa il mondo fisico da quello Spirituale. Tale stato d’incoscienza è proprio del sonno profondo senza sogni. Ma c’è anche uno stato di transizione tra coscienza di veglia e incoscienza di sonno, ed è lo stato di sogno. Questo stato si presenta normalmente quando il corpo astrale si mette in moto per abbandonare il corpo eterico e quello fisico, oppure quando rientra in essi o ne riprende graduale possesso. È giusto considerare perciò il sogno come un movimento del corpo astrale. Quando il rapporto tra il corpo astrale e i due arti inferiori è alquanto allentato, il primo può manifestare la sua natura di creatore d’immagini e ne nasce il sogno. In questo particolare stato intermedio, il corpo astrale è atto a ricevere impressioni da due mondi. Dal mondo dei sensi per quel tanto che esso è ancora vincolato al corpo fisico, e dal Mondo Soprasensibile per quel tanto che già si è esteso oltre il corpo fisico ed è entrato in relazione con la spiritualità. Attraverso il corpo astrale, due mondi fanno sentire nel sogno la loro influenza: il mondo dei sensi e il Mondo dello Spirito. Perciò il sogno può essere tanto pura e semplice reminiscenza di avvenimenti vissuti dall’anima durante il giorno, quanto elevato messaggio del Mondo Spirituale. Da ciò si comprende che generalizzare è impossibile. Bisogna distinguere caso per caso e ciò in pratica è oltremodo difficile. Non si tratta infatti di fare una distinzione solo formale, ma essa deve riguardare la stessa sostanza del sogno. Una stessa forma, una stessa immagine di sogno, per esempio quella di immersione nelle acque, può nascere benissimo tanto da un’impressione sensibile quanto da un’esperienza soprasensibile dell’anima. L’elemento decisivo del giudizio sta nel contenuto animico, sta in ciò che l’anima prova e sente nel momento del sogno. Da ciò si vede che ben poco si può arguire dalla pura e semplice narrazione del sogno, tanto piú che il piú delle volte colui che fa il racconto del suo sogno trascura di metter in mostra lo stato d’animo che esso aveva suscitato. Ma è soltanto questo stato d’animo che può dirci con sicurezza da che parte il sogno sia provenuto.
Vogliamo chiarire con un esempio come sia difficile raggiungere un giudizio sicuro basandoci sulla pura immagine sognata. Un uomo sogna di camminare sul mare. Poiché quest’uomo ha già fatto esercizi esoterici ed è riuscito a portare una certa misura di coscienza oggettiva dentro il suo mondo onirico, sa che in quel momento i suoi piedi sono alquanto freddi. Ha nello stesso tempo l’immagine del mare sul quale cammina e la lontana sensazione fisica dei suoi piedi freddi. Collega i due fatti, ne vede la relazione, ma vi è in lui un sentimento particolare il quale lo avverte che tutto ciò è di secondaria importanza di fronte a ciò che veramente esperimenta la sua anima. In lui vi è questo senso dominante su ogni altro: “In questo momento mi sto avviando a un luogo sacro, a un santuario dove accadrà qualcosa di straordinariamente importante”.
Questo sentimento non è in alcuna relazione diretta con i piedi freddi e con la visione del camminare sul mare, eppure soltanto esso è il fatto dominante di quel sogno. Dallo stato d’animo ch’esso genera, che è completamente indipendente dall’immagine e dalla sua causa fisiologica, si può arguire che un elemento soprasensibile si è fatto valere in quel momento È lecito dire che il Mondo Spirituale ha colto quell’occasione per manifestarsi. Poi il sogno magari decade. In luogo del santuario si presenta un albergo equivoco e l’anima si riempie di reminiscenze della vita di veglia. Da questo momento in poi potrebbe essere anche valida l’interpretazione psicanalitica. Essa scoprirebbe molti fatti interessanti, meno naturalmente quel solo ed unico che ha pieno valore oggettivo.
Dobbiamo ripetere ancora una volta che soltanto lo stato d’animo che prevaleva nel momento del sogno può dire che cosa stava veramente alla base dell’esperienza onirica dell’anima.
Esaminiamo ora un altro sogno. Il signor Mario Bianchi sogna di essere in visita da un suo amico. Questo lo introduce in un salotto e gli offre sigarette e liquori. L’attenzione di Mario Bianchi è però stranamente attratta da alcuni quadretti che pendono dalle pareti. Egli chiede: «Che cosa sono quei quadretti?» L’amico risponde: «Sono fotografie che ho fatto durante il mio soggiorno a Parigi». Il signor Mario Bianchi si alza, si avvicina a un quadretto e lo osserva attentamente. C’è qualcosa in lui che lo avverte che la fotografia ch’egli guarda è meritevole di incondizionata ammirazione. La scena non ha niente a che fare con una città europea, ma rappresenta un paesaggio equatoriale con alti monti, strani animali ed indigeni. Ed ecco improvvisamente questa scena si anima e diventa viva. Dapprincipio il signor Mario Bianchi può ancora osservare da spettatore, ma poi ne viene semplicemente assorbito. Perde la coscienza di essere in visita da un amico e di stare ad osservare un quadretto appeso alla parete del suo salotto. Ormai egli è dentro la visione e diventa il protagonista di drammatiche vicende, di cui però ben poco si ricorda al risveglio. Tuttavia può analizzare con obiettività il sogno e dire a se stesso: “Fino al momento in cui mi sono alzato e mi sono avvicinato alla parete per osservare il quadro, il sogno non era altro che una semplice reminiscenza della vita di veglia, perché il mio amico è stato veramente a Parigi e ne fa un gran parlare. Ma poi è intervenuto qualcosa di completamente diverso. La mia anima è stata come assorbita dalla sua visione, è passata da una sfera a un’altra sfera ed è vissuta in un elemento soprasensibile. Il modo particolare con il quale ho esperimentato il sogno, me ne rende assolutamente certo”.
Il nostro signor Bianchi partecipa attivamente alla vita politica e se ne agita forse piú del bisogno. Una notte sogna di prendere il treno per Milano. Durante il viaggio apprende però con terrore che quel treno non arriverà mai a Milano e che non si fermerà se non quando sarà giunto in un lontano paese straniero È il paese dei nemici politici del signor Bianchi. Perciò egli comincia a tremare dallo spavento e mille pensieri angosciosi gli affollano la mente: “Che sarà mai di me! Forse mi condurranno in prigione, forse mi fucileranno, forse sarò rinchiuso in un campo di sterminio, forse mi deporteranno e non vedrò mai piú i miei cari”. Tutti questi “forse” lo tengono naturalmente stretto nella ferrea morsa dell’angoscia. In questo stato d’animo si volge verso il finestrino e vede un ameno e ridente paesaggio alpino. Ci sono dei fianchi di monte coperti di abeti, c’è una valletta attraversata da un ruscello e c’è un prato tutto fiorito. Egli sente il drammatico contrasto che c’è tra la sua anima spaventata e quel paesaggio beatificante. Esclama: «Oh, come erano belli i miei giuochi di fanciullo!» Detto questo non è piú nel treno, ma è in mezzo alla natura serena. Non si ricorda nemmeno piú quel convoglio orribile che corre verso un paese inumano, vive ormai sommerso da un’onda di beatitudine.
Al risveglio può fare la netta distinzione degli elementi del suo sogno. Nel momento in cui ha posato gli occhi sul finestrino, è entrato in un mondo superiore. Certo un mondo che agiva con piú forza in lui durante gli anni della fanciullezza, ma che non è del tutto spento. Si è ritirato dalla sua anima, ma ora gradatamente ritorna. Lo sa anche da un altro segno. Quel sogno non è svanito al risveglio; la sua immagine sí, la sua forza no. Quella forza è rimasta in lui e lo ha reso piú sereno nelle lotte della vita.
Il nostro personaggio sogna un’altra volta di essere in una chiesa affollata di fedeli in attesa dell’inizio del sacro rito. Intanto compaiono tre preti greci con i loro caratteristici copricapo. Uno di essi si trascina un grosso cane restio. Un senso d’indignazione riempie l’anima del signor Bianchi. Egli sa che sugli antichi templi di Grecia era scolpita l’iscrizione “Lungi i cani ed i profani” e che quel cane in chiesa indica palese profanazione del luogo santo. Scruta le facce degli altri fedeli per indovinarvi i sentimenti e s’accorge che in tutti l’indignazione è soverchiata dalla meraviglia. Quel cane cosí mogio e riluttante sembra assai piú saggio degli uomini. Anche il signor Bianchi deve però ammettere che quel cane in chiesa in compagnia dei sacerdoti rappresenta un caso tanto inaudito da far mozzare il respiro. Certo quei sacerdoti stanno per mostrare un miracolo. L’anima del signor Bianchi si riempie d’un grande senso d’attesa. Ma non accade proprio nulla di speciale. I tre preti conducono il cane ad un altare laterale, gli fanno annusare le reliquie d’un santo e lo sciolgono dal guinzaglio. Il cane, appena libero, fugge verso l’uscita.
Il signor Bianchi al risveglio sa di avere ricevuto una lezione. Egli deve dirsi che lui stesso molte volte si reca nel tempio con i cani, cioè con i suoi cattivi impulsi. Questi sono restii ad entrarci, sono insomma malvagi non per loro natura, ma per il cattivo uso ch’egli ne fa. È vero che qualche volta egli viene trascinato dalle sue passioni, ma è altrettanto vero che altre volte egli le mette al laccio e se le trascina dietro anche quando esse vorrebbero fuggire. Perciò non può accadere il miracolo ch’egli si aspetta. Non lo abbandona tuttavia la speranza che quando non farà piú cattivo uso delle sue forze istintive, queste riveleranno la loro vera natura ed egli potrà allora assistere nel tempio al vero miracolo dei cani.
La narrazione di questi tre sogni ci ha permesso di far notare come spesso entro le immagini che sorgono nell’anima durante la notte si facciano valere due sfere dell’esistenza: quella sensibile e quella soprasensibile. Perciò il sogno può essere nello stesso tempo reminiscenza della vita di veglia e pura esperienza spirituale. La distinzione tra i due elementi non è sempre possibile. Solo poche volte l’anima riesce ad avvertirla chiaramente, ma ciò basta per dare all’uomo la reale esperienza e l’esatto concetto del sogno.

Fortunato Pavisi (1.)

Torna al sommario