Ormai l’ingegneria genetica, con le sue indagini a largo raggio e in profondità nei misteri della natura, ci bombarda ogni giorno che passa di strabilianti rivelazioni.
Una fra le ultime è stata quella di alcuni studiosi statunitensi. Dopo anni di ricerche, questi hanno scoperto l’astuta strategia evolutiva messa a punto in migliaia, forse milioni di anni di tentativi, chi lo può dire, dal peperoncino piccante, altrimenti definito scientificamente capsicum annuum. Questo vegetale, originario del continente americano, fa ormai parte vistosa e colorita dello scenario mediterraneo, delle regioni solari. Ed è proprio il sole che, dopo averlo fatto ben maturare, provvede a essiccare i suoi minuscoli frutti che poi le popolazioni rurali infilano in serti appesi ai davanzali o ai graticciati delle pergole, veri e propri trofei della terra provvida.
Ebbene, l’indagine scientifica dei botanici americani ha rivelato l’astuzia progettuale ed operativa che il capsicum ha saputo mettere a punto per garantire la perpetuazione e diffusione della propria specie. La capsicina, quella sostanza che dà al frutto il sapore piccante, è in realtà un efficace espediente per renderlo inappetibile ai predatori terrestri, quali roditori e altri piccoli mammiferi. E ciò perché i semi digeriti da questi animali perderebbero il loro potere riproduttivo. Mentre agli uccelli il peperoncino si concede volentieri come cibo poiché gli enzimi digestivi dei volatili non pregiudicano la fecondità dei semi, e in piú questi hanno la possibilità di essere diffusi, attraverso il volo, in un’area riproduttiva piú vasta.
L’astuzia genetica del peperoncino piccante non è la sola performance acquisita ai fasti e prodigi del mondo vegetale. Come per quello animale, stratagemmi ed espedienti, dalla mimesi alla imitazione speculare e alla metamorfosi, caratterizzano varie specie della fitosfera. Apprendiamo quindi che il cavolfiore elabora un disegno geometrico nella disposizione cristallina a piramide del suo enorme e articolato boccio florale, tale che neppure il piú navigato tagliatore di gemme o ingegnere saprebbe realizzare di piú armonioso ed equilibrato, sfruttando il gioco delle sfaccettature e delle spinte di masse e volumi.
Elaborando al computer complessi algoritmi, gli studiosi hanno accertato che la ingegnosa geometria della distribuzione foliare messa in atto dalle piante, procedendo secondo la serie di Fibonacci, perviene al numero magico della sezione aurea, quel mitico 0,381066 cui tendono da sempre architetti, pittori, scultori e chiunque si ponga come fine la misura ultimativa, quella sublime e occulta che regge l’ordine cosmico.
Le conoscenze empiriche degli antichi coglievano le analogie e i simbolismi delle piante e dei fiori con i fenomeni e i personaggi mitici, epici e misterici. Per cui la passiflora, tanto per fare un esempio, ripeteva nelle componenti del suo fiore tutti gli strumenti del martirio del Cristo; presso i cinesi le radici di ginseng riproducevano un corpo umano a indicare le proprietà onnivalenti di questa panacea; mentre da noi la tradizione magica vedeva nella mandragora, anch’essa imitante l’anatomia umana, un presidio naturale per ottenere filtri e pozioni in grado di compiere qualunque incantesimo e guarigione.
Naturalmente la scienza moderna rifugge da tali semplicismi. Le sue indagini, suffragate da sofisticate strumentazioni e da solide formule matematiche, ci forniscono dati sul mondo vegetale assolutamente inattaccabili dal punto di vista tecnico. Il suo limite però sta nel non sapere, o voler cogliere in tali strabilianti meccanismi altro che la capacità di adattamento delle varie specie, siano esse vegetali, animali o umane, alle evenienze ed emergenze climatiche, ai cataclismi, alle mutazioni ed evoluzioni ambientali, alle competitività territoriali. Nessun dato viene rilevato che possa ricondurre fenomeni e comportamenti a una intenzionalità a monte e a una finalità a valle delle vicende cosmiche e naturali, compresa soprattutto quella che vede l’uomo protagonista. Tutto è, per i sapienti materialisti, casualità e strategia di mera sopravvivenza, nessun disegno a lunga scadenza per conquistare unicità e identità.
Cosí, anche certe manifestazioni di pura crudeltà del mondo vegetale fanno parte di un ottuso determinismo biologico. Vittima delle circostanze e delle esigenze conservative sono pertanto le piante carnivore, tipo la drosera, la pinguicola e certe orchidee tropicali che approntano vere e proprie trappole seduttive fatte di odori, zuccheri, pollini e cromíe allettanti, gestite con diabolica malizia, per catturare insetti e persino minuscoli animali, cibandosene poi in silenziosi riti fagocitatori.
E restasse al dominio vegetale e animale la conclusione razionale scientifica di determinismo e casualità! Gli studiosi vanno oltre e spingono tali teorie alla sfera umana. Anche gli uomini, secondo loro, non sono responsabili coscienti e motivati delle loro azioni. Alla base dei loro comportamenti sta la mappa genetica, il famigerato DNA, e le istruzioni, i comandi molecolari, che tale patrimonio genetico invia ai comparti mentali, cellulari, muscolari, all’apparato organico e linfatico. Pupi di carne, ossa e pulsioni, azionati dall’occulta mano del puparo genetico, anch’essa forza senza finalità che non sia la strategia di sopravvivenza, spesso di sopraffazione.
Non sapendo o non volendo andare oltre la valutazione razionale, il sapere positivistico si smarrisce perciò di fronte a fenomeni inusitati di degenerazione, mutazione o di semplice comportamento anomalo della specie. Per cui non sa spiegarsi come mai certe felci del genere Pteri vittata si nutrano di arsenico, eliminandolo dai terreni da esso contaminati, o come altri vegetali siano in grado di ripulire il suolo da piombo, zinco e nichel, e in negativo non si spiegano come possa l’Heracleum sonovski, una pianta originaria del Caucaso, dalle foglie ustionanti, essersi diffusa nei parchi pubblici di Mosca, resistendo persino all’acido solforico utilizzato per debellarne la proliferazione. Per contro, chi vive in città può constatare di persona quali risorse mettano in atto certe piante e infiorescenze spontanee per germinare e crescere tra le crepe dei marciapiedi o su antichi ruderi sfruttando un humus quasi inesistente.
Nel campo animale, stupiscono altresí certe mutazioni ai limiti dell’apocalittico: gamberi e tartarughe killer nei laghetti alpini, molluschi sconosciuti che allignano sugli scogli delle isole Pontine, zanzare, mosche e calabroni che hanno virato acquisendo capacità pandemiche da piaghe bibliche. Non sfiora i ricercatori il sospetto che simili aberrazioni, oltre che dallo scontato inquinamento chimico o da altri guasti ambientali, possano derivare dall’empatia della natura con la specie umana affetta da contaminazione morale.
Per nostra fortuna, una scienza piú illuminata si occupa anche e in special modo della sfera spirituale dell’uomo, e nelle vicende e negli elementi della natura coglie una riproduzione degli schemi che Male e Bene creano e attivano al fine di ammonire e istruire l’uomo, angelo in potenza, circa la sua origine, il suo cammino e la sua riuscita finale. Soggetto di tale strategia evolutiva interiore è l’uomo, destinato a divenire la decima Gerarchia. Minerali, vegetali e animali sono quindi cartelli segnaletici lungo il suo percorso di perfettibilità, dicono cosa fare, quali pericoli e tentazioni evitare, quali difetti e mostruosità correggere, essendo proiezioni esteriori della sua natura animica in continua inarrestabile metamorfosi. Sta nel compimento di tale disegno anche il riscatto integrale della materia, la sublimazione di tutto quanto oggi ancora soffre, si arrovella, esita, anelando senza tregua al divino.

Ovidio Tufelli

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