Ai nostri tempi basta pronunciare la parola “Iniziazione” per suscitare un sorriso, quando la persona che l’ode s’accorge che con essa si è voluto significare qualche cosa che esorbita dal solito concetto del sapere.
È una parola che si adopera tuttavia spesso e volentieri, ma riferendola soltanto a cognizioni che dall’esterno vengono ad imprimersi nella nostra memoria. E, sebbene io qui voglia parlare dell’Iniziazione in un senso piú profondo, non posso dire che tale caratterizzazione della sua natura sia senz’altro errata. È unilatelale, ma non errata. Corrisponde a ciò che l’Iniziazione fu per lunghi periodi della passata evoluzione umana.
Una volta tal forma d’Iniziazione era giusta ed era anzi la sola possibile. Ma a questo riguardo vi è qualche cosa da aggiungere.
Si dice oggi che si inizia una persona nei segreti della matematica o di una lingua straniera. Quest’Iniziazione si fa per mezzo di libri o di insegnamenti che hanno essi pure la loro base in libri. E, per penetrare nei misteri della politica, c’è forse chi considera addirittura i giornali come il mezzo migliore. Si è giunti cosí, gradatamente, a costituire a sede d’iniziazione per gli uomini la scuola moderna, ove tutto poggia sul leggere, lo scrivere e l’imparare a memoria per il tramite del cervello.
Ma un tempo il leggere e lo scrivere erano arti ignote. Non si può considerare la scrittura geroglifica degli Egizi, degli Indiani e dei Cinesi e neppure le scritture cuneiformi di taluni popoli asiatici alla stregua delle scritture attuali. Quelle non tanto volevano trasmettere quanto piuttosto esprimere il sapere. Era necessaria una certa esperienza di vita per poterle leggere e soprattutto occorreva una particolare educazione della forza d’immaginazione, nel senso buono della parola.
Queste scritture non si indirizzavano come le nostre al pensare logico, e neppure servivano a promuovere lo sviluppo di questo pensiero logico, e infatti esse non venivano insegnate ai bambini; occorreva bensí già essere in qualche misura un Iniziato per poter imparare a leggere e a scrivere. Occorreva prima possedere taluni concetti intorno alla natura dell’uomo e ai suoi rapporti con il mondo circostante, possedere ciò che oggi chiameremmo una concezione del mondo. Tale concezione però non avrebbe potuto venir conquistata, come oggi, attraverso un pensare astratto; infatti, dopo quanto ho detto, ciò costituirebbe un vero circolo vizioso.
Il pensiero di quei tempi muoveva dall’incrollabile certezza che, al disopra del mondo dei sensi, esistesse un mondo dello spirito, un mondo di Divinità e, in tutto quanto circondava l’uomo, in ogni contatto con la natura, come anche nell’uomo stesso, si scorgeva l’opera di questo mondo superiore. Lo stesso pensare veniva considerato come un dono degli Dei. Si poteva perciò parlare ai non iniziati di un mondo di Dei, di Divinità e delle opere di questi, e se ne parlava in quella forma che noi, amanti delle astrazioni, chiamiamo oggi Mitologia.
Siffatto insegnamento non incontrava a quel tempo alcun dubbio nell’animo dei discepoli. Ma occorreva che il Maestro stesso fosse un sapiente: che fosse, cioè, in grado di fare una netta distinzione fra credere e sapere, capacità che è del tutto andata perduta per l’umanità attuale.
A quei tempi veniva chiamato sapere soltanto ciò che si era personalmente veduto, sperimentato. Questo costituisce per noi moderni il punto piú difficile nei riguardi della comprensione delle antiche culture. Perché ne consegue che un antico Iniziato non dava senz’altro il nome di sapere a quello che si accoglie per il tramite del cervello, aveva invece coscienza che è necessario entrare in un’altra sfera dell’anima umana per conseguire una visione del mondo spirituale e con essa un “sapere”.
Questa sfera appartiene a quello che oggi chiamiamo il corpo eterico dell’uomo.
Perciò l’Iniziazione a quei tempi procedeva cosí: agli scolari, nella loro giovinezza, veniva insegnata la Mitologia, con gli stessi mezzi dei quali ci valiamo oggi, e cioè attraverso le forze del cervello. Ma poi, se i discepoli volevano procedere oltre, verso l’effettiva Iniziazione (se volevano passare agli studi superiori universitari, diremmo oggi), si cominciava con l’esaminare se possedessero le qualità necessarie. Non si trattava di un semplice esame esteriore come gli esami di oggi, perché i Maestri di quei tempi sapevano che credere nel mondo spirituale, negli Dei, è cosa diversa dall’averne conoscenza, dal vederli.
Per l’uomo di quei tempi – come d’altronde anche per l’uomo attuale, seppure in altro modo – la reale conoscenza poteva determinare una scossa tale da portare scompiglio in tutto il suo atteggiamento di fronte alla vita. E perciò il discepolo veniva prima sottoposto a certe prove nei riguardi del suo carattere. Pazienza, coraggio, prudenza, presenza di spirito, erano le principali qualità richieste. E solo dopo che queste prove erano state superate, il discepolo veniva ammesso all’Iniziazione. Questa consisteva nell’immergerlo in un sonno profondo, in quella condizione in cui, senza che ne potesse venir danno al corpo fisico, era possibile allentare il corpo eterico nella misura necessaria perché ricevesse direttamente, e cioè senza mediazione attraverso il cervello, ciò che il Maestro su di esso imprimeva. Il discepolo imparava, per cosí dire, a vedere il mondo dello spirito con il suo proprio corpo eterico, ma attraverso gli occhi del Maestro.
Era dunque pur sempre un ricevere un’impressione dall’esterno. Quando poi il discepolo si destava da quel sonno profondo, egli trovava nella sua memoria le cose vedute e le sentiva come possesso suo proprio. Ma quegli antichi metodi, cosí quelli egiziani come i nordici o gli indiani, (i quali ultimi sono giunti fino a noi in forma piú chiara, sebbene notevolmente diluita e indebolita) non sono piú adatti all’uomo attuale e specialmente alla cosí detta razza bianca. Uno dei numerosi meriti del Dottor Steiner è appunto la magistrale dimostrazione – accessibile a chiunque non si appoggi su pregiudizi – che egli dà di questo fatto, attraverso la sua cristallina esposizione dell’evoluzione progressiva della coscienza umana dall’antichità fino ai nostri tempi. Al centro dell’evoluzione sta la coscienza dell’Io che, rispetto al sentire, pensare e volere, sta ora, di fronte al mondo esteriore, in tutt’altro rapporto che una volta. E specialmente il rapporto dell’Io con il pensare è diventato tale che oggi un cercatore di verità non può piú accettare una semplice trasmissione di verità da parte del maestro, bensí deve egli medesimo sentire la verità come tale. A ciò non contraddice il fatto che, ai nostri tempi, la fede nell’autorità è piú rigogliosa che mai; perché se un uomo si contenta di credere quanto la scienza o la Chiesa gli dicono, per esempio, che non si può “sapere”, o addirittura che voler “sapere” è presunzione, ebbene, quell’uomo per l’appunto non è un cercatore di verità.
In conseguenza del materialismo oggi imperante nel pensare degli uomini, le cose sono state cosí oscurate e le vie cosí ingombrate, che occorre una grande sete di verità per trovare tuttavia il cammino che ad essa conduce.
Il solo che libera di nuovo il sentiero della vera conoscenza e lo svela in maniera che può venir percorso con sicurezza dall’uomo moderno, è Rudolf Steiner. Molti vi sono che parlano di queste cose. I piú non fanno altro che riverniciare a nuovo i vecchi metodi; altri cercano di migliorare l’umanità mediante l’uso di forze delle quali non si suol parlare, fra gente che si rispetti. Altri ancora attirano la gente sfruttando il piú sfacciato principio utilitario: questo particolarmente in America, ma pur anche in Europa. I metodi dell’indagine psichica fanno penetrare tutt’al piú nell’interiorità dell’uomo, nel suo passato; la psicanalisi s’immerge addirittura in un campo di depositi morali che è soggiorno inadatto a chi ami la pulizia. Lo spiritismo non è un metodo, ma una fede; ed è inoltre puro materialismo, in quanto vuol afferrare il mondo spirituale con sensi fisici.
Riguardo all’Iniziazione, di tutte le cose che abbiamo menzionate, le sole da prendersi sul serio sono quelle che provengono dall’Oriente e particolarmente dall’India. Ma esse sono tali che l’uomo, il quale compia gli esercizi che vi vengono indicati, può bensí per loro mezzo entrare in rapporto con un mondo spirituale, ma solamente a spese della sua connessione con il mondo fisico attraverso la chiara coscienza diurna.
Che cosa ne consegue? Ne consegue che l’iniziando si ritrae, per cosí dire, dal mondo esteriore, lo respinge, lo lascia dietro di sé, si rintana nel proprio Io per uscirne dall’altra parte e immergersi in un mondo spirituale. Cosí raggiunge bensí un’unione con il mondo spirituale, ma senza alcuna congiunzione con il mondo fisico, mentre il congiungimento del mondo fisico e del mondo spirituale dovrebbe pur essere il vero scopo della religione, quando si guardi al preciso significato della parola e non si confonda Religione con Chiesa.
Siffatto estraniarsi dal mondo fisico era normale per l’uomo dell’antichità, per la semplice ragione che il suo pensare non aveva ancora pienamente afferrato questo mondo. Anche il Buddha dovette ancora insegnare in questo senso, senza parlare poi della cultura egizia, la cui vita religiosa, cosí exoterica come esoterica, era tutta orientata verso la vita dopo la morte. Ma già in Grecia il pensiero era mutato: il Greco aveva terrore dell’oltretomba; epperò i “Misteri” greci furono del tutto differenti dagli egizi. Io non mi posso soffermare su questo punto, ma ogni notizia in proposito può essere trovata nelle opere del Dott. Steiner.
Oggi, alla luce del Cristianesimo, un’Iniziazione che abbandoni o respinga il mondo esteriore, e con esso gli altri uomini, va qualificata come egoistica. Questa parola potrà suonare strana a talune anime sentimentali, perché con essa ho posto sotto l’insegna dell’egoismo ogni nostalgia, ogni anelito, verso la beatitudine propria; ma, se si ha il coraggio di pensare fino in fondo, si troverà che è veramente cosí. Non appena si abbia come scopo la beatitudine, la felicità personale, non si è piú nella corrente del Cristianesimo. “Il Sermone sul Monte” parla di queste cose.
Se dunque si segue la via d’Iniziazione segnata dal Dott. Steiner, si vedrà che essa opera nel pensiero, nella conoscenza, nella formazione dei concetti giusti, i quali non si curano dei desideri personali, della felicità, o di ciò che si è usi chiamare cosí; né della potenza, né di godimenti di alcun genere. Perciò il suo metodo non può venire indicato come una concentrazione nel proprio Io; esso ha anzi come scopo un allargamento del concetto dell’Io. Nell’ambito del pensare solito questo che dico può bensí venir compreso, ma non può venire sperimentato, perché entro i limiti della coscienza comune la vita concettuale umana è assolutamente dipendente dalle percezioni dei sensi e deve perciò necessariamente restar legata all’egoità fisica dell’uomo, la quale è la sorgente dell’egoismo. Perciò, se l’uomo si vuole liberare di questo impedimento, deve dapprima imparare per via d’esperienza che l’attività pensante è bensí legata all’organismo fisico, al cervello, ma che il suo contenuto, il pensiero stesso, non lo è.
E ben lo sapevano gli antichi Iniziati, tanto è vero che, immergendo il neofita in un profondo sonno, eliminavano in lui ogni attività del cervello e lo portavano invece a percepire attraverso gli organi del corpo eterico.
In questa maniera, mercé la separazione dal cervello fisico, sorgevano delle rappresentazioni che vanno considerate come appartenenti al pensare extra-corporeo. Esse originano direttamente dal mondo spirituale e corrispondono quindi alla realtà spirituale. Il Dott. Steiner le chiama “Immaginazioni”.
Il metodo steineriano d’Iniziazione non procede in modo diverso; anch’esso si rivolge agli organi del corpo eterico. Ma con una differenza fondamentale. Mentre, come ho mostrato, l’Iniziando dell’antichità, per “vedere”, doveva completamente sciogliersi dal rapporto con il mondo fisico su base di coscienza egoica, e al risveglio aveva perciò i due contenuti della sua coscienza – il fisico e lo spirituale – l’uno accanto all’altro, senza la possibilità di congiungerli – ciò che doveva necessariamente indurre ad una sorta di disprezzo del mondo terrestre e quindi a quella forma superiore di egoismo che abbiamo caratterizzata – il Dott. Steiner procede in maniera che lo scolaro deve egli stesso compiere tutto il lavoro per giungere agli organi del corpo eterico. Questo fa sí che egli deve pervenire a eliminare la solita vita rappresentativa, ma senza cadere perciò in stato d’incoscienza, bensí compiendo il necessario rivolgimento entro il proprio Io.
Chi ascende all’Immaginazione per questa via, conserva la connessione con il mondo fisico. Si può dire ch’egli è allora in grado di controllare il divenire fisico con la realtà spirituale, il che equivale a dire ch’egli comincia a comprendere il perché dell’esistenza fisica, a sperimentare l’essenza divino-spirituale dell’uomo.
Si compie poi un altro passo nella stessa direzione, quando l’uomo giunge a non piú soltanto sperimentare quest’unione durante la meditazione, ma a farsene, per cosí dire, un’abitudine, in modo che essa non operi piú solo come veggenza immaginativa, ma, senza questo giro, attraverso la percezione superiore, penetri direttamente nel suo pensare diurno come “Ispirazione”.
Un terzo gradino è finalmente costituito da ciò che il Dott. Steiner chiama “Intuizione”. Qui la stessa vita dell’uomo viene a fondersi con la vita delle Entità spirituali, e a ciò può aspirare impunemente solo chi abbia imparato la venerazione.
Schematicamente si può dire che questi tre gradini dell’Iniziazione innalzano il sentire dell’uomo, quale si manifesta nelle sue rappresentazioni, la formazione dei suoi concetti e gli impulsi della volontà, fino all’unione con il mondo spirituale.
Ma il Dott. Steiner conosce, quanto gli antichi Maestri, quali siano i pericoli dell’Iniziazione allorché qualcuno voglia conquistarla per forza, senza essersi sufficientemente preparato. Ma anche qui lo Steiner rimane fedele alla norma alla quale si è attenuto attraverso tutta la sua opera: quella del rispetto per la libertà umana. Epperò comincia con l’indicare come l’uomo debba imporsi egli stesso le prove che prima gli venivano richieste dal di fuori, e dà estesi insegnamenti sul modo come si deve procedere per plasmare il proprio carattere in maniera da non venir schiacciati dalle verità del mondo spirituale, o, peggio ancora, da non falsificarle adoprandole per scopi egoistici.
Si tratta di prove aspre, ma che devono assolutamente venir superate. Una delle piú dure per l’uomo d’oggi è quella di conoscere e superare i propri pregiudizi di pensiero e sentimento, sia che abbiano forma di simpatie ed antipatie o di teorie scientifiche predilette o anche di ideali sentimentali.
Questi esercizi preparatori sono indicati nel libro “Scienza occulta”, ma la guida piú completa all’Iniziazione è contenuta nel libro “L’Iniziazione”.
È mio dovere aggiungere che consiglio chiunque voglia entrare nel cammino dell’Iniziazione di mettersi in rapporto con persone che hanno già esperienza di queste cose. La Società Antroposofica, fondata dal Dott. Steiner, che conta oggi dei membri in ogni contrada della terra, ne offre il mezzo.
Una cosa ancora, alla quale voglio appena accennare, è che la forma in cui il Dott. Steiner parla di Iniziazione, tutto il suo metodo, quale egli lo fonda ed erige, nella loro oggettività scientifica sono strettamente connessi con una profonda comprensione di ciò che è entrato nell’umanità e nell’evoluzione della Terra con l’evento del Golgota e con lo Spirito stesso del Cristo.
L’Iniziazione data dal Dott. Steiner conserva la sua validità anche quando non lo si segua in questa comprensione, ma ha in essa la propria origine.

Alfred Meebold

A. Meebold, Rudolf Steiner e l’Iniziazione, in «I nostri quaderni», anno V, fascicolo VI, 1928

Immagine: Tavola di Garonzi, per la traduzione di alcuni tra i principali geroglifici egizi

Torna al sommario