La Campania nei mesi d’estate si riveste di una sensualità naturale, spontanea. Nei piccoli paesi della costa ancora parzialmente salvi da certa volgarità moderna essa è una nota diffusa nel paesaggio: la cogli nei colori sgargianti della vegetazione, nelle sue forme piú ampie del normale, nei corpi delle giovani donne, cosí piene di linfa vitale, che la natura dota di una bellezza precoce e fugace, come di fiori troppo presto sbocciati.
L’anima senziente si annega in un mare di luci e si culla ai venti caldi dell’estate. Il calore della Campania – del Meridione – non stordisce, non ottunde le coscienze come quello africano, ma produce una calma irreale. Il caldo delle ore undici ferma il tempo. La volontà evapora, come un succo che l’organismo non riesce a trattenere, e tu divieni puro occhio, puro orecchio, fuoco nel fuoco. In questa sospensione dei tempi il mito antico ancora si rivela.
In Campania possiamo incrociare i volti dei Greci. Invano li cercheremmo nella “Grecia” ufficiale, dove prevalgono ormai profili armenoidi. A Bacoli invece, o a Pozzuoli, guardi il giovane pescatore accanto alle sue casse o il ragazzo con lo zainetto che si dirige verso il mare e ti accorgi che la forma dell’occhio e del naso, la struttura addolcita del cranio sono le stesse che furono scolpite su pietra. Lo Spirito della Grecia – questo essere cosí particolare – ha lasciato un calco fossile di sé nei paesaggi e negli uomini della Campania. Per questo i tedeschi ed i nordici, quasi attratti da una segreta malía, scendono al Mezzogiorno e si attardano intorno alle pietre, alle colonne spezzate. Non è solo banale turismo! Non era Goethe un banale turista. Sono gli Dei della Grecia che chiamano: è il passato che chiama il futuro per gettare un ponte sui secoli.
Vi è un luogo piú puro degli altri in Campania. Dove la sensualità del paesaggio leggermente recede e lascia il campo ad una sacralità luminosa. Te ne accorgi quando percorri il viale che conduce al Santuario di Cuma. Silenzio tra le verdi foglie. La strada leggermente s’inerpica per condurre a un luogo che è posto a una quota piú alta della terra.
Tuttavia anche questo luogo conosce le sue profondità! L’antro della Sibilla è posto nelle profondità della terra. Dal grembo della terra la Sibilla annunciava i voleri del Fato. Ella parlava quando il Luminoso, Febo Apollo, scendeva dalla regione del Sole fin dentro di lei. Ma piú che parlare, la Sibilla – cosí come la Pizia – gridava. Il suo grido era insieme lo spasimo dell’amata e il gemito della partoriente. Dal sacro eros, che congiunge il Dio e la sua profetessa, nasce la Parola. Appena emessa, la Parola è come il neonato ancora ricoperto di sangue: solo amorevoli cure mediche lo trasformano in candida e soave creatura. Cosí i sacerdoti di Apollo che attorniavano la profetessa trasformavano il grido in parola articolata, secondo la forma perfetta del dire: il “métron”.
Particolarmente gradita ad Apollo era la metrica. Ad Apollo piace tutto ciò che nel mondo porta ordine. Non l’ordine dei dittatori, bensí l’ordine come spontanea armonia delle forme. Quella luminosa armonia che si esprime sul suo volto bellissimo. Sulla bellezza di Apollo è facile equivocare. Nelle mani di esteti neoclassici Febo è quasi divenuto un manichino, un antesignano degli indossatori dai tratti ambigui. Apollo è bello perché quando il divino si rivela sulla Terra lo fa nell’aura della bellezza, dello splendore radiante. «Datemi l’arco ricurvo e la lyra ed io annuncerò agli uomini i voleri di Zeus» dice Delio appena nato. Apollo rivela alla mente degli uomini la volontà del Dio-Padre. Collega pensiero umano e volontà divina. Per questo Egli agisce dal kosmos attraverso il disco del Sole e nell’uomo attraverso la sfera del torace, dove il sentimento percepisce la bellezza del mondo nel battito, nel pulsare dei suoi ritmi. In tal senso Apollo è un mediatore tra l’umano e il divino, come l’Arcangelo Metatron. Anche a Cuma il tempio di Apollo è intermedio tra le profondità dell’antro, dove la Sibilla riceve il seme del Logos, e la sommità del tempio di Zeus, di colui che per Steiner era il grande signore degli Ary.
Il divino si manifesta al mondo nella bellezza delle forme percepibili e attraverso l’azione dell’uomo e i moti individuali del volere. Per questo Apollo è alternativamente il maestro delle arti, il musagète, dunque il propiziatore della bellezza artistica e il grande condottiero storico-spirituale. L’Oracolo di Apollo a Delfi era anzitutto un centro di “orientamento strategico”, e cosí anche Cuma, dove le profezie delle Sibille, raccolte nei Libri Sibillini, scandivano ante factum le tappe della civiltà antica, Apollo, dicevamo, rivela agli uomini la volontà di Zeus, e questa agisce creativamente nella storia.
In qualità di condottiero mistico, Febo Apollo guidò nell’alta antichità le conquiste dei Dori nel Mediterraneo, per aprire un nuovo ciclo di civiltà. La sua presenza esoterica si insediò nei luoghi precedentemente consacrati al culto di Dee Madri, eco di remoti tempi lemurici. Il suo impulso fu particolarmente vivo in quelle confraternite iniziatiche, le Efebeike, dove i ragazzi greci diventavano uomini, pronti ad assumere incarichi di comando nelle comunità politiche.
Nel corso dei tempi Apollo si manifestò attraverso Orfeo, Pitagora, e in età piú tarda attraverso Socrate e Platone. In una civiltà in cui il pensiero tendeva pericolosamente a diventare arbitrio individualistico e sofisma, Apollo ricordò che il pensiero è Luce e che anche l’anima razionale può cogliere il divino nel mondo. Per mezzo di Socrate poi il Dio pose in Occidente il primo germe dell’anima cosciente.
Da Cuma, Roma ricevette una investitura mistica al suo lmperium; per questo Virgilio fa riferimento al Carme cumano nell’Ecloga del Puer. Al culmine della civiltà romana si verifica nel mondo una rivoluzione spirituale. Sorge l’Ordine Nuovo: il divino che tendeva a velarsi nella natura comincia ad esprimersi come Luce nell’interiorità autocosciente degli uomini, nella salda individualità degli uomini liberi. Di questa trasmutazione la nascita del Puer è segno tangibile. Virgilio per primo la rivela al mondo. Ma già Orfeo e Prometeo nella tragedia e nei misteri l’avevano annunciata. Cuma, luogo magico, magnetico, è uno di quei varchi attraverso i quali il divino entra nel mondo e si fa promotore di storia. Il suo antro è radicato nel grembo della terra, il suo tempio di Apollo vive nella tersa luce dell’atmosfera, il suo tempio di Zeus sulla sommità estende lo sguardo alle distese celesti e fronteggia il mare d’Occidente dove fiotti di onde schiumanti portano senza sosta la potenza vitale-eterica di Poseidon alla Terra.

Alfonso Piscitelli

Immagini:
– Antro della Sibilla a Cuma
– Andrea del Castagno «Sibilla Cumana» Cenacolo di Santa Apollonia – Firenze

Torna al sommario