1. Il senso
profetico della festa di Michele
- La
ricorrenza di Michele che noi celebriamo è una festa nuova,
sconosciuta agli uomini del passato. Questa festa, che fu
celebrata per la prima volta da Rudolf Steiner nel 1923, è
destinata a diventare con l’andar dei secoli e dei
millenni, una delle maggiori solennità delle genti
cristiane. Perciò essa è la festa dell’avvenire.
- Le
grandi solennità cristiane che oggi conosciamo, come il
Natale, la Pasqua, la Pentecoste, invitano l’anima nostra
a commemorare grandiosi avvenimenti del passato, dai quali
è uscita la salvezza dell’umanità. Tutte queste feste
ricordano all’uomo la potente azione svolta in passato
dalla divinità per recare la salvezza a una umanità ancora
senza redenzione e senza grazia. Esse nel loro grandioso
linguaggio testimoniano di ciò che il Cristo Salvatore ha
fatto per noi. Il loro tono comune è l’Incarnatus
est che scuote ugualmente le fibre del cuore e le
viscere della Terra.
- Dopo il
Mistero del Golgotha l’umanità è redenta e vive nella
grazia: tutta l’umanità, indistintamente, fatta di quelli
che credono e di quelli che dubitano e negano, di quelli che
si professano cristiani e di quelli che dicono d’esser
atei, di quelli che sono raccolti nel seno delle Chiese
cristiane e di quelli che appartengono ad altre religioni.
La redenzione e la grazia sono scese su ogni anima umana
creata. Queste due alte azioni divine non annullano però la
conquista positiva fatta dal genere umano con la sua discesa
nel peccato originale, cioè la libertà. Dal concetto di
grazia divina non possiamo non distinguere perciò quello di
libertà umana. La grazia e la redenzione del Cristo sono in
tutti, ma sta ad ogni singolo uomo, con il suo libero sforzo
individuale, di renderle operanti. Il Cristo si è fatto
carne e si è congiunto con la evoluzione umana per sempre;
Egli è ora con noi quale Risorto. Sta a noi dunque di
cercarlo con tutte le forze della nostra anima, di muovere
verso di Lui senza incertezza nel nostro passo. Il progresso
dell’umanità consiste appunto nel camminare verso il
Cristo. Oggi siamo ancora molto lontani dal Sole che
rappresenta la nostra mèta suprema, ma ogni giorno che
passa, se lo abbiamo bene speso, ci avvicina alla Luce e
rende piú chiaro il nostro essere.
- La festa
di Michele ha in sé questo senso profetico. Essa non
commemora eventi passati, ma vaticina una umanità dell’avvenire
liberamente progrediente verso il Cristo. Michele è appunto
l’essere che indica all’uomo la via del Cristo, l’essere
che rappresenta le forze individuali atte a rendere operanti
la redenzione e la grazia.
- Le feste
che ora l’umanità celebra: il Natale, la Pasqua, la
Pentecoste, ricordano che il Cristo si è fatto umanità.
- La festa
di Michele è la grande solennità dell’avvenire, perché
fa rivolgere lo sguardo della nostra anima al giorno ancora
lontano in cui l’umanità si farà Cristo.
- L’uomo
cristico, l’uomo cioè che ha assunto in sé le forze d’amore
del Risorto, rappresenta la meta suprema del cammino umano.
A questa mèta nessuno potrà giungere senza uno strenuo
lavoro individuale, perché nel dono senza merito di
riacquistare la vita perduta dello spirito e nell’opera
meritoria di pervenirvi con il proprio sforzo, la redenzione
divina si concilia con la libertà umana.
- Nel
Medioevo questa verità veniva espressa dalla bella leggenda
degli Alberi del Sole, che poi è stata sfigurata nel noto
racconto di Guerrino il Meschino. Per pervenire agli Alberi
del Sole, l’uomo deve tendere a una meta indicata dalla
saggezza, deve camminare costantemente verso Oriente,
affrontare rischi mortali, superare ardui
ostacoli, combattere contro sempre nuovi nemici. L’uomo si
rivolge all’Occidente e ritorna sui suoi passi. Con sua
grande sorpresa s’accorge di non andare verso la notte, ma
di avere dinanzi a sé una radiosa aurora. Un nuovo Sole è
sorto nel cielo, un Sole che in verità splende sempre, ma
che egli, prima della dura e lunga fatica, non poteva
vedere. E la luce di questo Sole genera gli alberi
meravigliosi non in un punto determinato del mondo, ma
dovunque essa si posi, di modo che tutta la Terra si
trasforma in un paradiso.
- Questa
leggenda esprime in modo chiaro l’armonia tra grazia e
libertà. Il Sole splende sempre e per tutti. Vederlo
possono però soltanto coloro che hanno compiuto uno sforzo
individuale che ha dato loro nuovi sensi. La leggenda degli
Alberi del Sole, anche per il suo contenuto eroico e
guerresco, è indubbiamente di origine micheliana. Essa
potrebbe avere per protagonista Alessandro il Macedone nella
sua eroica impresa per la conquista della Persia e dell’India.
- Il
Dottore dice che la festa di Michele vuole celebrare la
ferrea volontà umana. Queste parole alludono alle forze
eroiche che riposano nell’anima di ogni uomo e che lo
spingono ad alte e nobili imprese. Non occorre che ciò vada
inteso nel senso di azione fisica; l’uomo può essere un
eroe anche nel modo cantato da Goethe:
Dall’oscuro poter
che tutti avvince,
si affranca l’uomo che se stesso vince.
La
strada dell’ascesa umana verso lo spirito, cioè il vero cammino
eroico dell’umanità, è fatta di queste silenziose vittorie
interiori che rendono libero lo spirito dell’uomo. Michele ci
pone in via, ci manda in missione, ci fa essere in viaggio; ciò
va naturalmente inteso in senso superiore. Il Dottore, con frase
come sempre calzante, dice che per agire nel senso di Michele
dobbiamo estendere il nostro orizzonte di vita fino agli estremi
limiti del mondo. Questo è il senso reale di ciò che nelle
leggende eroiche viene adombrato con le parole: “il Grande
Viaggio per il mondo”. Questa grande impresa della conquista
spirituale del mondo riguarda soprattutto l’umanità dell’avvenire.
Ogni uomo del futuro è destinato a essere a modo suo un
Alessandro Magno.
2. Forme
antiche di vita
- In tempi
antichi viaggiare per il mondo era difficile, per non dire
impossibile. Ciò va inteso tanto nel senso materiale che in
senso morale di spaziare con l’ala dello spirito per gli
ampi orizzonti della cultura umana. L’umanità viveva
chiusa in scompartimenti stagni. Questo nel Medioevo mancava
all’uomo, perfino in uomini d’eccezione come Dante
Alighieri. In lui è raccolta indubbiamente l’universa
cultura del suo tempo, in lui vive un alto ideale politico
che gli fa sognare una nazione italiana unita come parte di
un unico impero europeo, ma la sua anima s’adegua ben poco
alle idee della mente. L’esilio lo fa soffrire
atrocemente; a Verona egli si sente uno straniero, la sua
anima per vivere ha bisogno dell’atmosfera della città
natale. A Verona può essere un grande poeta, ma solo
Firenze gli permetterebbe di sentirsi veramente uomo.
- Ciò non
va inteso in quel senso superficiale che noi siamo abituati
dare a tutte le cose. Verona era allora veramente separata
da Firenze, perché l’anima nazionale non le abbracciava
ancora. Ogni città viveva nel suo isolamento spirituale,
nella sua atmosfera animica propria. Alle cittadelle fisiche
chiuse e turrite, si affiancavano allora le cittadelle
spirituali dei conventi e degli ordini religioni. Tommaso d’Aquino
è senza alcun dubbio un grande spirito universale. Napoli,
Roma, Firenze, Colonia, Parigi, Marsiglia conobbero la forza
poderosa del suo pensiero, e tuttavia ciò che egli dà al
mondo non può essere concepito senza il sostrato spirituale
del convento e dell’ordine domenicano. Tommaso d’Aquino
per respirare spiritualmente ha bisogno del suo convento
domenicano come Dante ha bisogno della sua città natale.
Dovranno passare ancora secoli prima che compaia un
Cervantes, uno Shakespeare, un Goethe, in cui si ha l’impressione
che il genio crei soltanto da sostrati umani e si libri come
un’aquila nei cieli dello spirito senza alcun contatto con
il mondo materiale.
- Se
risaliamo indietro il corso della storia fino ai tempi
precristiani, troviamo un mondo ancora piú frantumato. L’universalità
giuridica dell’Impero Romano contrasta solo in apparenza
con la vita particolaristica del singolo individuo. La legge
uguale per tutti aveva come conseguenza pratica solo di far
uccidere per decapitazione il condannato a morte che fosse
cittadino romano e per tortura sulla croce lo schiavo o
straniero. Perciò a Roma Paolo viene decapitato e Pietro
posto a morire sulla croce. La legge fu applicata in modo
assolutamente equo, ma non è certo la legge di Roma che
univa le anime dei due apostoli, né quelle delle
moltitudini che costituivano l’Impero. Il distacco
maggiore tra popolo e popolo era indubbiamente determinato
dalle religioni nazionali e dalle diverse forme di culto.
Ogni popolo, e spesso ogni città e ogni famiglia, aveva i
suoi dèi particolari e non conosceva quelli degli altri.
Ciò generava separazione, odio e distacco. In senso
contrario operava naturalmente l’azione dei Misteri, ma
aveva scarsa influenza sulle masse, perché l’accesso alle
verità universali era rigorosamente precluso ai profani.
- Tuttavia
ai tempi di Augusto in ogni parte dell’Impero un culto
cominciò a prevalere su tutti gli altri. Tale fatto è ben
noto agli storici, che lo considerano uno dei primi sintomi
della decadenza. L’allontanamento dagli dèi indigeni e
prischi per accettare inusitate e strane forme di culto di
divinità straniere, appare difatti agli studiosi poco
perspicaci come un segno di mollezza e di snobismo indegno
dei romani antichi. Il culto in questione è quello di
Mitra, che venne a Roma dalla Persia e si diffuse
gradatamente per tutto l’Impero. La sua azione sulle anime
umane fu tanto potente che si fa ancora sentire. La Messa è
difatti una trasformazione in senso cristiano di quell’antico
culto di Mitra. Questo Mistero persiano, che già ai tempi d’Augusto
ebbe diffusione generale, aveva lo scopo di interiorizzare
la vita dell’uomo. In questo senso la sua missione appare
davvero grandiosa, perché prepara l’avvento del
Cristianesimo. Per mezzo del culto e del sacrificio di
Mitra, l’uomo veniva condotto nei sostrati piú profondi
della sua anima, dove poteva trovare il suo essere eterno
riposante nel grembo della divinità. In tutta la parte
meridionale d’Europa, lungo le coste dell’Africa
occidentale, in Asia Minore, dovunque insomma si estende l’Impero
di Roma, troviamo nell’ultimo secolo dell’era antica una
umanità che per mezzo di un culto sacrificale si prepara
gradatamente alla vita interiore e all’accoglimento del
Cristianesimo. In ciò consiste il carattere piú vero e
piú profondo dei popoli meridionali di quel tempo.
- Nel Nord
invece, oltre il Reno e il Danubio, c’era un mondo del
tutto diverso. Oggi si parla di una cortina di ferro che
divide in due parti l’Europa e tutti viviamo e spasimiamo
nel gigantesco contrasto che mette l’uno contro l’altro
armati l’Occidente e l’Oriente. Questa inumana barriera
non è però una cosa nuova, come forse crediamo. Essa
esisteva già ai tempi dei Cesari, solo che correva invece
lungo il Reno e il Danubio, e sbarrava l’Europa del Nord
dall’Europa del Sud. Come oggi c’è un contrasto di
eguale intensità e proporzione tra Nord e Sud, tra le
barbarie celtica e germanica e la gentilezza latina ed
ellenica. E tra i due mondi, quello del Nord e quello del
Sud, ribolliva feroce l’odio ed ardeva la guerra.
- Il
contrasto aveva radici profonde. L’anima dei popoli del
Nord era costituita in modo del tutto diverso e quindi del
tutto diverso era il suo rapporto con il mondo circostante.
Mentre l’anima meridionale, come abbiamo detto, tendeva
all’approfondimento interiore, alla concentrazione in se
stessa, l’anima settentrionale anelava all’espansione
universale, alla diffusione nel cosmo, al contatto con le
potenze divine che operano nella natura e nel mondo. L’uomo
del Nord, pur vivendo in un mondo nebbioso, teneva volti
costantemente gli occhi dell’anima al Sole. Il sussurro
del fiume, il mormorio della foresta, lo scroscio della
pioggia, il rombo del tuono avevano per lui una voce divina
piena di significato. Gli dèi che conosceva gli parlavano
con il linguaggio dei fenomeni naturali. Ad intendere la
loro voce poderosa, egli era reso atto dai Misteri. I
Misteri ibernici, i Misteri druidici, che conformavano tutta
la vita delle popolazioni nordiche, conducevano appunto l’anima
fuori di se stessa, la mettevano a contatto con l’ampio
mondo circostante popolato dagli dèi.
- Nei
Misteri meridionali di Mitra l’anima umana riceveva questo
invito:
«O uomo, ascolta
la voce della tua anima. Essa ti rivelerà i segreti dell’universo».
Nei Misteri
nordici dei Druidi risuonava invece il monito:
«O uomo, ascolta
la voce della natura. Essa ti farà conoscere il mistero del tuo
essere».
- Da
questa contrapposizione spirituale tra i Misteri di Mitra e
i Misteri dei Druidi – che però non era dissidio ma
armonia di opposte necessità – nasceva la divisione
esteriore del mondo in due zone, in contrasto e in guerra
perpetua tra di loro. Cosí tra il Nord e il Sud correva la
barriera di fuoco e di ferro.
- Abbiamo
detto che il Sud si preparava ad accogliere il Cristianesimo
interiore, cioè l’impulso d’amore portato dal Cristo.
Anche il Nord però aspettava l’avvento cristiano,
soltanto in un senso diverso. L’anima del Nord, attraverso
la preparazione dei Misteri druidici, si era resa matura a
comprendere i Misteri solari, i Misteri cosmici del
Cristianesimo. L’uomo abitante nelle Isole britanniche e
nelle immense foreste dell’Europa centrale e
settentrionale vedeva nel Cristo la saggezza cosmica
personificata, l’Essere solare disceso sulla Terra per
portarvi un nuovo impulso di vita.
- Il Sud
aspettava il Cristo come Amore dell’Anima, il Nord lo
attendeva invece come Saggezza del Mondo. Cosí ciò che in
Terra, nella realtà fisica, appariva come contrasto
violento e inconciliabile tra genti diverse per religione ed
anima, si rivelava nella sfera superiore dello spirito come
armonia di principi fusi nella compiutezza dell’essere. L’anima
del Sud e l’anima del Nord si univano e completavano nell’essere
del Cristo.
3. L’anno di
svolta 869
- Ora
dobbiamo tenere presente che nel Nord, nei Misteri druidici
e ibernici cultori della Saggezza solare, agiva ed operava
il potente impulso di Michele. Sappiamo dalla Scienza dello
Spirito che da questo Arcangelo promana sempre un impulso di
natura universale che tende ad abbattere le barriere che
dividono i popoli. Sotto la spinta di Michele, l’alto
argine che separava il Nord dal Sud dell’Europa era
destinato a sbriciolarsi fino a crollare del tutto. Questa
è l’origine spirituale di quel gigantesco movimento di
popoli nei primi secoli dell’Era cristiana, il quale è
conosciuto con il nome di invasioni barbariche. Esse misero
in sommovimento tutta l’Europa, confusero i popoli del
Nord con i popoli del Sud e dettero origine ai cosiddetti
Regni romano-barbarici. Questi regni, nei quali l’elemento
animico e sanguineo nordico si congiunge profondamente con
quello meridionale, sono le vere pietre fondamentali della
nuova Europa. Essi segnano una delle grandi vittorie di
Michele. Se guardiamo i fatti soltanto nel loro aspetto
esterno, quelli sono indubbiamente secoli tragici per l’Europa,
segnati dal sangue e dalle rovine. Dobbiamo però renderci
conto che i Vandali di Genserico, che mettono a sacco Roma,
preparano la via a quella grandiosa apoteosi storica, piena
di significato, che è l’incoronazione di Carlo Magno
nella Basilica di San Pietro.
- L’immensa
barriera che divideva i popoli del Nord da quelli del Sud è
cosí definitivamente crollata e l’Europa si avvia verso
un destino del tutto nuovo. La grande svolta
storico-spirituale è però segnata da un altro anno: l’869.
Questo anno pone fine alla secolare separazione tra il Nord
e il Sud con fatti non segnati dalla
storia esteriore, ma raccolti dalla leggenda. La santa coppa
del Graal viene affidata in custodia ai cavalieri di re
Artú. Questa immagine sta a significare che le due grandi
correnti cristiane, quella nordica della Saggezza e quella
meridionale dell’Amore, che per tanto tempo erano corse
separate, sono ormai confluite in una sola. L’anno 869 è
l’anno del primo compimento cristiano. Da allora in poi,
dovunque nel mondo si faccia valere un impulso cristiano, la
Saggezza appare unita con l’Amore.
- Sappiamo
purtroppo che l’anno 869 è passato alla storia per un
altro avvenimento: l’ottavo Concilio ecumenico di
Costantinopoli, nel quale fu condannata come eretica la
dottrina della tricotomia dell’essere umano. Questa
rinnegazione dello spirito fu gravida di tragiche
conseguenze in ogni campo della vita umana. Oggi ci preme di
farne rilevare una sola, di ordine storico: il Concilio di
Costantinopoli dell’anno 869 rizzò la prima palizzata
separatrice tra l’Occidente e l’Oriente. Coi secoli
questa prima parete divisoria s’ingrossò e s’innalzò
fino al punto di diventare l’odierno sipario di ferro.
- L’869
è dunque un anno di svolta fra i piú importanti della
storia umana. In quell’anno il contrasto del mondo assume
una nuova orientazione. La lotta cessa di divampare tra il
Nord e il Sud e s’accende tra l’Est e l’Ovest. Questo
nella storia esteriore. Nelle coscienze umane avviene un
altro fatto importante.
4. Il dissidio
della coscienza
- Tra ciò
che avviene sulla scena del mondo e ciò che si svolge sulla
scena dell’anima c’è sempre un rapporto strettissimo. I
fatti interiori sono sempre un riflesso di quelli esteriori,
e viceversa. Nell’anno 869 la storia antica subisce una
interiorizzazione. D’allora in poi ogni singolo uomo è
chiamato a rivivere nell’anima, come esperienza personale
della sua coscienza, il grande contrasto storico esteriore
che separò nei tempi antichi l’umanità settentrionale
dall’umanità meridionale.
- Possiamo
dunque dire con un’immagine, che l’anima di ogni uomo è
ora divisa tra una regione Nord e una regione Sud, e che
queste due parti sono in contrasto tra di loro. La Saggezza
e l’Amore, congiuntesi nel mondo nell’anno 869, non sono
ancora congiunte nell’uomo. Da ciò il dissidio interiore
della coscienza umana.
Fortunato Pavisi
Trieste, 29 settembre
1948 – Per gentile concessione del Gruppo
Antroposofico di Trieste, depositario del Lascito di
Fortunato Pavisi.
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