Dalle torri si espande il grido antico:
«All’armi, all’armi, la campana sona,
li Turchi so’ sbarcati alla marina!»…
Quanto piú bella è la contrada, quanto
piú ricca di talento è la sua gente,
dove piú estro e ingegno templi erigono
e manieri, cenacoli, dimore
prodigiose di opere, teatri
e biblioteche, luoghi di misteri
echeggianti responsi di sibille;
quanti piú nodi mani hanno tessuto
nei millenni per fare del Paese
un creativo modello da proporre
alla comune civiltà dei popoli,
tanto piú l’aggrediscono i corsari.
L’assedio inarrestabile e incalzante
non è progetto d’uomini, ma subdola
congiura di invisibili potenze
che hanno in odio l’umano tentativo
di sublimare in cantico ed immagine
l’ottusa, inerte e muta consistenza
della materia primigenia avuta
in dote evolutiva dal divino.
Ma la tempesta passerà. Nel roseo
palpitare dell’alba, il nuovo giorno
avrà una fioritura portentosa
di bouquet variopinti, esuberanze
per un’estate senza fine, un vivere
nel tempo ricreato. Il mare, in pace,
sgombro dalle feluche di Dragut,
risuonerà del canto di sirene,
e la campana chiamerà a raccolta
solo per l’esultanza e la preghiera
l’integra umanità rigenerata.
Fulvio Di Lieto