Nella dura canicola d’agosto
respirano gli umori delle strade,
ogni ramo ci porta la frescura
degli ipogei, di fiumi sotterranei,
di caverne che mai videro il sole.
Scossa da lievi aliti di vento
ogni foglia è una sillaba, ci parla
dell’eterna instancabile preghiera
che l’ottusa materia volge al cielo
per farsi luce e petalo, membrana
mutata in piuma per la metamorfosi
da larva spenta in rutilante volo,
e radice che infine, rotto il ceppo
della gogna terrestre, esulta all’aria.
E frusciando ci dicono chi siamo,
gli alberi nel responso vegetale,
cosa di noi faranno le stagioni,
loro di noi piú forti, piú flessibili
alla buriana della vita, folti
di parole accordate con l’unisono
primigenio del mondo, ripudiato
dal nostro concettoso blaterare.
Nella strina che inaridisce il giorno,
danno sollievo d’ombra, ci confortano
gli alberi che hanno vinto la battaglia
millenaria col giogo della pietra
se dal buio dei cupi ricettacoli
svettano ora in verdi sinfonie.
Fulvio Di Lieto