L’ultima volta, grazie a quello di cui ho potuto parlarvi, abbiamo visto che tutta la visione del mondo che la Scienza dello Spirito ha dell’essere umano, si esprime in una preghiera conosciuta da molto tempo. Con questo, abbiamo potuto convincerci che le correnti religiose, gli insegnamenti e le pratiche religiose sono attinte da ciò che abbiamo potuto imparare a conoscere nel corso degli anni dalla stessa Scienza dello Spirito. Dobbiamo ora rappresentarci il processo secondo il quale l’umanità è partita originariamente da una visione universale fondamentale, che tutto include e che si esprime nelle confessioni religiose dei differenti popoli secondo la diversità dei caratteri nazionali. Adesso potete naturalmente porre la seguente domanda: come ci si deve rappresentare piú precisamente il legame tra le verità fondamentali, le saggezze fondamentali dell’umanità e quanto è stato annunciato a tale o a tal altro popolo dai fondatori di religioni nelle differenti confessioni religiose? È certamente impressionante che nelle sette richieste del Padre Nostro ci appaiano realmente i concetti fondamentali della Scienza dello Spirito; a qualche esterno, che si è poco occupato di quanto oggi si può imparare dalla Scienza dello Spirito, molte cose possono, a dire il vero, apparire arbitrarie, al punto che si potrebbe facilmente osservare: tutto questo non è che quanto è già inserito nei testi religiosi.
Per inoltrarsi un po’ piú in profondità nella questione di sapere come le grandi saggezze fondamentali entrarono originariamente nelle confessioni religiose, bisogna prima di tutto partire da un fatto fondamentale. Bisogna vedere chiaramente che quello che noi possiamo sapere oggi, quello che ci è insegnato oggi dalla visione della Scienza dello Spirito, nei tempi piú antichi non era già stato presentato allo stesso modo negli insegnamenti religiosi. Bisogna vedere chiaramente che la forma sotto la quale erano portate agli uomini verità di questo genere era totalmente differente a seconda delle epoche. Gli antichissimi testi religiosi che voi consultate parlano agli uomini per immagini e non in concetti. Quelle immagini, che si basano spesso sulla rappresentazione sensibile, sono state conservate nella misura del possibile dagli antichissimi testi religiosi. Si parla cosí della conoscenza sempre sotto forma di luce, della saggezza come una specie di elemento liquido, come dell’acqua. Quando osservate da vicino, potete costantemente trovare le stesse immagini nei tempi piú antichi. Questo ha una ben precisa ragione, ed oggi riassumeremo un po’ di quello che conosciamo già, per immergerci completamente nel modo con il quale i piú antichi Maestri dell’umanità hanno agito sui popoli ai quali hanno portato il beneficio degli insegnamenti religiosi. Se vogliamo vedere chiaramente come i fondatori delle religioni hanno agito prima di coloro che designiamo come grandi Iniziati, dunque prima di Ermete, Zaratustra, Buddha, Mosè, prima quindi del piú grande, il Cristo Gesú, dobbiamo immergerci ancora una volta nella differenza che esiste fra la coscienza abituale e la coscienza astrale, o immaginativa, dell’uomo.
Oggi, dalla mattina alla sera, l’uomo normale ha quella che abbiamo denominato coscienza oggettiva, che gli mostra le cose sotto la forma con cui gli appaiono e come se si trovassero al di fuori di lui stesso, con le proprietà che i suoi sensi gli mostrano. Questa non è l’unica coscienza. Certo, per la maggior parte degli uomini di oggi gli altri stati di coscienza sono nascosti, immersi in una vaga oscurità che definiamo sonno senza sogni, ma che per l’Iniziato ha un significato ben preciso. Per l’Iniziato che conosce anche il mondo dietro l’apparenza fisica, dall’addormentarsi al risveglio esiste uno stato di coscienza in cui, certamente, non percepisce le stesse cose che sono qui come appaiono, ma vi percepisce un mondo a sé. Se per l’uomo normale il sonno senza sogni è uno stato incosciente, per l’Iniziato si tratta di uno stato cosciente nel quale vede il Mondo spirituale.
Se vogliamo vedere chiaramente come questo stato incosciente diventi stato cosciente, dobbiamo considerare lo stato intermedio che l’uomo altresí conosce: sapete, il sonno pieno di sogni, che ci mostra in simboli le percezioni abituali quotidiane, ovvero gli stati intimi dell’anima.
Ma la medesima qualità di immagini che il sogno ci mostra, la potete trovare quando studiate la coscienza dell’Iniziato quando soggiorna nel Mondo spirituale. Egli vede le cose del Mondo spirituale in immagini. Certo, non sono cosí caotiche come quelle che vi mostra il sogno. Hanno in comune con le immagini del sogno solo il fatto che si trasformano continuamente. La tavola e la sedia mostrano semplicemente sempre la stessa forma che hanno. Le piante e gli uomini, nella misura in cui sono degli oggetti esteriori, mostrano semplicemente la forma che hanno. Ma piú passiamo nel regno della coscienza, piú troviamo delle trasformazioni. La pianta che spunta dal germe e spiega il gambo, le foglie, il fiore e il frutto; l’animale che esprime quello che gli piace; l’entità umana, nel cambiamento dei gesti e della fisionomia, noi li vediamo in movimento. Ma tutto questo è qualcosa di permanente in rapporto a ciò di cui l’uomo vive l’esperienza in uno stato superiore, nel mondo del Devachan. Vediamo qui una perpetua metamorfosi. Colui che grazie agli specifici esercizi trova l’entrata nei mondi spirituali, impara come il colore di una pianta si innalzi dalla pianta come una fiamma. Impara come i colori siano delle forme che salgono e scendono. Ma ha una giusta visione solo se è in grado di vedere i colori e i suoni di per sé, e di condurli a certe entità. Entità di questo genere sono costantemente intorno a noi. Se poteste estrarre il violetto di questo fiore in modo che il violetto fluisca liberamente nello spazio, avreste con questo l’espressione della vita di un Mondo spirituale interiore della pianta. E anche l’aura umana, e quello che definiamo corpo astrale, funzionano in questo modo. Tutte le tendenze, i sentimenti umani di vanità e di egoismo vi si esprimono attraverso correnti di colori ben precisi, di modo che possiamo dire che un’esperienza interiore psichica si esprime nell’aura umana. L’aura non è mai immobile, niente vi è di statico nel modo in cui avviene qui, nel mondo sensibile, per le cose statiche. E quando un essere del Mondo spirituale ha un impulso del sentimento o della volontà, potete sempre vedere che questo si esprime in variazioni del tutto precise di colori e di suoni. L’eterno movimento è l’essenziale dei mondi superiori.
Questo è naturalmente fonte di confusione per colui che entra per la prima volta nei mondi superiori. D’altro canto, per conseguenza, tutto quello che si trova in questi mondi superiori si manifesta istantaneamente. Se l’uomo può nascondere la vita della sua anima a colui che può considerarlo solo con gli occhi fisici, non può nascondere nulla a colui che può vederlo con gli occhi dello Spirito. Qui tutto si trova chiaramente esposto alla luce del sole, e quindi dovete dirvi questo: se dobbiamo sondare con gli occhi fisici un uomo come si trova qui, davanti a noi, dobbiamo trarre delle conclusioni sulla sua anima dalla sua apparenza esteriore, dal suo modo di sorridere o di piangere. Nel mondo superiore questo avviene diversamente. Lí non si trae una conclusione dall’esterno verso l’interno. L’interno lí è totalmente aperto. Viviamo in quel mondo essendo uniti all’essenza delle cose. Nella nostra epoca, solo l’Iniziato può acquisire tale coscienza. Solo lui può vivere coscientemente nel mondo superiore. Allo stato di coscienza che ha fra il risveglio e l’addormentarsi, egli può aggiungere un altro stato, con il quale è in grado di aggiungere l’interiore all’esteriore. Come egli può vivere coscientemente l’esperienza dell’interiorità delle cose, allo stesso modo nei tempi antichi tutti gli uomini potevano farlo. Prima del nostro stato di coscienza attuale, gli uomini ne avevano uno grazie al quale vedevano le cose nel loro interno.
Se risaliamo a epoche molto lontane, arriviamo a uomini che hanno sempre di meno quello che l’uomo ha oggi. L’uomo di oggi sa contare e calcolare. Alla metà dell’epoca di Atlantide trovereste degli uomini che non sapevano ancora né contare né calcolare, per i quali non si poteva ancora parlare di logica. Da tale punto di vista, lo scolaro meno bravo ne sa oggi di piú di quanto ne sapeva un qualunque Atlantideo. Ma l’Atlantideo sapeva invece qualcosa d’altro. Quando considerava un qualsiasi essere della natura, per esempio una pianta, poteva sentire elevarsi in lui un sentimento molto preciso. Per lui, ogni pianta aveva un valore preciso in termine di sentimento. Mentre l’uomo di oggi passa accanto alle piante con una certa indifferenza, nell’Atlantideo salivano delle emozioni e dei sentimenti pieni di vita. Se risaliamo inoltre sufficientemente indietro, fino all’epoca dei primi Atlantidei, troveremmo che non avevano nemmeno rappresentazioni di colori cosí vivi come ha l’uomo attuale. Se un tale Atlantideo fosse andato verso una violetta, non l’avrebbe vista come se fosse ferma, ma come se si elevasse in una specie di forma nebulosa. Ugualmente per una rosa: non avrebbe visto il colore rosso sulla rosa stessa, ma un’aura rossa tutt’intorno alla rosa, e il colore rosso fluttuava liberamente. Quando adesso guardate una pietra cristallina, se si tratta di un rubino lo vedete colorato di rosso. Ma i primi Atlantidei non avrebbero visto il colore in un tale cristallo. Sarebbe apparso loro come circondato da un’aureola di raggi di colore, e il rubino sarebbe apparso loro come una specie di incisione in quest’aureola di colori. Se vi trasportate in quei tempi, arriverete ad un passato molto lontano, nel quale l’uomo non vedeva nemmeno i contorni di un altro uomo, né di una pianta o di un animale. Quando si avvicinava ad un altro uomo che aveva delle intenzioni ostili nei suoi riguardi, percepiva piuttosto un colore bruno-rossastro. Se percepiva un bel colore azzurrino, poteva dirsi: quest’uomo ha delle intenzioni pacifiche nei miei confronti. Per lui, la vita interiore di un uomo si esprimeva cosí, con i vari tipi di colori.
Se risaliamo ancora piú indietro, arriviamo a quel lontanissimo passato dell’antica Lemuria che si trovava fra l’Asia, l’Australia e l’Africa. Allora, nell’attività della conoscenza, non soltanto la coscienza era diversa, ma era diverso anche tutto ciò che si può chiamare impulso della volontà. La volontà agiva ancora in modo magico, aveva una forza su tutti gli oggetti presenti; si manifestava come una forza della natura che agisce sugli altri oggetti. Quando l’uomo della Lemuria metteva la sua mano sopra una pianta e vi immergeva la sua volontà, poteva far crescere rapidamente questa pianta con la sola volontà.
Le forze che sono all’esterno, nella natura, non sono altro che quelle che si trovano nell’uomo. Per il fatto che l’uomo è diventato un essere separato, rinchiuso in una pelle, le sue forze si sono sempre piú allontanate dalle forze della natura, sono diventate sempre di meno simili a queste. Il pensare umano è quello che c’è di meno simile alle forze della natura. Combinare e calcolare è ciò che piú differisce da quello che si trova fuori, nella natura. Perciò, se poteste risalire ad un tempo piuttosto lontano, vedreste che a quell’epoca vi erano degli esseri, gli antenati spirituali dell’umanità, che avrebbero considerato come una grande sciocchezza (comparativamente) dire: afferro il concetto di una qualsiasi cosa esteriore. Non lo avrebbero assolutamente potuto dire; al contrario, avrebbero potuto vedere il concetto e, in quanto attività, in realtà l’avrebbero visto come una entità. Chi oggi si forma un concetto di una cosa qualsiasi, deve rappresentarsi che questa cosa è stata formata in origine dallo stesso concetto. Ve ne fate un’idea se vi ricordate del processo che è in gioco quando l’uomo produce qualcosa. Potete formarvi il concetto di un orologio, del meccanismo interno, del modo con cui le lancette vanno avanti. Non potreste mai farlo se non ci fosse stato un orologiaio che ha pensato prima quello che voi adesso pensate. Lui ha messo delle cose nell’orologio per renderlo tale, voi in seguito pensate la sua azione.
Tutti i concetti che l’uomo può rappresentarsi oggi, tutto quello che costituisce oggi il pensare è esistito nel nostro passato in quanto realtà che fu dapprima messa nelle cose. Ogni essere viene capito con l’aiuto del suo concetto. Ogni essere è stato un giorno formato secondo questo concetto. Nel mondo è accaduto ciò che avviene nell’arte umana: i concetti che oggi l’uomo si forma, sono stati all’origine messi nelle cose. Se risaliste ancora piú indietro nel tempo, vedreste che quegli uomini non avrebbero mai potuto dire: mi formo un concetto guardando le cose; al contrario, allora vedevano realmente quanto accadeva, ovvero il concetto che veniva messo all’interno. Hanno, per cosí dire, guardato gli artefici delle cose.
Percepirete qui la differenza fra la comprensione attuale dell’uomo e l’intelletto di quel tempo che possiamo chiamare “creatore”. Ma se imparaste a conoscere quegli uomini che hanno conosciuto allora, con la loro propria visione, la capacità creativa in opposizione a quella puramente recettiva di oggi, trovereste che quegli esseri erano completamente diversi. Non erano ancora incarnati in un corpo umano. Quello che abita oggi nelle spoglie umane stava ancora in seno alle entità spirituali divine.
Abbiamo senza accorgerci passato il momento dell’evoluzione terrestre che potrebbe comparativamente presentarsi a noi nel seguente modo: giú, sulla Terra, c’era già una vita fisica, e là sotto c’erano delle entità, diversissime, ma simili a minerali, piante, animali attuali, poi vi erano delle entità che non erano degli uomini, ma che stavano fra gli animali e gli uomini, e che erano mature per accogliere le anime umane. Il loro organismo era sufficientemente evoluto per accogliere le anime umane. Solo per similitudine si può parlare di come si può pensare a simili cose: in basso, sulla Terra, andavano e venivano degli uomini che in realtà erano ancora uomini-animali. Rappresentatevi adesso i corpi umani come delle piccole spugne isolate e le anime come gocce d’acqua tutte riunite ancora in una massa d’acqua comune; la Terra fisica, con tutto questo formicolare di entità, per cosí dire avvolta – come lo è attualmente dall’aria – da un involucro di anima. In quest’ultimo, tutto era ancora non separato, come le gocce d’acqua. E a quell’epoca era come quando fate in modo che la massa d’acqua sia aspirata dalle piccole spugne, quando ognuna riceve una piccola goccia isolata. Quella che era sostanza unica dell’anima fu aspirata dai corpi umani isolati, ripartita nei corpi umani isolati. È soltanto cosí che nacque l’anima umana. Senza questo processo, la sostanza umana non si sarebbe mai separata in numerose individualità distinte. Ma allora comincia anche il processo con il quale l’uomo si separa poco a poco da ciò che lo circonda, e con questo acquisisce anche una coscienza specifica oggettiva. Prima, egli aveva la coscienza che non si forma concetti; al contrario, l’anima era ancora interamente nell’anima dei mondi, e riceveva dall’anima comune dei mondi, come dall’interiorità, tutta la sua saggezza. Non aveva bisogno di guardare all’esterno. Si potrebbe veramente dire che quest’anima comune dei mondi poteva ancora tutto; dai concetti comuni essa ha formato tutto quello che è oggi sulla Terra. Gli uomini ricevevano questi concetti dal fatto che grazie all’anima comune dei mondi era stata loro data questa goccia di saggezza. Tale è la differenza tra l’antichissimo sapere, prima che fosse incarnato nell’uomo, e il sapere di oggi, che nasce dal fatto che l’uomo si volge verso l’esterno.
Nel momento in cui l’uomo non percepisce piú con i sensi, il suo essere interiore sprofonda nella oscurità imprecisa che chiamiamo sonno senza sogni. Durante il sonno, restano distesi il corpo fisico e il corpo eterico dell’uomo, il corpo astrale fuoriesce. Cos’è nell’uomo che percepisce il mondo esteriore? Il corpo astrale percepisce i colori e i suoni. Il corpo astrale prova piacere quando gode di qualcosa di piacevole, il corpo astrale prova il dolore in quanto tale. Ma il corpo astrale non può mettere nulla in esecuzione nell’uomo se non è nel corpo fisico, perché per percepire quello che lo circonda ha bisogno di occhi, di orecchie e anche di tutti gli altri strumenti fisici per il piacere, la sofferenza, il dolore, la gioia e via di seguito. Certo, il corpo fisico è solo lo strumento, ma è necessario al corpo astrale odierno. Dal momento in cui il corpo astrale è fuori da quello fisico, non percepisce piú.
Questo corpo astrale è proprio lo stesso che era una volta in seno alla sostanza comune animica che circondava la terra. Se estraeste e riuniste tutti i corpi astrali, otterreste quello che ha circondato gli uomini a quell’epoca sotto forma di sostanza astrale o animica. Se oggi si potessero far addormentare tutti gli uomini che ci sono sulla Terra, in modo che quindi tutto il genere umano dormisse, e se si estraessero allora tutti i corpi astrali mescolandoli al resto della sostanza, si vedrebbe cessare completamente il sogno senza sogni. Certo, le anime non percepirebbero né colori né suoni con gli strumenti esteriori, ma su tutti quei corpi astrali comincerebbero a salire dei colori e dei quadri colorati, che continuerebbero a cambiare, galleggerebbero intorno, mentre all’interno tutto comincerebbe a risuonare. Tutto questo circonderebbe ancora la Terra, come accadeva in quell’epoca remota, anteriormente alla prima incarnazione di una qualunque anima.
L’oscuramento di questo antichissimo stato di coscienza, che conoscete oggi grazie al vostro sonno senza sogni, si è prodotto per il fatto che la sostanza astrale comune è stata divisa dall’anima del mondo in parti isolate, e perché queste parti isolate entrarono in corpi umani. Potete andare ancora piú lontano. Quella che oggi è la notte, quello che oggi per gli uomini affonda in una vaga oscurità, era nell’epoca di cui parliamo ora completamente riempita di luce, di percezioni del Mondo spirituale, era del tutto giorno. Dunque adesso siete stati portati ad uno stato dell’umanità in cui essa percepiva in maniera astrale, tuttavia non in un corpo fisico.
Adesso ponetevi quindi la domanda: cosa ha guadagnato allora l’umanità dopo quell’epoca? Cosa si è aggiunto a ciò che aveva già? Cosa ha acquisito l’uomo con l’incarnazione? Egli ha acquisito la possibilità di dire a se stesso “Io”. Tutta quella coscienza, benché fosse chiaroveggente, era solo una coscienza di sogno piú o meno intensificata. Gli uomini non avevano ancora la consapevolezza di se stessi. È dunque questo che l’uomo ha guadagnato. Si tratta del dono propriamente detto di Dio, di cui parlano i testi religiosi come la Bibbia: all’epoca in cui l’umanità s’incarnò, fu data agli uomini la coscienza di essere. Prima, gli uomini non l’avevano, e questa coscienza di sé si intensificherà sempre piú nell’attuale umanità. Da allora è avvenuto che non siamo piú in uno stato di coscienza vago o chiaroveggente, bensí nell’“Io sono”, che non possiamo chiamare altrimenti che “Io sono l’Io sono”. Avete quindi qui le parole di Jahvè: «Io sono colui che era, che è, e che sarà».
Siamo cosí risaliti ad un’epoca nella quale queste parole “Io sono” non erano ancora attivate. Non erano ancora presenti nell’uomo. L’uomo aveva una coscienza che era stata infusa in lui, non l’acquistava per il fatto che guardava gli oggetti esteriori. Dov’era una coscienza dell’“Io sono”? Questa coscienza di sé l’avevano le entità divine. Le entità umane l’anno ricevuta dopo l’incarnazione nel fisico. Questa è la differenza fra ciò che nel Cristianesimo è chiamato Spirito Santo e lo Spirito in sé. Lo Spirito Santo era colui che, in alto, prima dell’incarnazione, aveva la coscienza di sé, mentre lo Spirito in sé è la coscienza dell’Io. Se quindi mescolaste tutte le coscienze dell’Io e allo stesso tempo le separaste dall’egoismo, otterreste di nuovo lo Spirito Santo.
Ora abbiamo ciò da cui siamo partiti, nella forma piú radicale. Siamo ritornati ad una specie del tutto singolare di insegnamento. Mentre oggi si insegna in modo che un uomo sta di fronte ad un altro, e dice all’allievo: «Le cose stanno cosí», a quell’epoca era possibile solo una cosa, un modo di insegnare che era al contempo lavoro, azione. Si trattava di inserire la saggezza negli esseri isolati. La saggezza non veniva dall’esterno, scorreva dall’interno degli uomini, processo che solo gli Iniziati conoscono ancora oggi.
Se adesso voi poteste percorrere le epoche che ho appena caratterizzato, nelle quali non c’era alcun metodo di insegnamento ma solo una illuminazione dall’interno, e fino alla nostra epoca, trovereste un periodo intermedio nel quale gli uomini erano, per cosí dire, a metà in uno stato e a metà nell’altro. Era a metà del periodo di Atlantide. L’uomo poteva allora già riconoscere certi contorni delle cose, poteva vedere come a poco a poco il colore si posasse sulla superficie degli oggetti, come le cose isolate prendessero delle qualità proprie. Ma vedeva tutto questo come avvolto in una nebbia di colori. Sentiva ancora il mondo tutt’intero attraversato da suoni che erano pieni di saggezza, che gli dicevano qualcosa e gli portavano delle notizie di altri esseri. Ma in questo tempo intermedio tutto avveniva ancora in modo molto disordinato. Era anche l’epoca in cui cominciò un insegnamento che a poco a poco si è trasformato nell’ulteriore forma nella quale la religione è stata comunicata agli uomini.
Se potessimo risalire all’antico periodo di Atlantide, troveremmo una grande scuola di adepti. Oggi è possibile accogliere in sé la saggezza per il fatto che gli adepti dei Turani di allora hanno avuto dei discepoli; i loro discepoli hanno a loro volta istruito altri adepti fino alla nostra epoca, e cosí una tradizione diretta risale fino alla scuola degli adepti dei Turani. A quell’epoca, si doveva tener conto che gli uomini erano in uno stato intermedio, nel quale avevano soltanto una parte dell’attuale forma di percezione. Potevano solo riconoscere gli oggetti in contorni imprecisi. Potevano però anche ricevere in parte la verità dall’interno. A quell’epoca, pochissime persone avrebbero saputo contare fino a cinque. Senza la coscienza di sé, questo è impossibile. Ma potevano accogliere quello che si rifletteva sul loro essere interiore, sulla loro coscienza semi-sonnambolica. Se si voleva insegnar loro la saggezza piú elevata, bisognava illuminarli. Bisognava inoltre insegnargliela in modo immaginativo, e per questo gli adepti dei Turani avevano certi metodi. Non avrebbero saputo farlo come si fa oggi, con una conferenza.
Rudolf Steiner (1 di 2 ‒ continua)
Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner
Berlino, 18 febbraio 1907 ‒ O.O. N° 96. Traduzione di Angiola Lagarde.