Chi era Maître Philippe di Lione?

Personaggi

Chi era Maître Philippe di Lione?

Statua di San Michele su Lione

Per raggiungere il cimitero lionese di Loyasse, dove riposano i resti mortali di Maître Philippe (25.4.1849-2.8.1905), si prende la funicolare che sale per la collina di Fourvière, detta dai lionesi “la collina che prega”, perché culmina con la basilica di Notre-Dame. Su un pinnacolo anteriore del tempio svetta la possente Vergine dorata, sul pinnacolo dell’abside si erge invece ad ali spiegate ç l’arcangelo Michele che soggioga il dragone con la lancia culminante in alto in una croce stellata.

Dalla cima di Fourvière si gode il panorama di tutta Lione, squarciata da due fiumi come fossero due opposte anime, l’im­petuoso Rodano e la placida Saona: un conflitto che riverbera nell’intera spiritualità lionese.

Per arrivare a Loyasse si aggira la Basilica di Notre-Dame e ci si immette a piedi in un viottolo immerso nel verde, che porta quasi dinanzi all’ingresso del famedio. A distanza di 110 anni dalla morte del celebre guaritore e veggente, i suoi seguaci, vecchi o giovani che siano, si recano ancora ogni 2 agosto alla sua tomba. La visita è l’occasione per  appendere alle fronde dell’abete cresciuto nel recinto un bigliettino, in cui il devoto chiede al Cielo, tramite “Monsieur Philippe”, una guarigione, una protezione, uno speciale intervento. Del resto Philippe aveva chiaramente detto: «Quando troverete il fardello troppo pesante, domandate a Dio d’alleviare le vostre pene, o pensate a me, e vi prometto che sarete aiutati se sarete animati da buone intenzioni, perché senza di ciò non vi ascolterei nemmeno. Voi mi appartenete tutti e, per temerario che vi possa apparire, persino il tempo obbedirebbe alla mia volontà, e vi assicuro che chi amerà il suo prossimo come se stesso sarà sempre ascoltato ed esaudito. Sono fiero di salvarvi. Sarete uniti a me se vi aiuterete l’un l’altro, prevenendo persino le richieste di quanti non oserebbero farvene. Sarò sempre con voi, non davanti a voi, ma con voi. Amatevi l’un l’altro e vi prometto che alla vostra morte un vostro solo pensiero mi porterà verso di voi. Sarò là!».

Tomba di Maitre PhilippeChi è stato a Loyasse se ne torna con il cuore meno affranto, portandosi forse qualche sassolino in tasca raccolto ai piedi del cippo funebre è in ricordo dell’incontro.

Ma chi era Maître Philippe? Come potremmo definirlo? Non può essere considerato un santo taumaturgo, poiché le sue azioni e i suoi detti non si inquadrano nella cornice della comune santità, per lo piú “passiva” di fronte al Divino; peraltro, diversamente dai santi cristiani, egli ravvisava nella reincarnazione la legge-base dell’evoluzione umana; per finire non era né un sacerdote né un monaco, anzi conduceva una vita laica.

D’altro canto Philippe non può essere nemmeno facilmente equiparato a un mago o ad un dotto esoterista, per­ché rimarrebbero estranee a questa etichetta la sua filosofia della carità, l’accoglienza delle prove che connota, secondo il Maestro lionese, i “figli del Cielo”. Potremmo definirlo un Iniziato cristiano, se non fosse che egli stesso non rivela di aver avuto un Maestro, né dimostra di essere stato iniziato ad alcuna scuola di Saggezza, anzi rifugge da ogni società segreta (diversamente dal suo discepolo Papus).

In realtà la definizione che piú si addice a Maître Philippe è quella di Bodhisattva, secon­do la visione del Grande Veicolo (Mahāyāna) buddhista.

Per verificare la portata di questa affermazione, rileggiamo attentamente ciò che Maître Philippe diceva di se stesso.

Parole di M. Philippe su se stessoMaitre Philippe

(Vedi Maître Philippe – Parole su se stesso)

«Ero presente alla creazione, sarò presente alla fine. Ho ricevuto il potere di comandare. Se il mare minaccia tempesta, posso calmare il mare dicendogli in nome del Cielo di placarsi. Affermo che ho un grado che mi permette di perdonare gli errori. Per quanto criminali voi siate, posso darvi un lasciapassare e andrete da un punto all’altro del mondo senza che vi si domandi nulla. Anche se ciò che vi dirò non esistesse, Dio vi darà ciò che vi ho detto. Lo creerebbe per voi. E sapete perché? Lo creerebbe per non farmi trovare in difetto. (In Maître Philippe era incorporata un’altissima entità angelica, che aveva agito al tempo della creazione e agirà alla fine dei tempi. Ciò ha fatto sí che egli abbia ricevuto dal Creatore il potere di signoria sugli Elementi).

Il mio angelo custode è Dio. Perciò i vostri angeli custodi non possono vedere il mio. Io sono il solo a non avere angelo custode. (Egli non ha un angelo custode come i comuni mortali, perché, secondo la Scienza dello Spirito, ha superato il grado della coscienza angelica o del Sé spirituale).

Io sono piú vecchio di tutti voi, dovete credere a tutto ciò che vi dico. Quando sarete vecchi come me, farete altrettanto. Bisogna avere un dito lungo per toccare. Ciò che io faccio, lo farete anche voi, se amerete il vostro prossimo come voi stessi. (La vecchiaia di M. Philippe non è una vecchiaia biologica, ma indica il lungo seguito di reincarnazioni vissute dalla sua anima).

Io non ho seguito la stessa strada degli uomini, è per questo che non ho alcun merito, sono molto piccolo, il piú piccolo; sono il piú vecchio di voi tutti. Nessuno di voi è piccolo come me. (La Saggezza acquisita da Maître Philippe non è il frutto di sforzi umani, compiuti sotto la guida di Maestri terreni).

Io ho il mio Amico che è con me e che voi non vedete… Egli ha una casa e mi ha affidato la guardia dei sentieri che vi giungono. Ad ogni entrata c’è un guardiano che non lascia passare il primo venuto. (Il Cristo gli ha affidato la custodia delle vie del Cielo, che portano alla Casa del Padre).

Lo sforzo che ho fatto io non sarà piú da compiere per voi. Non abbiate paura di perdermi, ho un piede sul fondo del mare, uno sulla terra, una mano verso di voi e l’altra verso il Cielo. Dunque, mi troverete sempre. Voi siete sotto la mia egida e non entrerò in paradiso che quando vi entrerete voi stessi, e vi entrerete tutti. Io sono la Porta, nessuno può morire senza vedermi, senza che io lo veda». (Ogni Bodhisattva presiede a un campo buddhico (una “famiglia” secondo M. Philippe), abitato dalle anime a lui connesse. Nessun Bodhisattva – insegna il Grande Veicolo – entrerà nell’Illuminazione suprema se prima anche l’ultimo degli esseri a lui connesso non sarà redento. Maître Philippe è sulla soglia fra il mondo terreno e l’Aldilà).

Tali parole ci svelano come Maître Philippe fosse ben consapevole del suo valore bodhisattvico. Un medium può non sapere di sé, ma un Bodhisattva non ignora nulla. Dai detti pronunciati alle riunioni pubbliche e dalle rivelazioni fatte ai singoli scopriamo di trovarci di fronte al portatore di una Saggezza antichissima, esposta in modo schietto ed efficace.

Con un senso pedagogico invidiabile, egli enuncia i pilastri della sua visione del mondo tanto ai rentiers du Midi quanto ai Canuts de Lyon. Pertanto se potremmo facilmente sostenere che la Scienza dello Spirito fondata da Rudolf Steiner è per alcuni aspetti debitrice del suo tempo, per esempio di Goethe e della Blavatskij, al contrario l’insegnamento di Maître Philippe è senza età, fuori del tempo, eterno. Esso si articola attorno ai seguenti pilastri: la dottrina della reincarnazione; l’idea di pluralità e sincronicità dei Mondi spirituali; il significato degli archetipi (cliché), delle famiglie e dei cammini; l’accettazione delle prove e la lotta per il miglioramento interiore; la carità e il perdono delle offese; la missione dei figli di Dio.

 

Il Bodhisattva Vimalakīrti

Kano Ujinobu - Il Bodhisattva Vimalakī

Kano Ujinobu – Il Bodhisattva Vimalakī

Ora ci si pone un importante quesito. Se è vero che il Grande Veicolo buddhista, sorto all’indomani dell’evento del Golgotha, trasse proprio da quest’ultimo l’impulso a concepire la via dei Bodhisattva e ad intuire il ruolo cosmico dei grandi Bodhisattva celesti, è possibile che contempli nel suo pantheon una figura consimile a quella di Maître Philippe di Lione?

Certamente. Il Māhayāna ha liberamente conosciuto tale entità nelle vesti del grande Bodhisattva Vimalakīrti, la cui vicenda è narrata nel Vimalakīrtinirdea.

Questo Bodhisattva, originario di un mondo diverso dal nostro, precisamente della Terra della Gioia Profonda (Abhirati), guidata dal Buddha cosmico Akṣobhya, si incarnò sulla nostra Terra, nella città di Vaiśālī, capitale dei Licchavi, come un laico buddhista, per condurre le creature al Risveglio.

Viveva apparentemente come un laico anziano, con moglie e figli, praticando la continenza nell’ambito coniugale.

Pur di convertire gli esseri, non esitava a frequentare le case da gioco e i ritrovi malfamati, non disdegnava la folla e nemmeno gli eretici. Praticava gli affari ma trascurava completamente il profitto, perché lo faceva per attrarre orfani e poveri. Conservava la pazienza per attrarre i violenti e i collerici.

Torniamo per un istante a ciò che diceva Maître Philippe, non per sottolineare le sue attività benefiche, che gli valsero il titolo di “padre dei poveri”, ma per ricordare le sue origini.

«Vi dico che non sono della Terra. Vi sono venuto raramente, ma mi ricordo di tutte le mie esistenze passate. Un giorno ho voluto rivedere il pianeta da cui sono venuto, allora il genio del pianeta s’è mostrato a me e mi ha detto: “Mi riconosci dunque!”. Vi conosco tutti molto bene e da lungo tempo. So ciò che voi siete e l’Amico che è qui, l’Amico che voi non vedete, vi protegge. Ho abitato in un altro paese con voi, non sulla Terra. Il mio paese non è qui. Sono venuto ad ispezionare una proprietà che devo acquistare fra qualche tempo; non mi dispiace quindi di essere qui, sono venuto di buon grado e ciò che sto vedendo mi interessa, come può interessare una proprietà che deve divenire nostra».

Un giorno Vimalakīrti si ammalò e non poteva intervenire alla grande assemblea di monaci e Bodhisattva che si era raccolta nel parco di Amra a Vaiśālī, attorno al Buddha, per udire il suo insegnamento. In realtà Vimalakīrti “si mostrava malato fisicamente” a scopo salvifico: per attirare al suo capezzale visitatori, cui insegnare la Dottrina buddhista.

Il Buddha si preoccupò della sua salute e invitò ora l’uno ora l’altro dei suoi grandi discepoli a visitarlo. Ma uno per uno tutti rifiutarono, perché non si ritenevano sufficientemente qualificati a sostenere l’inevitabile dibattito dottrinario, in cui Vimalakīrti li avrebbe tratti. L’unico ad accettare l’invito del Buddha fu Mañjuśrī, il Bodhisattva della Saggezza, che si recò da Vimalakīrti e lo interrogò sull’origine della sua malattia. «Poiché tutti gli esseri viventi sono soggetti alla malattia, anch’io sono malato – disse Vimalakīrti. – Quando tutti gli esseri viventi non saranno piú malati, la mia malattia avrà fine… Un Bodhisattva, una volta fatto il voto di salvare gli esseri viventi, entra nel regno della nascita e della morte (samsāra) che è soggetto alla malattia; se tutti saranno guariti, il Bodhisattva non sarà piú malato. Ad esempio, quando l’unico figlio di un anziano si ammala, anche i suoi genitori si ammalano, e quando riacquista la salute, anche loro guariscono. Ugualmente, un Bodhisattva ama tutti gli esseri viventi come se fossero i suoi figli; cosí quando essi si ammalano, anche il Bodhisattva è malato, e quando si riprendono, non è piú malato. La malattia di un Bodhisattva proviene dalla sua grande compassione (mahā-karunā)».

Ma quando Mañjuśrī interrogò il Bodhisattva malato sulla dottrina della non-dualità, Vimalakīrti rispose con il silenzio. Una risposta cosí eloquente che i commentatori cinesi lo definirono “il silenzio di tuono” di Vimalakīrti.

Sciziano, Bodhisattva d’Occidente

 

Fu Rudolf Steiner, nella conferenza del 31 agosto 1909, contenuta in L’Oriente alla luce del­l’Occidente. I Figli di Lucifero e i Fratelli di Cristo, ad attribuire per primo il titolo di “Bodhisattva d’Occidente” al misterioso personaggio vissuto nei primi secoli d.C. che gli eresiologi cristiani chiamarono Sciziano. Non riporterò qui le testimonianze di questi scrittori, già da me esaminate (vedi Le testimonianze su Sciziano), ma solo le mie conclusioni. Secondo queste fonti, Sciziano è un ricco “saraceno” dedito ai commerci, operante in quella zona carovaniera compresa fra l’antica città di Petra e il Mar Rosso. Ebbe fama di grande Maestro di saggezza, tanto da venir considerato perfino il “precursore” dell’eresia manichea e l’autore dei libri che in realtà vanno ascritti a Mani; si ritirò presso una “vedova”, universale simbolo della Saggezza eterna.

Stando alla ricerca sovrasensibile condotta da Rudolf Steiner, in Sciziano possiamo vedere il “Maestro dei Maestri” della sapienza atlantidea, quale si era preservata all’inabissamento del grande continente. Perciò egli viveva nel massimo occultamento e, come vien detto di certi Bodhisattva, era “difficile da avvicinare” (durāsada). È scritto infatti: «I Bodhisattva che sono nati in un universo misto [come il nostro universo Sahā, contaminato dalla triplice macchia del dolore, della malattia e della morte] hanno una sapienza pungente e sono difficili da avvicinare».

Sciziano è uno dei piú alti iniziati della Terra: lo dimostra, secondo Steiner, tanto il fatto che egli ha il compito di insegnare non solo la reincarnazione dell’uomo, ma anche «ciò che vive da un eone all’altro», quanto il fatto che la sua saggezza «penetra persino nei misteri del corpo fisico». Non è difficile ravvisare in queste concise caratteristiche le stesse qualità che denotano la natura e la missione di Maître Philippe di Lione: i pilastri del suo insegnamento, le sue doti taumaturgiche.

Vimalakīrti, Sciziano, Maître Philippe, in quanto portatori di un’antica Saggezza, dotata della rara potenzialità di conciliare gli opposti, sono, a nostro avviso, tre volti di una medesima individualità, che può essere accostata per rilevanza ai tre Mahāsattva (Grandi Esseri) che la Storia conosce come Zarathuštra, Buddha e Mani.

 

Gabriele Burrini