Castelli di rabbia

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Castelli di rabbia

A furia di promuovere campagne universali per salvare da estinzione la tigre, lo squalo, il lupo, l’orso nelle sue versioni polare, tridentina e marsicana, e nei volatili l’aquila, lo sparviero, il condor, l’avvoltoio, nei rettili l’anaconda gigante, il boa constrictor, il coccodrillo spinoso, ovvero cercando di caldeggiare la sopravvivenza di specie animali minacciate da rarefazione biologica, ci siamo dimenticati di tutelare la specie piú compromessa di tutte, quella umana, alla cui rarefazione molto hanno contribuito proprio quelle specie predatorie di cui sopra. Colpa del Niño, ipotizzano gli studiosi, eredi di quelli che a suo tempo avevano attribuito alla costruzione della Diga di Assuan voluta da Nasser gli sconvolgimenti climatici nell’area mediterranea, in particolare del nostro Paese. E anche recentemente, durante le giornate di inusitata calura che hanno riguardato l’Italia, si è puntato l’indice contro figure e topiche dell’Oltretomba, come Caronte, Flegetonte, Acheronte. E sulle mappe delle previsioni meteo, era dall’Africa che si espandeva verso l’Italia e l’Europa una specie di sbavatura rosso fuoco che stava a indicare nel Continente Nero il responsabile della grande afa.

castello di sabbiaMa a parte le responsabilità vere o presunte del clima rovente, l’estate che volge al termine è stata caldissima. Non se ne registrava una cosí torrida, ci informano i media, dal 1800. L’estate è, per la gran parte, sinonimo di spiaggia, e la spiaggia, almeno per quanto riguarda una tradizione che va esaurendosi, annovera tra i passatempi balneari quello dei castelli di sabbia, con varianti che dal semplice gioco infantile evolvono verso l’arte scultorea, persino monumentaleè. Questo dove l’arenile è reso libero e disponibile dalle autorità locali e dove non si registrano incursioni di spacciatori di ogni tipo di mercanzia, o peggio non si assiste a inseguimenti di ladri e rapinatori da parte delle forze dell’ordine, o an­cora non si incappi nell’evento ancora piú rischioso di terroristi che pubblicizzano ai bagnanti ideali e progetti con sventagliate di kalashnikov. Quando il castello di sabbia è costruito con serietà e fantasia, diventa una proiezione onirica e animica di chi da un grumo di sabbia bagnata e da pochi, spuri elementi decorativi, realizza il luogo perfetto dove vorrebbe abitare. E se per caso un’onda anomala, sciabordando improvvisa, avvolge il castello e lo rovina, le mani dell’artefice si affrettano a rimetterlo in sesto, magari a rifarlo piú bello.

Non tutti però e non sempre. A volte, se il castello si sciupa per un’ondata o per un attentato pallonaro, un fuggitivo da gavettone, un cane sciolto, un passante sbadato o furbescamente dispettoso, il costruttore mette mano a un nuovo castello, poco distante da quello disastrato, se occorre per piú volte, finché tutta la spiaggia è ridotta a una rasa distesa di sabbia da cui spuntano qua e là ruderi di favolosi manieri incappati in un tornado, un evento sempre piú frequente ormai sulle nostre riviere. E che fanno spesso questi abborracciati, surrettizi edificatori di castelli votati all’abban­dono perché mal costruiti? Semplice: si fanno paguri delle rovine lasciate all’incuria e ne ricavano gli elementi con i quali costruirne uno proprio, quasi certamente destinato a fare la stessa fine degli altri: ingombro depredato che dà fastidio ai bagnanti e frustrazione materiale e morale a chi non è riuscito a farne uno solo.

L’umanità, avendo fallito in molti ambiti della sua evoluzione, spolpando la terra delle sue risorse, impiegandole semmai non al servizio del bene comune ma alla formazione e difesa di interessi e privilegi individuali, sta imitando i cattivi costruttori di castelli di sabbia nel volere a tutti i costi saltare dalla dissestata ed esausta realtà terrestre, ridotta a groviera geologica e discarica di buone intenzioni, alla conquista di nuovi mondi astrali, intonse realtà planetarie da ridurre a terre dei fuochi.

Sonda spaziale New Horizons“Spazio, ultima frontiera”. Cosí recitava il motto della fortunata prima serie Tv “Star Trek” mentre l’indomabile e indistruttibile astronave Enterprise, dopo l’ennesima scaramuccia con i Romulani a suon di raggi laser e tricorder, con il suo sincretistico equipaggio agli ordini del supercomandante Kirk, coadiuvato dall’orecchiuto vulcaniano Spock, dal cybertecnico Scott e dal taumaturgico dottor McCoy, sfrecciava nel vuoto cosmico, diretta “là dove nessun essere umano è mai giunto prima”. La fiction televisiva adombrava il sogno umano di conquistare lo spazio, sogno che, ci dicono, è ormai una realtà.

Il 14 luglio scorso, alle ore 13,49, la sonda della Nasa New Horizons ha effettuato un giro di osservazione, ovvero il flyby, di Plutone: dopo essere entrata nell’orbita lo ha sfiorato alla minima distanza di 10.000 chilometri. La sonda, partita da Cape Canaveral nel gennaio 2006, per l’eccezionale in­contro ha impiegato quasi 10 anni di viaggio e 5 miliardi di chilometri percorsi alla velocità di 58mila chilometri l’ora. Plu­tone rappresenta le Colonne d’Ercole del sistema solare. Dopo questo esiguo corpo planetario flottante c’è la cosiddetta Fascia di Kuiper, un oceano ignoto del vuoto cosmico, l’abisso interstellare dove si crede pulsi solo l’eternità. Un dato della natura geologica di Plutone, quasi una stravaganza, ha interessato piú degli altri gli osservatori: Plutone non annega in oceani di idrogeno liquido come Giove e Saturno, o peggio di elio e metano come Urano e Nettuno. No, questo pianetino liminare del nostro sistema solare, che Walt Disney usò per nominare il cane di Topolino, Pluto, è roccioso come Venere, Marte e Mercurio, ma in piú la sua atmosfera ha la proprietà di congelarsi facilmente e trasformarlo quindi in un pianeta ‘on the rock’. Nella temperie di eccezionale canicola di luglio, la scoperta è stata refrigerante. Come è stato rassicurante sapere, specie per i napoletani, che nello spazio il caffè viene bene, non patendo cioè degli inconvenienti delle gravità, dell’acqua chimica, delle tazzine di moplen.

Che lo spazio resti, alla luce dei fatti, un’alternativa alla nostra Terra obsolescente, lo prova il vero e proprio assalto che i Paesi dominanti stanno compiendo nel tentativo di colonizzare altri corpi celesti per spazi di fuga la cui necessità si configura ormai ipotizzabile e impellente. Si gratta ormai il fondo del barile delle risorse energetiche del pianeta. Si dice di continuo che ne abbiamo ancora per un anno, due al massimo. Per ovviare, ad esempio, all’esaurimento delle riserve naturali di greggio, con il rischio di rendere ancora piú critica la loro economia corrotta dalla finanza tossica, gli USA stanno forsennatamente trivellando il territorio con il sistema del fracking, alla ricerca dello scisto, il gas metano. Ma poiché si rendono conto che lo shale gas è un rimedio di breve durata, insieme alla Russia e alla Cina ora anche l’India e la UE impiegano grossi capitali e tecnologie sempre piú sofisticate per cercare nello spazio alternative di risorse energetiche intonse, disponibilità di metalli rari e preziosi, i cui giacimenti terrestri sono pressoché esauriti.

Una costosa avventura, e i personaggi che si rendono protagonisti delle imprese spaziali assurgono a modelli di riferimento.

Una demoscopia condotta tra le trentenni italiane ha rivelato che il loro modello ideale di donna è Samantha Cristoforetti, l’astronauta che ha appena trascorso sette mesi nello spazio. Donne toste sí, ma in odore di fuga, anime esorbitanti dalla realtà di un pianeta che tra siccità bibliche e bombe d’acqua apocalittiche ‒ eccessi climatici che Steiner attribuiva alla corrispondenza tra la coscienza umana e i fenomeni atmosferici e geologici, vedi Lemuria e Atlantide ‒ si avvia, secondo gli esperti, all’estinzione dell’attuale civiltà umana. Evento che non si verificherà solo per fenomeni meteorologici, ma soprattutto per tempeste di tipo psicologico.


Rave partyI castelli ispirati da questi umori turbinosi non di sabbia marina sono fatti ma di rabbia umana, giovanile soprattutto. Nei castelli di rabbia, non melodie festose e balli galanti, ma danze di morte. Allo scoc­care della mezzanotte, via le quinte posticce del Paese dei Balocchi e irruzione in scena della Comare Secca, pronta a falciare, tra le migliaia in estasi chi­mica, gli olocausti pre­destinati, che al sacrificio estremo non sono costretti ma volontariamente si consegnano.

L’estate che volge alla fine ha tempestato la cronaca di riti autodistruttivi, vere fughe dalla vita. Con la partecipazione spesso corale e morale di chi vede in queste uscite nella morte un esercizio di libero arbitrio, cosí che l’episodio piú estremo dell’esistenza umana assume l’aggettivo ‘dolce’. Sulla rete circola da tempo la storia di una progettata uscita ‘dolce’ dalla vita. Protagonista è una ragazza belga, Laura, che affetta da null’altro male che un incurabile tedium vitae, ha chiesto e ottenuto dalle autorità del suo Paese, che ha legalizzato l’eutanasia nel 2002, di poter uscire dal mondo con il metodo previsto da tale pratica, ipocritamente classificata “umanitaria”, mentre in realtà si riduce ad una tragica esecuzione sommaria, però con tanta gratificazione per un’anima che, malata sí di protagonismo con vaghe screziature di narcisismo, lascerà finalmente, confessa, un’esistenza mal patita sin dai tempi dell’asilo.

Che simili rituali li compiano adulti in odio di se stessi e avviliti da fallimenti di vario genere, da quelli lavorativi a quelli affettivi, può risultare in qualche modo comprensibile dal lato umano, anche se condannabile da quello morale, ma quali motivi spingono i giovani a chiamarsi fuori dal mondo? Cosa porta individui per lo piú sani e prestanti, colti, ben inseriti socialmente, come la svuotata Laura, a pronunciare frasi definitive come: «Che ci faccio qui? Io non voglio vivere».

cani abbandonatiIl suicidio autoinflitto, solitario e anonimo, oppure sfacciatamente, sinistramente e spietatamente illuminato dai fari del barnum mediatico, “non è una soluzione”, citando il martellante invito a non abbandonare i cani, che ci ha ammonito dai teleschermi a tutte le ore, tutti i giorni, da tutti i canali. I cani verranno purtroppo abbandonati, come ogni estate. Finiscono di frequente in fondo allo Stivale: in Calabria, in Sicilia, in Puglia. Cani abbandonati, aggregati in branchi, inselvatichiti e famelici, saranno avvistati soprat­tutto nei dintorni dei siti archeologici, dove il gran­de afflusso di visitatori crea la confusione favorevole a un abbandono pseudo-accidentale. Chi scrive li ha incontrati, mute sciolte, affamate e rabbiose, sulla superstra­da di Castel del Monte.

Il male va in vacanza, e poi ritorna. Anche Laura ritornerà dal suo viag­gio nell’oltre, a chiudere un debito karmico lasciato insoluto, e dovrà farlo finché non avrà capito che la vita è tempio e palestra. E che dall’aspra vicissitudine dei giorni, i viventi possono e devono ricavare il miele delle beatitudini.

Certe ‘uscite’ volontarie dei giovani dai castelli estatici dei vari Cocoricò estivi lasciano tuttavia interdetti, amaramente colpiti. E si cercano ragioni, responsabilità, si recitano doverosi mea culpa. Rimane tuttavia, aleggiante nell’aria di questa declinante, torrida estate, il perché dei gesti estremi.

Mancanza di autocoscienza? Salvando le specie in estinzione, agiamo nel campo della fisiologia animale, mentre per salvare l’uomo siamo costretti a muoverci nell’ambito della tipologia spirituale, il che ci vede inadempienti. Massimo Scaligero, in Rivoluzione, discorso ai giovani, ci dà spunti di riflessione su questo tema. Non è la famiglia, grande estinta della nostra civiltà promiscua, la responsabile. E neppure la scuola.

Potrebbero andare alla sbarra le istituzioni politiche, i partiti, le lobby, le mafie di varia estrazione sociale e geografia nazionale o globale. Scaligero indirizza i suoi strali all’opera occulta, perseverante in senso diabolico, dei vari cattivi maestri agenti nel corso della storia recente e remota, nomi, figure e metodi che hanno pervertito il pensare e sentire dei singoli.

I cattivi maestri sono, diceva Jerome Lawrence, «geni nevrotici che edificano i castelli in aria in cui vanno ad abitare individui psicotici. Unico beneficiario di tutto è lo psichiatra, che incassa l’affitto». Scaligero, nel libro citato, non esita a definire tale meccanismo di subornazione “Il soggiogamento dei primitivi”: «Il pensiero umano si muove oggi inconsapevolmente a un livello inferiore a quello fornito dall’esperienza sensibile. Gli impulsi coltivati dall’immaginazione recano impronta subsensibile e ascendono sul piano mentale senza trovare autonomia del pensiero, onde essi lo manovrano, fornendo efficienza a concetti morti, a ideologie mediocri, a luoghi comuni propagandistici che acquisiscono risonanza fatidica, a sofismi e paralogismi, la cui dialettica assume la carica vitale e la potenza impersonale del demonismo mistico. Ci si trova di fronte ad una produzione che formalmente sembra comportarsi secondo le leggi della dialettica, ma in realtà muove secondo le forze deteriorate della psiche. Tale dialettica in nessun punto di sé può avere il dubbio circa il proprio fondamento: essa stessa assume la funzione di fondamento. Chi ne è preso, sa tutto ed è ormai prigioniero di un “sapere assoluto” riguardante la storia, l’economia, l’evoluzione dell’uomo: in forma che appare nuova, o rivoluzionaria, regredisce verso l’antico dogmatismo. …A tali intellettuali non interessa elevare il primitivo …ma trasmettergli la propria fede: non interessa che egli divenga logico e libero, ma che sia strumento del loro mito. …La retorica piú trascendente è quella di intellettuali come Adorno, Marcuse, Habermas ecc: la cui critica della società …raggiunge raffinatezze sublimi, riconoscibili appunto come veste del momento di autolimitazione metafisica del pensiero stesso che ha costruito tale società. Questo pensiero, allorché lascia il piano critico-teoretico e diviene pragmaticamente tecnico, sociale, economico, produce il tipo di organismo sociale posto sotto accusa: acciocché l’accusa possa eccitare l’ulteriore serie di intellettuali e di borghesi al loro livello istintivo, che è dire primitivo. Il primitivo tipologico …soprattutto se di giovane età, può essere agevolmente manovrato sino a una rivolta contro l’ordine costituito, che appare rivoluzione, ma non è, perché non muove da idee, bensí dall’asservimento dell’idea all’istinto. …Che gli istinti vengano soddisfatti mediante edonismo borghese o mediante voluttà di sovversione …non cambia l’asservimento dell’umano alla natura animale. …In sostanza le vie della nevrosi, degli eccessi dialettico-analitici, degli isterismi di massa, delle mitiche vie mistiche o magiche, della psicanalisi ecc., possono ravvisarsi come segni dell’impresa non riuscita dell’autocoscienza …come i postumi discorsivi delle crollate filosofie dell’Io».


Ecco allora che le parole di Scaligero indicano il percorso che l’intellettualismo materialista, partendo dal vertice della piramide culturale, dalla fucina del pensiero che ha spento il suo volo di libertà nella pania dei sensi, è disceso fino alla base, prevaricando anime immature, ‘primitive’ per la loro vulnerabilità e permeabilità. Anime che si lasciano asservire dall’istinto, dalla voluttà di morte, che si rivela essere, nel caso dei giovani, l’acme della sovversione, ossia rito autodistruttivo dell’Io.

Come far uscire la gioventú, la futura società umana in potenza, dalla libido mortis, dal vortice del nulla? Tante le proposte, quasi tutte originanti proprio da una dialettica che trova in se stessa il proprio fondamento: un cane che si morde la coda, ed è un cane arrabbiato per l’abbandono, il tradimento delle figure base di riferimento: la famiglia, la scuola, la cultura, la spiritualità. Anche esse però vittime dei castelli di rabbia in cui la storia, la politica, l’economia, la religione, le hanno da tempo confinate.

onoscenza vivente della naturaRudolf Steiner, nella sua conferenza del 6 gennaio 1923, Conoscenza vivente della natura, O.O. N° 220, dà indicazioni sul modo di comportarsi dei giovani, nel quotidiano e nello spirituale: «Possano i giovani dare del loro meglio, possano gli anziani comprenderlo, possa una parte avere comprensione per l’altra, perché cosí andremo avanti. Facciamo in modo che dai giorni tristi che abbiamo attraversato, dal dolore di cui siamo pervasi, entrino nel nostro cuore decisioni che non siano solo desideri o promesse, ma che entrino tanto a fondo nelle nostre anime da poter diventare azioni. Anche in ristrette cerchie avremo bisogno di azioni, se vorremo pareggiare la grave perdita. Le azioni dei giovani, avviate sulla giusta via, sono utili al mondo. La cosa piú bella che possa desiderare un anziano è di collaborare con persone che sono ancora in grado di compiere azioni da giovani. Sapendolo nel modo giusto, ci vengono incontro i giovani anche con piena comprensione. Potremo noi stessi fare ciò che è necessario per pareggiare la nostra grave perdita solo se i giovani, che possono portare incontro quanto è necessario per l’avvenire, potranno vedere (certo con loro grande soddisfazione) da begli esempi che cosa gli anziani saranno in grado di fare per pareggiare la nostra perdita».

E nella conferenza del 20 gennaio dello stesso ciclo non manca di ammonire e istruire gli adulti di fronte allo smarrimento che hanno le anime acerbe: «Non si raggiunge comunque una verità spirituale senza una certa misura di bontà, di senso del bene. Si deve infatti avere la capacità di sviluppare per gli altri interesse e dedizione: quello che ieri ho caratterizzato dicendo che in effetti la morale comincia soltanto a formarsi quando nel proprio corpo astrale si avvertono le preoccupazioni degli altri come proprie preoccupazioni. Qui comincia la morale, altrimenti essa è soltanto ripetizione di prescrizioni convenzionali o di abitudini. L’azione morale che ho descritto nella mia Filosofia della libertà è legata alla partecipazione del proprio corpo astrale alle manifestazioni che si rivelano nel sorriso e nelle rughe del nostro prossimo. Se nella convivenza umana non si ha questo immedesimarsi dell’anima propria nell’essere dell’altro, non può formarsi il senso per la vera e reale vita della spiritualità».

Castelli di sabbia rovinatiGiovani e adulti, tutti, in un tempo o nell’altro, prigionieri dei castelli di rabbia in cui ci rinchiude la vita, o peggio nei quali ci rinchiudono il nostro orgoglio, l’astrale ferito, l’Io sedotto dal Non Essere.

E non è questa la via, non il destino per il quale le anime nascono, vivono e muoio­no. La grande spiaggia del mondo è disseminata di castelli mal riusciti, abbandonati, cancellati dalla marea incessante del divenire. Inutile farne altri, come è futile sogno cercare altre spiagge dove iniziare un gioco che ci porterà allo stesso risultato di fallimento. Sappiamo bene che questa Terra è la spiaggia a noi assegnata dal Mondo spirituale, e che è soltanto qui il luogo dove ricavare, dagli inevitabili dolori e dalle difficili ma preziose beatitudini del vivere, il luminoso Castello del Graal.

E allora andiamo sulla riva del mare. L’estate riserva ancora calme radiose, orizzonti con il fuoco vibrante di albe e tramonti. Il sole ci benedice con residui tepori. Ora è il tempo giusto per costruire.

 

Leonida I. Elliot