Sul mistero del Fantoma

Esoterismo

Sul mistero del Fantoma – Digressioni sul Fantoma – Kashyapa – Buddha Maitreya

Riporto qui di seguito la conferenza tenuta da Steiner a Colonia l’11 aprile 1909 (O.O. N° 109):

 

«Un simbolo cosí significativo come quello della festa di Pasqua ha per diretta conseguenza che le nostre anime e i nostri cuori diventano sempre piú atti a contemplare i profondi sostrati dell’enigma che ci si presenta nella natura umana. Poniamo perciò ancora una volta davanti al nostro occhio spirituale la leggenda orientale di cui abbiamo cominciato a parlare l’ultima volta, quella leggenda di cui abbiamo già potuto intuire l’enigma che essa racchiude sulla natura dell’uomo: la leggenda di Kashyapa, il grande saggio, l’Illuminato discepolo di Shakyamuni, il quale, con il suo grandioso sguardo e con il suo gigantesco impulso all’azione, compendiò tutta la saggezza dell’Oriente, e di cui ben a ragione è stato detto che tutti i suoi seguaci non riusciranno a conservare, neppure lontanamente, quello che egli attinse alla profonda sorgente di saggezza di Shakyamuni, quello che, ultimo, egli donò all’umanità come retaggio della saggezza primordiale.

Kashyapa nella cavernaLa leggenda dice che, avvicinandosi la morte a Kashyapa, e sentendo egli che il suo Nirvana stava per giungere, andò nella caverna di una montagna. Lí egli morí in piena coscienza, e il suo corpo rimase incorruttibile, irreperibile per tutta l’umanità esteriore e reperibile solo per coloro che, mercé l’Iniziazione, sono diventati maturi a penetrare in siffatti segreti. Nella misteriosa caverna giace, dunque, nascosto il corpo incorruttibile di Kashyapa. E fu predetto che, nuovo grande annunziatore della saggezza primordiale, sarebbe apparso un giorno in nuova figura il Maitreya Buddha, il quale, asceso al vertice della sua esistenza terrena, sarebbe guidato nella caverna in cui giace il cadavere di Kashyapa; lo avrebbe toccato con la sua mano destra, e un prodigioso fuoco sarebbe disceso dall’universo, avrebbe avviluppato il corpo incorruttibile di Kashyapa e lo avrebbe trasportato nei mondi spirituali superiori.

Cosí l’Oriente, che comprende una siffatta saggezza, attende la riapparizione del Maitreya Buddha e la sua azione sul corpo incorruttibile di Kashyapa. Avranno luogo questi due eventi? Apparirà il Maitreya Buddha? Saranno allora gli incorruttibili resti di Kashyapa portati via dal prodigioso fuoco celeste? La profonda saggezza riposta in questa leggenda, potremo intuirla col nostro vero sentimento pasquale, se cercheremo di comprendere che cosa sia il prodigioso fuoco che deve accogliere in sé i resti di Kashyapa.

Abbiamo già visto come, nell’epoca nostra, la divinità si manifesti mediante una polarità: da un lato mediante il macrocosmico fuoco del lampo, dall’altro mediante il microcosmico fuoco del sangue. Abbiamo visto che fu il Cristo ad annunziarsi a Mosè nel roveto ardente e nei tuoni e lampi del Sinai. Non fu nessun’altra potenza che il Cristo a dire a Mosè: “Io sono l’Io sono”. Fu lui a dare i Dieci Comandamenti nel fuoco del Sinai. In tal modo egli fu il precursore di se stesso. Poi apparve, in figura microcosmica, in Palestina. Nel fuoco che vive nel nostro sangue è presente la stessa divinità che si annunzia nel fuoco celeste e che s’incarnò poi in un corpo umano nel mistero di Palestina, per compenetrare con la sua forza il sangue in cui il fuoco umano risiede. E in virtú di questo evento, se ne cogliamo le conseguenze, se ne cogliamo il significato per l’esistenza della terra, noi potremo trovare quel fuoco fiammeggiante che assumerà in sé i resti di Kashyapa.

Tutto il divenire del mondo consiste nel graduale spiritualizzarsi dell’elemento materiale. Nel fuoco materiale del roveto ardente e del Sinai apparve a Mosè un segno esteriore della potenza divina. Mercé l’evento del Cristo questo fuoco si è spiritualizzato. E da quando la potenza del Cristo si è introdotta nella nostra terra, chi è che vede l’ardente fuoco spirituale? Chi è che può percepirlo?

Può percepirlo l’occhio spirituale che si apre mercé l’impulso stesso del Cristo, e che l’impulso del Cristo ha destato. L’occhio spirituale vede, spiritualizzato, il fuoco sensibile del roveto ardente. E da quando l’impulso del Cristo ha risvegliato l’occhio spirituale, anche quel fuoco agisce spiritualmente nel nostro mondo.

Quando è che questo fuoco fu percepito di nuovo? Fu percepito di nuovo quando, sulla via di Damasco, l’occhio illuminato di Saulo, divenuto chiaroveggente, vide raggiare e riconobbe nel fuoco celeste Colui che aveva attuato il mistero del Golgotha. Entrambi dunque videro il Cristo: Mosè nel fuoco materiale, nel roveto ardente e nei lampi del Sinai, dove solo alla sua interiorità poté annunziarsi che era il Cristo a parlargli; e Paolo, al cui occhio spirituale, nel fuoco spirituale si mostrò il Cristo. Come materia e Spirito si stanno di fronte nel divenire del mondo, cosí si stanno anche di fronte il prodigioso fuoco materiale del roveto ardente e del Sinai e la prodigiosa apparizione di fuoco che irraggiò dalle nuvole a Saulo divenuto Paolo. Quale significato ebbe per tutto il divenire del mondo questo evento?

Guardiamo indietro alla grande schiera di coloro che hanno beneficato l’umanità, di coloro che hanno aiutato l’umanità a redimersi; guardiamo alle grandi figure che sono state la manifestazione esteriore degli avatar, delle potenze divino-spirituali che, di epoca in epoca, discendevano dalle altezze spirituali per assumere figura umana; guardiamo a Vishnu, a Krishna, agli altri che dovettero apparire affinché l’umanità potesse ritrovare la via verso i mondi spirituali. Perché l’umanità potesse ritrovare questa via, occorreva, in passato, che una forza divina discendesse dal cielo. Ma in virtú del mistero del Golgotha fu data all’uomo la facoltà di trovare nella sua stessa interiorità le forze che potevano farlo ascendere, che potevano trasportarlo nei mondi spirituali.

Il Cristo discese piú profondamente, assai piú profondamente di quanto non fossero discese quelle antiche guide dell’umanità; non solo egli apportò forze celesti al corpo terrestre, ma spiritualizzò talmente questo corpo terrestre, che da allora gli uomini, in virtú di tali forze, poterono ritrovare la via ai mondi spirituali. Le guide precristiane hanno redento l’umanità con forze divine. Il Cristo l’ha redenta con forze umane. In lui queste forze umane sono state presentate alle nostre anime in tutta la loro potenza originaria. Che cosa sarebbe avvenuto della nostra terra se il Cristo non fosse apparso? Poniamoci oggi questa grave, questa incisiva domanda.

Dai mondi spirituali erano potute discendere, una dopo l’altra, le diverse guide che portarono al mondo la redenzione: ma in ultimo esse poterono trovare sulla terra solo uomini tanto profondamente immersi nella materia, che da questa materia corrotta e impura le forze divino-spirituali pure non avrebbero piú potuto risollevare l’uomo. E i grandi saggi dell’Oriente guardavano all’av­venire profondamente afflitti e dolenti perché sapevano che il Maitreya Buddha sarebbe apparso per rinnovare la saggezza primordiale, ma che nessun discepolo avrebbe potuto accoglierla. E sapevano che se il divenire del mondo fosse proceduto in tal modo, il Maitreya Buddha avrebbe predicato ad orecchie sorde, e non avrebbe piú potuto essere compreso dagli uomini, totalmente immersi nella materia. La materializzazione che sarebbe avvenuta sulla terra avrebbe fatto talmente inaridire il corpo di Kashyapa, che il Maitreya Buddha non sarebbe stato piú in grado di trasportarlo nelle altezze divino-spirituali. Profondamente rattristati, coloro che piú comprendevano la saggezza dell’Oriente guardavano all’avvenire, e pensavano che forse la terra non sarebbe stata piú in grado di portare comprensione e sentimento incontro al Maitreya Buddha che doveva apparire.

Ma una possente forza celeste doveva irraggiarsi nella materia fisica, doveva sacrificarsi entro la materia fisica. E questo avrebbe potuto effettuarlo non un dio con la maschera della figura umana ma un vero uomo dotato di forze umane, che portasse in sé la divinità. L’evento del Golgotha doveva aver luogo affin­ché la materia in cui l’uomo è immerso fosse preparata, fosse purificata, affinché il contenuto della materia in tal modo purificato e santificato rendesse possibile che, per le future incarnazioni, la saggezza originaria del mondo tornasse ad essere comprensibile agli uomini. E ora l’umanità deve essere portata a comprendere che l’evento del Golgotha ha realmente agito in questo senso. Che cosa è stato infatti per l’umanità l’evento del Golgotha? Quanto profondamente si è esso immerso nell’essere umano e nella vita umana?

Abbracciamo con lo sguardo un lungo periodo di oltre dodici secoli. Risaliamo ai secoli prima dell’evento del Golgotha e a sei secoli dopo. Guardiamo a certi fatti che si sono svolti nelle anime umane durante questo periodo. Veramente, non si potrebbe porre davanti all’anima umana nulla di piú grandioso e di piú significativo che quel momento di cui la leggenda ci parla come della graduale illuminazione del Buddha. Il Buddha proviene da un ambiente regale. Non è nato in una stalla fra poveri pastori. Ma non questo deve essere messo in evidenza, bensí il fatto che egli esce da questo suo ambiente regale, e che trova quello che fino allora non aveva trovato: la vita nei suoi diversi aspetti. Trova un bambino debole e miserabile. Nell’esistenza in cui, mediante la nascita, l’uomo entra, viene largito il dolore. Il Buddha sente che la vita è dolore.

Poi, con la sua anima sensibile, vede un malato, un infermo. Cosí può diventare l’uomo quando, per la sete dell’esistenza, viene immerso nel mondo terrestre: malattia e dolore.

Poi trova un vecchio divenuto invalido per la tarda età. Che cos’è che viene largito all’uomo dalla vita, che cos’è che a poco a poco gli toglie la signoría delle sue membra? La vecchiaia è dolore.

E poi egli vede un cadavere. La morte gli sta davanti con tutta la distruzione e l’estinzione della vita. La morte è dolore.

Allora il Buddha investiga il valore della vita e dice: essere separati da ciò che si ama è dolore; essere uniti con ciò che non si ama è dolore; non ottenere ciò che si desidera è dolore.

Grandiosa e possente e profonda risuonò nei cuori umani e nelle anime umane la dottrina del dolore. Innumerevoli uomini appresero la profonda verità che la liberazione dal dolore si effettua mercé l’estinguersi della sete dell’esistenza; appresero che dovevano aspirare ad uscire dall’esistenza terrestre fisica, che dovevano tendere a liberarsi dalle incarnazioni terrene, e che solo l’estinguersi della sete dell’esistenza poteva condurli alla redenzione e alla liberazione dal dolore. In verità, è un vertice sommo dell’evoluzione dell’umanità che in tal modo ci si presenta all’anima.

Giotto «Crocifisso»

Giotto «Crocifisso»

Lasciamo dunque ora spaziare il nostro sguardo su di un perio­do di dodici secoli, da seicento anni prima della nostra èra a seicento anni dopo la nostra èra. E mettiamo in evidenza il fatto che, a metà di questo periodo, è avvenuto il mistero del Golgotha. Nell’epoca del Buddha una cosa è saliente: il cadavere e quello che il Buddha sentí ed insegnò al suo cospetto. E sei secoli dopo l’evento del Golgotha è saliente il fatto che innumerevoli anime, che innumerevoli sguardi, si rivolgevano ad una croce di legno a cui stava appeso un çcadavere; ma da questo cadavere vennero all’umanità gli impulsi che spiritualizzano la vita, gli impulsi per cui la morte è superata dalla vita. È il polo opposto a quello che il Buddha aveva sentito al cospetto di un cadavere.

Il Buddha aveva visto un cadavere, e al suo cospetto aveva riconosciuto la nullità della vita. Gli uomini che vissero sei secoli dopo l’evento del Golgotha, contemplavano con devoto fervore il cadavere sulla croce. Esso era per loro il segno della vita, e nelle loro anime nacque la certezza che l’esistenza non è dolore, ma che essa porta, oltre la morte, alla salute. Seicento anni dopo l’evento del Golgotha, il cadavere del Cristo Gesú sulla croce diventò il segno commemorativo della vita, della resurrezione, del superamento della morte, come seicento anni prima del mistero del Golgotha il cadavere significava che l’uomo che entra nel mondo fisico per sete di esistenza, deve soggiacere al dolore. In tutta l’evoluzione dell’umanità, non si può trovare una inversione maggiore di questa.

Se sei secoli prima l’entrare nel mondo fisico significava per gli uomini dolore, come si presenta ora all’anima, dopo l’evento del Golgotha, la grande verità del dolore della vita? Come si presenta questa verità a quegli uomini che guardano con profonda comprensione alla croce sul Golgotha? È veramente dolore la nascita, come diceva il Buddha? Coloro che guardano con comprensione alla croce sul Golgotha, che si sentono congiunti con essa, dicono: la nascita conduce l’uomo ad una terra che ha potuto avviluppare il Cristo con le sue sostanze. Volentieri perciò ci si può accingere a calcare la terra sulla quale si è aggirato il Cristo. E mediante l’unione con il Cristo sorge nell’anima la forza che fa ascendere gli uomini al Mondo spirituale, sorge la certezza che la nascita non è dolore ma che è una porta d’accesso alla via verso il Redentore, il quale si è rivestito delle stesse sostanze fisiche che costituiscono l’involucro corporeo dell’uomo.

Forse che la malattia è dolore? No. Cosí dicevano coloro che comprendevano nel suo vero senso l’impulso del Golgotha. No, la malattia non è dolore. Se anche oggi l’umanità non può ancora comprendere che cosa sia in verità la vita spirituale che si effonde con il Cristo, in avvenire gli uomini impareranno a comprenderlo, ed essi allora sapranno che chi si farà pervadere dall’impulso del Cristo, chi compenetrerà la propria interiorità con la forza del Cristo, quegli potrà anche superare ogni malattia, mercé le alte forze risanatrici che si svilupperanno in lui. Perché il Cristo è il grande salvatore del­l’umanità. Nella sua potenza si compendia tutto ciò che l’alta forza risanatrice può veramente sviluppare dallo spirituale, tutto ciò che è atto a vincere la malattia, La malattia non è dolore. La malattia è un’occasione per superare un ostacolo, in quanto l’uomo sviluppa in sé la forza del Cristo.

Intorno agli acciacchi della vecchiaia l’uomo deve, similmente, fare chiarezza. Quanto piú aumenta la debolezza delle nostre membra, tanto piú noi possiamo diventarne signori, tanto piú possiamo crescere spiritualmente, mercé la forza del Cristo che dimora in noi. La vecchiaia non è dolore, perché ogni giorno di piú noi ci avviciniamo al Mondo spirituale. Ed anche la morte non è dolore, perché nella resurrezione essa è vinta. Mercé l’evento del Golgotha la morte è stata superata.

Può ancora essere per noi dolore la separazione da ciò che amiamo? No. Le anime che si compenetrano della forza del Cristo sanno che l’amore può intrecciar vincoli da anima ad anima, superando ogni ostacolo materiale, vincoli nello spirituale, che sono infrangibili; e non esiste nulla, nella vita fra nascita e morte e fra la morte e una nuova nascita, nulla cui non si possa ricongiungersi nello Spirito in virtú dell’impulso del Cristo. Se noi ci compenetriamo dell’impulso del Cristo, è impensabile che si possa restare separati per sempre da ciò che amiamo. Il Cristo ci ricongiunge con ciò che noi amiamo.

Similmente essere uniti con ciò che non amiamo non può essere dolore, perché l’impulso del Cristo, se lo accogliamo nella nostra anima, ci insegna ad amare in modo adeguato ogni cosa. L’impulso del Cristo ci mostra la via; e se noi troviamo questa via, non potrà mai piú essere un dolore l’essere uniti con ciò che non si ama; perché nulla piú esiste che non si possa circondare d’amore. Né, con il Cristo, potrà essere dolore il non ottenere quello che si desidera; perché le sensazioni e i sentimenti dell’uomo e i suoi appetiti saranno talmente purificati e nobilitati mercé l’impulso del Cristo, che gli uomini desidereranno ormai solo quello che potranno avere. Non soffriranno piú per la privazione di qualche cosa; perché, se ne sono privati, è per una purificazione, e il Cristo dà loro la forza di sentire questa privazione come una purificazione, e perciò non piú come un dolore.

Che cosa è dunque l’evento del Golgotha? È il graduale superamento di quella che il Buddha presentò come la dottrina del dolore. Nessun altro impulso nel divenire del mondo e nella natura del mondo è maggiore di quello che proviene dall’evento del Golgotha. Perciò possiamo anche comprendere che questo impulso continua ad operare e che avrà delle conseguenze positive e possenti per l’umanità avvenire. Il Cristo è il grande avatar, che è disceso sulla terra; e quando un’entità come quella del Cristo in Gesú di Nazareth discende nell’esistenza terrena, allora avviene qualcosa di misterioso, qualcosa di altissimamente significativo: come, in piccolo, noi immergiamo nella terra un granello di frumento, ed esso germina, e ne crescono fusti e spighe che portano molti, moltissimi grani, copie di quell’unico granello di frumento che abbiamo immerso nel terreno, cosí avviene nel Mondo spirituale. Infatti, come dice Goethe, “tutto l’effimero è solo un simbolo”; e in questa moltiplicazione del granello di frumento possiamo scorgere una immagine, una similitudine per i mondi spirituali.

Quando il mistero del Golgotha si compí, avvenne qualcosa nel corpo eterico e nel corpo astrale di Gesú di Nazareth: mercé la forza del Cristo che vi dimorò, questi corpi si moltiplicarono; e da allora nel Mondo spirituale sono presenti molte, moltissime copie del corpo astrale e del corpo eterico di Gesú di Nazareth. E queste copie continuano ad operare.

Quando un’entità umana da altezze spirituali discende nell’esistenza fisica, essa si riveste di un corpo eterico e un corpo astrale. Ma se nei mondi spirituali sono presenti le copie del corpo eterico e del corpo astrale di Gesú di Nazareth, allora agli uomini ai quali il destino lo consente accade qualcosa di molto speciale. Dopo che il mistero del Golgotha fu compiuto, quando il karma di un’individualità lo permetteva, veniva intessuta in essa una copia del corpo eterico o del corpo astrale di Gesú di Nazareth. Tale fu, per esempio il caso di Agostino nei primi secoli del Cristianesimo. Quando questa individualità discese da altezze spirituali e si rivestí di un corpo eterico, nel suo corpo eterico venne intessuta una copia del corpo eterico di Gesú di Nazareth. Questa individualità possedeva un suo Io ed un suo corpo astrale, ma nel suo corpo eterico era intessuta una copia del corpo eterico di Gesú di Nazareth.

Cosí, quello che aveva avviluppato l’uomo-dio di Palestina, si trasmise ad altri uomini che dovevano a loro volta portare a tutta l’umanità la trama di questo grande impulso. In quanto fece assegnamento sul suo stesso Io e sul suo corpo astrale, Agostino fu esposto a tutti i dubbi, a tutti i vacillamenti, a tutti gli errori; e con difficoltà riuscí a superare tutto ciò che proveniva dalle parti ancora imperfette della sua entità. Tutte le sue prove, egli le attraversò con un giudizio soggetto all’errore, con gli errori del suo Io. Ma superate che le ebbe, quando il suo corpo eterico cominciò ad agire, allora le forze che erano intessute in esso in virtú della copia del corpo eterico di Gesú di Nazareth, si aprirono un varco. Ed allora Agostino diventò colui che fu in grado di annunziare all’Occidente una parte delle grandi verità dei Misteri. Cosí, a molti di coloro che ci sono noti come i grandi portatori del Cristianesimo in Occidente, a molti di quelli che furono chiamati a trasmettere l’azione del Cristianesimo nel quarto, nel quinto, nel sesto, fin nel decimo secolo. a molti di coloro che portavano intessuta nel loro corpo eterico una copia del corpo eterico di Gesú di Nazareth, a molti di questi poterono presentarsi le grandi idee, le grandi idee archetipiche. Poterono sorgere in loro le grandiose visioni, i grandiosi modelli che furono poi raffigurati dai grandi pittori e scultori.

Gianni De Luca  «Saulo sulla via di Damasco»

Gianni De Luca  «Saulo sulla via di Damasco»

Dove hanno avuto origine questi modelli, questi archetipi per i dipinti che ancor oggi ci edificano? Hanno avuto origine dalle copie del santo corpo eterico di Gesú di Nazareth, intessute negli uomini del quinto, sesto, settimo e ottavo secolo della nostra èra: grazie a queste ebbero origine in quegli uomini le grandi illuminazioni che trasmettevano un contenuto del Cristianesimo per cui non occorreva una tradizione storica. Non solo questi uomini possedevano il contenuto dell’insegna­mento del Cristo, ma portavano intessuta in loro una copia del corpo eterico di Gesú di Nazareth, per cui non avevano bisogno di una tradizione storica che trasmettesse loro i fatti del Cristianesimo; per illuminazione interiore essi sapevano che il Cristo vive, perché portavano in sé una parte di Gesú di Nazareth. Essi lo sapevano come lo sapeva Paolo, che il Cristo vive; come lo sapeva Paolo che aveva veduto apparire il Cristo nel fiammeggiante spiritualizzato fuoco celeste. Forse che Paolo si convertí prima, si fece convincere dal racconto degli eventi di Palestina? Nessuno dei fatti grandiosi che poterono essergli narrati furono in grado di trasformare Saulo in Paolo; tuttavia l’impulso principale per la diffusione esteriore del Cristianesimo provenne da Paolo, provenne da colui che non aveva creduto alla narrazione dei fatti avvenuti sul piano fisico, ma che credette grazie ad un evento occulto del Mondo spirituale.

È pur strano che ci siano delle persone che vogliono avere un Cristianesimo senza illuminazione spirituale! Mai, infatti, il Cristianesimo si sarebbe diffuso nel mondo senza l’illuminazione spirituale di Paolo. È ad un evento sovrasensibile che la diffusione esteriore del Cristianesimo deve la sua esistenza.

E. Blair Leighton  «Elisabetta di Turingia»

E. Blair Leighton «Elisabetta di Turingia»

Piú tardi poi il Cristianesimo si propagò attraverso coloro che, nel modo descritto, potevano sperimentare il Cristo in un’illuminazione interiore, potevano sperimentare anche il Cristo storico, perché portavano in sé quello che era rimasto del Cristo storico e dei suoi involucri. Nei secoli XI, XII, XIII e XIV, altri uomini, che erano maturi a ciò e che vi erano chiamati dal loro karma, ricevettero intessute in loro delle copie del corpo astrale di Gesú di Nazareth. Fra questi uomini che portavano in sé una copia del corpo astrale di Gesú di Nazareth, vi erano per esempio Francesco d’Assisi, Elisabetta di Turingia ed altri ancora. Se non si conosce ciò, le vite di Francesco di Assisi e di Elisabetta di Turingia, per esempio, ci restano incomprensibili. Tutto quanto ci appare cosí singolare nella vita di Francesco d’Assisi, dipende dal fatto che l’Io di Francesco era l’Io umano di questa individualità umana; ma tutta l’umiltà, tutta la dedizione, tutto l’ardore che noi ammiriamo tanto in Francesco d’Assisi dipendono dal fatto che nel suo corpo astrale era intessuta una copia del corpo astrale di Gesú di Nazareth. Una tale copia era intessuta anche in alcune personalità di quell’epoca. Cosí esse diventano per noi, che sappiamo come stanno le cose, degli esempi da imitare. Chi voglia andare a fondo delle cose, come potrebbe, per esempio, comprendere la vita di Elisabetta di Turingia, ignorando che in essa stava intessuta una copia del corpo astrale di Gesú di Nazareth? Molti, molti erano chiamati, in virtú di questa forza continuamente operante del Cristo, a trasmettere alla posterità questo possente impulso.

Ma per i tempi posteriori qualcos’altro ancora era tenuto in serbo. Innumerevoli copie dell’Io di Gesú di Nazareth rimasero conservate. Questo Io era bensí scomparso dai suoi tre involucri, quando in essi penetrò il Cristo; ma un’impronta ne è rimasta, un’impronta resa ancor piú alta dall’evento del Cristo; e questa impronta dell’Io si è moltiplicata all’infinito. In questa copia dell’Io di Gesú di Nazareth abbiamo qualcosa che ancor oggi è presente nel Mondo spirituale. Sí, questa copia dell’Io di Gesú di Nazareth possono trovarla quegli uomini che se ne sono resi maturi; e insieme possono trovare anche lo splendore della forza del Cristo e dell’impulso del Cristo che essa porta in sé.

L’espressione fisica esteriore dell’Io è il sangue. Questo è un grande mistero; ma ci sono sempre stati uomini che l’hanno saputo, uomini cui era noto il fatto che nel Mondo spirituale esistono delle copie dell’Io di Gesú di Nazareth. E ci sono sempre stati degli uomini che, attraverso i secoli, a partire dall’evento del Golgotha, hanno curato in segreto che l’umanità lentamente si maturasse affinché degli uomini potessero accogliere le copie dell’Io di Gesú di Nazareth, cosí come altri ne avevano accolto il corpo eterico e il corpo astrale. Occorreva per questo scoprire il segreto di come questo Io potesse conservarsi, nel piú grande silenzio, nel piú profondo mistero, fino al momento adatto dell’evoluzione dell’umanità e della terra. Si formò perciò una confraternita di Iniziati che custodirono questo segreto: la confraternita del Santo Graal. Essa custodiva questo segreto. Questa comunità è sempre esistita. E si dice che il suo fondatore fosse colui che aveva preso la coppa di cui il Cristo Gesú si era servito nella sacra cena, e che in questa coppa avesse raccolto il sangue del Redentore, fluito dalle sue ferite sulla croce. Egli aveva raccolto il sangue, l’espressione dell’Io, in quella coppa, nel Santo Graal. Aveva conservato la coppa con il sangue del Redentore, con il segreto della copia dell’Io del Cristo Gesú; l’aveva conservata in un luogo sacro, nella confraternita di cui fanno parte, con le loro istituzioni e la loro Iniziazione, i fratelli del Santo Graal.

Oggi è giunto il tempo in cui questi segreti possono venir comunicati, purché i cuori degli uomini se ne siano resi maturi mercé una vita spirituale, e possano cosí sollevarsi alla comprensione di questo grande mistero. Quando, mercé la Scienza dello Spirito, le anime si desteranno alla comprensione di questi segreti, quando le nostre anime potranno giungere a questa comprensione, allora esse saranno mature, al cospetto di quella sacra coppa, per comprendere il mistero dell’Io del Cristo, dell’Io eterno che ogni uomo può diventare. Il mistero è questo: solo che gli uomini, mercé la Scienza dello Spirito, devono imparare ad accostarsi a questo segreto come ad un fatto concreto, per poter accogliere, al cospetto del Santo Graal, l’Io del Cristo. Per questo occorre poter intendere quello che è avvenuto come un fatto reale, occorre prenderlo come un fatto reale.

E quando gli uomini si saranno sempre piú preparati ad accogliere l’Io del Cristo, allora l’Io del Cristo si effonderà sempre piú nelle loro anime; e allora esse si svilupperanno e si avvicineranno sempre piú al grande modello di ogni uomo, al Cristo Gesú. Gli uomini apprenderanno in tal modo a vedere nel Cristo Gesú il grande ideale dell’umanità. E quando l’umanità avrà compreso ciò, allora, nella sua piú profonda interiorità, essa comincerà a intuire che la certezza e la verità sull’eternità della vita provengono dal cadavere appeso al legno della croce sul Golgotha. E coloro che saranno ispirati e compenetrati dall’Io del Cristo, i cristiani dell’avvenire, comprenderanno anche dell’altro: comprenderanno quello che finora solo gli Illuminati hanno compreso. Non solo essi comprenderanno il Cristo passato attraverso la morte, ma comprenderanno anche il Cristo trionfante, il Cristo preannunziato dall’Apocalisse, il Cristo che risorge nel fuoco spirituale. E la festa di Pasqua potrà essere sempre per noi un simbolo per il Risorto, un vincolo che congiunge il Cristo sulla croce con il Cristo trionfante, con il Cristo risorto e asceso al cielo, con il Cristo che porta con sé in alto tutti gli uomini, alla destra del Padre.

Cosí il simbolo pasquale ci addita la prospettiva di tutto l’avvenire della terra, ci addita l’avvenire dell’evoluzione dell’umanità; e diventa per noi il pegno che ogni uomo ispirato dal Cristo sempre piú da Saulo si trasformerà in Paolo, e sempre piú sarà in grado di contemplare il fuoco spirituale. In verità, come il Cristo preannunziando se stesso apparve a Mosè e ai suoi seguaci nel fuoco sensibile del roveto ardente e nei lampi sul Sinai, cosí ci apparirà in avvenire nel fuoco spiritualizzato. Egli è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo, ed apparirà nel fuoco spirituale a coloro che si lasceranno illuminare dalla luce dell’evento del Golgotha. Gli uomini lo vedranno nel fuoco spirituale. Prima essi l’hanno veduto in altra figura; in avvenire essi vedranno la vera figura del Cristo in un fuoco spirituale.

Ma avendo il Cristo agito cosí profondamente entro l’esistenza terrena, fin nella struttura fisica delle ossa, quello che dagli elementi della terra ha formato il suo involucro corporeo ha talmente purificato e santificato la materia fisica, che ormai essa non potrà piú diventare quale i saggi d’Oriente nella loro afflizione supponevano che sarebbe diventata. Essi credevano che l’Illuminato del futuro, il Maitreya Buddha, non avrebbe trovato sulla terra uomini in grado di arrivare a comprenderlo; credevano che gli uomini sarebbero stati immersi troppo profondamente nella materia. Ma il Cristo Gesú fu fatto salire sul Golgotha appunto per questo, per poter di nuovo condurre la materia su nel Mondo spirituale, perché il fuoco non potesse piú diventare una scoria sulla terra, ma fosse spiritualizzato! Cosí gli uomini comprenderanno di nuovo la saggezza primordiale, se essi stessi si saranno spiritualizzati: comprenderanno quella saggezza primordiale da cui essi stessi un tempo, come dal Mondo spirituale, sono originati. E il Maitreya Buddha troverà sulla terra comprensione (come altrimenti non avrebbe trovato), troverà comprensione da parte degli uomini, perché essi stessi si saranno innalzati ad una comprensione maggiore. Infatti, dopo essere passati per molte prove ed essere divenuti piú maturi, noi siamo in grado di comprendere meglio tutto ciò che abbiamo imparato da giovani; siamo in grado, piú tardi, di guardare meglio alle cose passate.

Similmente l’umanità comprenderà la saggezza del mondo originario, perché potrà guardare indietro a questa saggezza primordiale, grazie all’evento del Golgotha, nella luce del Cristo. Come dunque potran­no essere salvati i resti incorruttibili di Kashyapa, e dove saranno salvati? È detto: il Maitreya Buddha apparirà e lo toccherà con la sua mano destra, ed il cadavere sarà trasportato via in un fuoco. Nel medesimo fuoco che Paolo vide sulla via di Damasco, noi dobbiamo riconoscere il prodigioso fuoco spiritualizzato nelle cui fiamme il corpo di Kashyapa sarà salvato. In questo fuoco saranno salvate per l’avvenire tutte le cose grandi e nobili del passato. Nel fuoco spiritualizzato in cui Paolo vide il Cristo, sarà salvato dal Maitreya Buddha il corpo incorruttibile di Kashyapa. Cosí noi vedremo fluire tutte le cose grandi, nobili, sagge del passato in quello che l’umanità è diventata mercé 1’evento del Golgotha.

Nel simbolo delle campane di Pasqua ci si fa incontro una resurrezione dello Spirito stesso della terra, una redenzione dell’umanità. Questo simbolo ha anche fatto comprendere a quelli che hanno saputo comprenderlo, che l’uomo, per tramite del mistero pasquale, può sollevarsi alle altezze dello Spirito.

Goetheanum, Dornach «Morte di Faust»nell’interpretazione del grande Kurt Hendewerk

Goetheanum, Dornach «Morte di Faust»nell’interpretazione del grande Kurt Hendewerk

Non è senza significato che Faust, giunto sull’orlo della morte, dalle campane di Pasqua venga richiamato ad una nuova vita che lo conduce al grandioso momento in cui, divenuto cieco poco prima di morire, dice:

 

Scendermi pare sempre piú profonda

la notte intorno. Ma una chiara luce

dentro l’anima mia, ecco, risplende.

 

Cosí egli può ascendere ai mondi spirituali in cui vengono salvati tutti i nobili membri del­l’umanità. Nella spiritualità purificata che in virtú del mistero del Golgotha si è effusa sopra la terra e sopra l’umanità, sarà salvato, purificato e accolto tutto ciò che è vissuto in passato. Ugualmente un giorno sarà purificato, quando apparirà il Maitreya Buddha, il corpo incorruttibile di Kashyapa, il corpo del grande saggio d’Oriente; sarà salvato nel fuoco prodigioso, nella luce del Cristo, che apparve a Paolo sulla via di Damasco».          

 

Certo i brani proposti sono stati lunghi e complessi, ma chi scrive crede e ribadisce che per coloro che non li conoscevano, ma anche per chi, invece, li aveva già letti, sia stato un bene averli acquisiti, o riletti. La qualità delle rivelazioni in essi contenute, e i nessi inerenti al contesto che si tenta di esporre, giustificano lo sforzo compiuto nella lettura. Commentarne il contenuto da vicino non è lo scopo di questo scritto: troppo si dovrebbe dire! Ciò che, invece, qui deve essere messo in pieno risalto è quanto segue: molti uomini, dal Golgotha in poi, hanno potuto avere intessuti nei loro corpi eterici, astrali e nell’Io, le copie del corpo eterico, dell’astrale e dell’Io di Gesú di Nazareth spiritualizzate dal Cristo. Abbiamo letto che il mistero del Graal ha a che fare con il sangue e con l’Io del Cristo, e che solo con la Sua potenza, accresciuta dal sacrificio del Golgotha, Egli ha potuto riscattare da Arimane anche le ossa del corpo fisico umano, garantendo cosí, a tutti gli uomini che vorranno seguire la Sua via, la resurrezione del corpo fisico: cosa non ancora possibile a Kashyapa. Ma ‒ e qui sta il problema ‒ in queste pagine, in fondo, Rudolf Steiner ancora non ha dato tutte le rivelazioni necessarie per comprendere appieno come, quanto avvenuto per il corpo di Gesú di Nazareth, potrà verificarsi per noi uomini terrestri! Inoltre, ci si dovrebbe chiedere: “Perché, per due giorni di seguito, in due possenti conferenze, Steiner, occupandosi dei profondi misteri scaturiti dal sacrificio del Golgotha, li ha messi in relazione al corpo incorruttibile di Kashyapa e alla sua resurrezione ad opera del Buddha Maitreya? Perché il Bodhisattva Maitreya, maturato fino a divenire in futuro il Buddha Maitreya, si darà il compito di occuparsi, fra l’altro, proprio del corpo ‒ sí incorruttibile, ma non ancora capace di redenzione ‒ di Kashyapa?”. Si tenterà di rispondere in seguito.

 

Mario Iannarelli (2. continua)