L’immagine sonora potrebbe nascere dalla liberazione della immagine meditativa? Quando cerchiamo di crearci una immagine mentale di un piccolo utensile, di un piccolo oggetto collocato proprio di fronte a noi, nel dinamismo dell’immagine mentale, noi vediamo la motilità della nostra attenzione. Quando l’immagine si stabilizza, può accadere che essa ritorni a noi attraverso un momento di sacra comunione? L’attenzione a questo punto è come se si volatilizzasse, come se divenisse altro da noi… come se andasse ad arricchire l’attenzione del mondo. Ho un ricordo preciso. Cammino in campagna in pieno giorno. Quello che vedo nascere dalla terra è un fenomeno simile a quello dei fuochi fatui però di natura del tutto diversa. Una luce purissima si eleva dalla terra e si rende visibile oltre le piante, nonostante il forte chiarore del giorno. Una luce ascendente si stacca dalla terra per raggiungere il cielo. L’attenzione può liberarsi da noi e prodursi a beneficio degli altri?
N. G.
L’immagine meditativa racchiude in sé un’armonia che può anche divenire sonora e melodiosa. Il rapporto con l’oggetto percepito, una volta giunti alla sua essenza archetipica, è una vera e propria comunione. Riguardo al fenomeno descritto, di luce che si eleva dalla terra, si tratta di una realtà: quella luce candida e mobile è l’eterico che tutto permea e che fa vivere la natura in cui noi stessi siamo inseriti. L’esercizio della percezione pura, al quale Massimo Scaligero si dedicava quotidianamente, e che raccomandava perché molto importante per riattivare le energie del nostro corpo eterico, ci fa percepire proprio il dinamismo di quelle forze di luce. Quanto all’attenzione, essa riguarda dapprima il nostro volere. Questo mette in moto le forze del pensare. Il sentire, purificato, riverbera allora sugli altri attraverso un moto d’Amore puro.
Perché il Dottore nei suoi scritti insiste sulla necessità del mantenimento della calma e della sicurezza di sé? E come possiamo conquistare questa calma in un mondo tanto frenetico?
Sandra D.
La calma e la sicurezza di noi stessi devono essere conquistate e anche ri-conquistate, ogni volta che vengono perdute. Noi abbiamo il nostro carattere naturale, le nostre tendenze, i nostri difetti. Per questo sono necessari gli esercizi: perché sia plasmata la nostra natura e resa sempre piú adatta ad esprimere lo Spirito. Occorre capire che c’è una zona in cui siamo calmi e sicuri di noi, ad esempio quando ci raccogliamo in meditazione, ma non è quella in cui viviamo normalmente, in particolare se viviamo in un contesto urbano dal ritmo frenetico. Solo un essere spiritualmente evoluto riesce a mantenere uno stato di calma nelle circostanze piú ostili o difficili del quotidiano. In molte persone c’è una calma ostentata, che è solo superficiale ma non è una calma di fondo, e scompare alla prima occasione di contrasto. C’è anche da dire che un essere che volesse vivere esclusivamente nello Spirito, in una calma totale, avrebbe difficoltà a rapportarsi con gli altri. Mentre noi dobbiamo vivere pienamente l’esperienza dell’incontro con le altre persone, anche in una società piena di contrasti. Possiamo dire che la vera calma è data dal corpo astrale in stato di silenzio, ma con la presenza vigile dell’Io. Senza la presenza dell’Io, si entrerebbe nel sonno. Tutto il lavoro spirituale che noi facciamo tende proprio a questo: a renderci presenti a noi stessi, sicuri e soprattutto calmi. Perché la calma è la centralità dell’Io nell’anima. Mentre intorno c’è il vortice, al centro c’è il moto immobile, come nell’immateriale punto centrale della ruota.
Se l’immagine stabilizzata di un qualsivoglia oggetto è il prodotto della nostra attenzione anzi, è la nostra stessa attenzione, a cosa sono imputabili le immagini che sorgono spontanee contro la nostra volontà? Tali immagini si fanno spazio attraverso la nostra incoscienza ma – a mio avviso – sono veicolate direttamente dagli “inquilini del piano di sotto”. Non mi riferisco alle immagini che sorgono durante gli esercizi ma a quelle che sorgono durante il nostro pensare quotidiano. Come si fa a tenere lontano queste immagini? Io riesco a scacciarle ma non a prevenirne la formazione, poiché esse sembrano apparire improvvisamente. Sono determinate azioni che ne provocano la scaturigine? In tali immagini noto un tentativo degli “inquilini del piano di sotto” di produrre qualcosa di simile ad una tentazione. Un’altra piccola domanda riguardante il prodotto delle immagini negative sull’individuo. Una volta riconosciuta la potenza dell’immagine, nasce spontanea una domanda: come fare a bonificare il pensato negativo?
O. N.
Quelle immagini sono il lavoro che compiono gli Ostacolatori nel nostro astrale. Essi sono bravissimi a tentarci, d’altronde è il lavoro che è stato loro affidato, e lo assolvono benissimo. Il nostro compito è invece contrastare ciò che sorge “automaticamente” nella nostra mente. Piú si lavora con l’esercizio del pensiero, piú gli automatismi vengono dominati e le associazioni di idee spontanee tendono a sparire: si pensa ciò che si decide di pensare. Quanto a bonificare il pensiero negativo, occorre esercitare la volontà, sia fermando le immagini al loro sorgere, sia intensificando la disciplina interiore. Tutti e cinque gli esercizi sono necessari, soprattutto il fondamentale, cioè la concentrazione, che conquista il pensiero libero dai sensi.
Vorrei avere una spiegazione della frase di Feuerbach “Noi siamo quello che mangiamo”, che viene tanto ripetuta da tutti i nutrizionisti…
Stefano
La frase “Noi siamo quello che mangiamo” è piuttosto inquietante. Ci sono intere popolazioni che mangiano insetti di ogni genere, persino vermi, e non sono certo loro stessi degli insetti o dei vermi. Ad esempio, i messicani, che nella loro dieta contemplano polpette di formiche, non hanno indubbiamente l’aspetto di formiche. L’uomo carnivoro mangia cadaveri, ma non è lui stesso un cadavere (anche se con il cibo carneo assume la “cadaverina”, che non è proprio una sostanza positiva). Diciamo però che la frase ha un senso se presa in maniera del tutto simbolica. Infatti, se noi ci purifichiamo mangiando in maniera adeguata e sana, ovvero con ciò che la natura ci dona in abbondanza e senza spargere sangue di animale, diveniamo puri anche interiormente. Meglio se questo avviene in maniera etica e in piena coscienza, e non per atteggiamento o moda.
Si parla tanto di “azione umana libera”, ma credo che siamo tutti fortemente condizionati dalle contingenze esterne. Quando può dirsi veramente libera l’azione umana?
Alessia T.
Secondo il pensiero di Rudolf Steiner, libera è un’azione nel cui farsi non interviene alcun elemento della natura. Quando noi prendiamo una decisione con un pensiero libero, questo pensiero si traduce in una realtà, entra nella natura, nella sfera della necessità, quindi non è piú veramente libero. Però la libertà agisce comunque: agisce in modo da trasformare il mondo. L’azione che si compie a seguito di una libera decisione ha la sua forza nel pensiero che liberamente l’ha pensata. La vera forza non è nell’esecuzione ma nel pensiero. Questo non è stato capito dai filosofi. L’ha compreso Novalis, quando ha parlato di realismo magico. La vera azione è quella dello Spirito. Non c’è uno Spirito teorico da una parte e un’azione pratica dall’altra. Noi stiamo soffrendo sul piano sociale proprio per il fatto che si pensa di stabilire programmi a tavolino, senza che ci sia la forza interiore. È la moralità che fa camminare il mondo. Non è il pensiero astratto a poter trasformare la realtà. Niente cammina di ciò che è astratto. Il pensiero libero è veramente completo in se stesso quando può illuminare l’anima. Solo allora può essere tradotto in una realtà.