La temperie di guerre e terrorismi,
di integralismi, droni e kamikaze,
ci porta segni d’acqua nel deserto:
assalto a un bus in Kenya, i passeggeri,
islamici kenyoti, hanno affrontato
i guerriglieli somali di Al Shabaab
intenzionati a sequestrare il bus
uccidendo sul posto quei cristiani
che viaggiavano insieme ai musulmani.
«Uccideteci tutti!» hanno gridato
i fedeli di Allah, interponendosi
tra i seguaci di Cristo e i jihadisti
già preparati alla carneficina.
È bastato quel gesto di coraggio
e di umana pietà per disarmare
gli aguzzini che, presi alla sprovvista,
hanno lasciato il campo, risparmiando
gli ostaggi inginocchiati, pronti al colpo
di pistola alla nuca, come è in uso
in questi rituali di massacro.
«Hanno lo stesso Dio», questo il commento
dei media nel citare l’accaduto
e motivarne le pulsioni a monte.
Forse, piú che di fede è stato un gesto
d’amore per l’umana creatura
oltre la carne e il sangue, l’Uomo-Spirito
che non ha forme, connotati, uguale
nella sua essenza in ogni luogo e popolo,
non un feticcio o un idolo di pietra
per cui l’uomo si è ucciso nei millenni.
È l’uomo del futuro, universale,
per cui forse i kenyoti musulmani
si sono offerti di morire insieme
ai cristiani, e gli stessi assalitori
hanno preso coscienza che di fronte
non avevano prede e difensori
ma, come loro, esseri impegnati
a fare della terra, se non proprio
i Campi Elisi, un’accogliente oasi
lungo il cammino della civiltà.
Un segnale di vita, dunque, un chiaro
messaggio di rispetto e fratellanza
che reintegra l’uomo nel disegno
che lo vuole signore del creato.
Il cronista