Ogni uomo sa di avere un corpo fisico costituito dalle ossa, dai muscoli e dai nervi, ma questa è l’impalcatura che occorre per sostenere e supportare anche altre parti che, a rigore, fanno parte anch’esse di tale corpo in quanto appartenenti al regno minerale. Quali sono queste altre parti?
Ognuno è costituito anche da una colonna di calore, un proprio organismo di calore che interpenetra tutta la materia corporea piú densa: esso si espande leggermente oltre il limite della pelle, mantenendo una temperatura corporea superiore a quella esterna.
Ogni uomo può constatare − non siamo infatti nella sfera del sovrasensibile − che l’organismo di calore è continuamente cangiante nei vari distretti corporei e, per quanto sappiamo dalla fisiologia, ciò avviene a causa della circolazione sanguigna. Ma si sa anche, grazie alla Scienza dello Spirito (Una fisiologia occulta ‒ Conferenza del 27e 28 marzo1911, O.O. N° 128), che il sangue umano è il supporto fisico dell’Io, che l’Io superiore è un “essere di volontà morale”, e che la vera volontà morale dell’Io si manifesta sempre avvolta dal calore della compassione che coinvolgendo l’anima e il cuore impronta di sé il sangue, il suo ritmo circolatorio e quindi la distribuzione del calore nei vari organi e nell’intero organismo fisico.
Nel meditare su tali nessi, qui appena accennati, non si perda di vista che il calore fisico del corpo fisico ha sí come causa l’etere del calore, ma è un elemento appartenente al regno minerale. Il calore ha la massima capacità di tendere verso la periferia, di espandersi, perciò quando compenetra una sostanza tende a renderla meno densa, cerca di renderla piú simile a sé: se potesse, renderebbe ogni materia simile a sé (si pensi al processo ghiaccio-acqua-vapore in cui tutto si espande e perde forma). Per cui, il sangue caldo, come organo del corpo fisico deputato a trasportare il calore in tutto il corpo, non ha una sua forma ed è liquido. Quando invece il calore tende a diminuire, tutto si addensa, s’indurisce e si consolida in una figura determinata, che ostacola i cambiamenti, le metamorfosi (si pensi ora al processo vapore-acqua-ghiaccio, in cui tutto si contrae e prende forma). Si sa che la stessa Terra si è addensata sempre piú, in vari cicli cosmici, dall’antico stato calorico-saturnio fino all’attuale forma minerale-fisica. In questo divenire della sostanza, il corpo fisico umano ha attraversato processi simili: questo porta a pensare che, per qualsiasi futuro processo evolutivo della Terra e dei nostri corpi, ciò debba necessariamente implicare un’azione centrale del calore in questi eventi. Sempre piú si riconoscerà l’azione morale-purificatrice del fuoco-calore che, dallo Spirito al corporeo e attraverso l’anima, coinvolgerà tutto l’essere umano in un cristico ritorno della carne allo Spirito. Quando l’uomo avrà purificato in sé, con la Saggezza-Sophia, il calore-fuoco della sua volontà, egli si sarà reso capace di autosacrificio per amore: unirà il suo Io-Spirito, libero e amante, all’Io-Spirito che alita sui mondi, al Logos-Cristo. Nell’uomo, anche la materia piú densa e refrattaria sarà vinta, sottratta ad Arimane e riportata al Padre per mezzo del Figlio liberamente operante in lui. In fondo, con il sopravvenire della morte, fra i primi fenomeni cui va incontro il corpo fisico, ora cadavere, c’è proprio la perdita dell’organismo di calore che ritorna a far parte del regno minerale. Su ciò, in relazione alla natura e alle qualità del Fantoma che piú avanti si esamineranno, si dovrebbe meditare alquanto. Il calore è, quindi, il reale ponte che unisce il regno fisico-minerale con quello elementare-spirituale: unisce materia e Spirito, interagendo con e tra essi, senza cambiare la sua essenza unitaria, omogenea in ambedue. In sintesi, esso è chiamato ad eliminare ogni dualismo tra i due mondi: in realtà, con il suo Io l’uomo vive nel suo calore, quindi è con esso che, mentre è incarnato sulla Terra, può iniziare a ristabilire coscientemente in sé l’unità tra Spirito e natura.
Si vogliono presentare, a questo punto, alcuni brani di un ciclo che, grazie a Rudolf Steiner, danno un’idea della vera natura del calore, unica nel suo agire e manifestarsi nel macro e microcosmo (Corso sul calore. Secondo corso scientifico ‒ Conferenze tenute a Stoccarda dal 1° al 14 marzo 1920 – O.O. N° 321). Chi vorrà appropriarsi di quest’opera, comprenderà scientificamente perché l’uomo, per mezzo del suo calore, potrà divenire l’Ideale degli Dei.
In primis, Steiner ci rende consapevoli che il nostro organismo di calore avvolge e interpenetra interamente il corpo fisico, ma di esso non siamo coscienti se non quando avvertiamo, con un punto qualsiasi del corpo, una differenza con il calore circostante: «Ma con il calore ci troviamo esposti con tutto il nostro organismo, ed è questo che condiziona il nostro rapporto con il calore. E se osserviamo meglio, o se cerchiamo di trasformare questo fatto, diciamo pure, in conoscenza umana, dobbiamo dire: questo calore siamo noi stessi. Finché in quanto uomini ci muoviamo qui nello spazio, siamo noi stessi questo calore. Se però immaginate una temperatura piú alta di un paio di centinaia di gradi, non sarete identici a questa temperatura, né lo sareste neanche se la pensaste piú bassa di cento gradi.
Il calore quindi è qualcosa dentro cui stiamo sempre, che sperimentiamo come qualcosa di consueto, senza però accoglierlo nella coscienza. Ne prendiamo coscienza, in qualche modo, solo quando presenta variazioni dalla norma. E quando arriviamo al punto di fusione, o al punto di ebollizione, ci si presentano cose che ci sembrano davvero stupefacenti. Se arriviamo infatti al punto di fusione, passiamo dal terrestre, di un corpo solido che si provvede da sé di forma e coesione, a ciò che è di tutta la Terra. La Terra comincia ad aggredire il corpo solido quando passa allo stato liquido. Il corpo solido, arrivato al punto di fusione, passa dal proprio campo al campo di attività di tutta la Terra. Non è piú individuale. E quando trasformiamo il corpo liquido in corpo gassoso, si scioglie anche il rapporto con la Terra, rappresentato dal livello di superficie, e nel momento in cui passa allo stato gassoso, il corpo passa nel campo extraterrestre: si alza, in certo senso, dalla Terra. Quando esaminiamo un gas, troviamo nelle sue forze qualcosa che si è già sottratto alla Terra. E proprio quando esaminiamo queste manifestazioni, non possiamo fare a meno di passare dal fisico-terrestre al cosmico. Non saremmo nella realtà dei fatti, se non sapessimo notare ciò che realmente agisce nelle cose.
E a questo punto ci si presentano manifestazioni ben diverse; prendiamone una che conoscete bene e che vi ho già fatto notare: l’acqua si comporta in modo diverso. Il ghiaccio galleggia sull’acqua perché è meno denso, e quando si passa dallo stato solido a quello liquido, aumentando la temperatura, diventa piú pesante e piú denso. Il ghiaccio galleggia sull’acqua solo per questo. Abbiamo cioè, tra zero gradi e quattro gradi, qualcosa per cui l’acqua si sottrae ai processi che abbiamo invece osservato con l’aumentare della temperatura: che cioè i corpi diventano sempre piú rarefatti quando si riscaldano. Questo spazio di quattro gradi, in cui l’acqua diventa sempre piú densa, è molto istruttivo. Che cosa vediamo qui? Vediamo lottare l’acqua. In quanto corpo solido, il ghiaccio, con le sue coesioni interne, ha una specie di individualità. E ora deve altruisticamente distribuirsi in tutta la Terra. Non accetta subito questo altruismo, lotta contro questo passaggio in un altro campo. Si deve tenere assolutamente conto di queste cose. Allora comincia ad avere un significato l’osservazione che in certe condizioni, nel punto di fusione, per esempio, o di evaporazione, l’aumento di calore constatabile col termometro sparisce. Sparisce come sparisce l’attività del corpo quando passiamo nell’immaginativo. Parleremo ancora di queste cose. E non vi sembrerà cosí paradossale quando cercheremo di seguire che cosa avviene, quando uno stato di calore ci costringe ad elevare alla terza potenza la temperatura, cioè in questo caso alla quarta dimensione, e ci costringe quindi ad uscire dallo spazio. Teniamo presenti all’anima queste premesse, ne riparleremo domani. Come l’attività del nostro corpo passa nel campo spirituale quando arriviamo all’immaginativo, cosí potrebbe aver luogo un passaggio, tra il visibile esteriormente ‒ ciò che avviene nell’ambito del calore ‒ e manifestazioni nascoste, che ci sono indicate solo quando l’aumento di calore, in quanto calore misurabile col termometro, scompare alla nostra vista, Ci dobbiamo chiedere: che cosa accade dietro il sipario? Come avere informazioni sui processi che avvengono là dietro? Questa è la domanda che ci poniamo oggi. Domani ne parleremo ancora».
Steiner, quindi, evidenzia ancora che il calore ha la capacità di agire sulle forme dei corpi fisici quando diminuisce o cresce di intensità, e in quest’ultimo caso fino a portare la materia al massimo grado di rarefazione e oltre, con ciò facendola trapassare in una dimensione aspaziale, ovvero nella sfera del sovrasensibile. Poi arriva a mostrare che vi sono rapporti di affinità, impensate dalla scienza corrente, rispettivamente, tra le forze formatrici di forme e il calore, il rappresentare e il volere umani: «In principio, quando l’uomo entra nella vita fisica, è molto plastico rispetto alle sue forze formative, deve cioè essere formato sotto molti aspetti. Piú è vicina l’infanzia e piú sono forti le forze formatrici; mentre la vecchiaia è accompagnata dalla scomparsa di queste forze e, nella misura in cui scompaiono queste forze formatrici, compaiono in noi le forze della formazione. Possiamo rappresentarci sempre meglio le forme, via via che perdiamo la facoltà di formare noi stessi. E, specialmente nel periodo della crescita dell’uomo, questo è un fatto chiaro ed evidente, come tanti altri fatti chiari ed evidenti. Vedete quindi che si può dire: possiamo sperimentare le forze formative, possiamo sperimentare che cos’è che forma i corpi dall’esterno. E in che modo lo sperimentiamo? Per il fatto che diventa rappresentazione in noi. Siamo ora arrivati al punto in cui riportiamo all’uomo la forza formatrice.
La forza formatrice non è qualcosa che ci si può sognare in un modo o in un altro. Dobbiamo rispondere alle domande che ci pone la natura, non speculando o filosofeggiando, ma partendo dalla realtà. E nella realtà vediamo questo: la forza formatrice ci si presenta là, dove la forma stessa si dissolve nella rappresentazione, là dove diventa rappresentazione. Nella rappresentazione sperimentiamo ciò che ci sfugge verso l’esterno come forza, mentre i corpi prendono forma.
Se mettiamo qui l’uomo [diversi lettori del corso sono arrivati a un completamento dello schema in modo concorde, producendo un disegno del tipo qui a fianco], possiamo dire che egli sperimenta le forme dal basso verso l’alto. E che cosa sperimenta dall’alto verso il basso, dove, se partiamo dal gas, ci si manifesta l’aspetto del calore, che cosa sperimenta l’uomo qui? Ora, se guardate senza pregiudizi le manifestazioni nell’uomo stesso, non potete fare a meno di chiedervi: qual è il rapporto tra la volontà dell’uomo e le manifestazioni di calore? Dovete tener presente quanto ci è necessario, dal punto di vista fisiologico, collaborare con il mondo esterno per produrre calore e arrivare al volere. È proprio mentre realizziamo il volere, che appare il calore. Dobbiamo quindi considerare la volontà come affine al calore. Come dobbiamo considerare le forze formative affini al rappresentare, cosí anche dobbiamo considerare quanto si diffonde all’esterno come calore, come affine a ciò che è volontà in noi. Dobbiamo pensare al calore come volontà, sperimentiamo nella nostra volontà l’essenza del calore.
Se dunque ci si presenta la forma esteriore, come dobbiamo definirla? La vediamo, questa forma, in qualsiasi corpo solido. Sappiamo che, se questa forma fosse in un modo qualsiasi trasformata dal nostro processo vitale, sarebbe nata la rappresentazione. Questa rappresentazione, però, non è nella forma esterna. È come quando si vede il distacco della parte animico-spirituale, per la morte di un essere corporeo. Quando guardo dall’esterno le forme della natura, non trovo quello che origina le forme. In verità non c’è. Non c’è, come in un cadavere non c’è piú l’animico-spirituale, ma c’è stato. Quando rivolgo lo sguardo al mondo esterno, devo dire: nella forza formatrice è attivo ‒ e non dico “è stato” attivo ma “è attivo”, e vedremo perché ‒ ciò che vive in me come rappresentazione.
Quando nella natura percepisco calore, agisce in qualche modo ciò che in me è volontà. Nell’uomo che rappresenta e che vuole, abbiamo ciò che nel mondo esterno ci si presenta come forma e come calore.
Tra il volere e il rappresentare abbiamo tutta una serie di stati intermedi. Basta che osserviamo noi stessi con un po’ di buon senso, per renderci conto che non si ha mai una rappresentazione senza esercizio di volontà. Gli uomini del nostro tempo, specialmente, trovano però piuttosto scomodo ogni sforzo di volontà. Preferiscono abbandonarsi alla volontà incosciente, allo scorrere dei pensieri, non amano far penetrare la volontà nel campo del pensiero. Tuttavia non esiste mai un pensiero totalmente privo di volontà, cosí come non esiste volontà priva di pensiero. Quando dunque parliamo di pensiero e volontà, di rappresentazione e volontà, si tratta piuttosto di limiti dati, da un lato da ciò che ha carattere di pensiero, e dall’altro da ciò che ha carattere di volontà. Possiamo dire allora che quando sperimentiamo in noi la volontà formatrice di pensiero e il pensiero colmo di volontà, sperimentiamo realmente ed effettivamente il formarsi esteriore e l’essenza del calore della natura. Non esiste altra possibilità che quella di cercare, dentro l’uomo, l’essenza di ciò che ci si presenta esteriormente con le sue manifestazioni.
Seguiamo ora il corso di questo pensiero. Se percorrete gli stati dei corpi in una direzione, potreste dire di dover continuare verso l’infinito, e cosí anche nell’altra direzione. Come devono essere le cose qui, nell’uomo? Devono essere esattamente l’opposto. Sí, quello che dobbiamo seguire verso l’infinito, fino a perderlo di vista (vedi schema), dobbiamo poi riportarlo indietro. Invece di andare cosí verso l’infinito, fino a che non lo possiamo piú seguire, dobbiamo pensare che qui (nell’uomo) sfugge fuori dallo spazio; cosí, anche ciò che viene dal basso verso l’alto, dobbiamo immaginarlo come se uscisse dallo spazio. Ossia: la forza che si trova nel calore deve manifestare il suo effetto sull’uomo, uscendo in lui dallo spazio, ugualmente la forza formatrice esce dallo spazio nell’uomo. E questo significa che dobbiamo arrivare, nell’uomo, a un punto in cui ciò che si manifesta nello spazio del mondo esterno ‒ forma e diffusione di calore ‒ esce dallo spazio, e qui diventa impossibile esprimere matematicamente ciò che esce dallo spazio. Vediamo qui, credo in modo molto significativo, come l’osservazione oggettiva nelle manifestazioni della natura ci costringa a uscire dallo spazio, nel momento in cui giungiamo all’uomo e lo inseriamo nel suo giusto contesto nell’essere della natura, esattamente come qui (schema) dobbiamo rappresentarci lo spazio infinito verso l’alto e verso il basso. Quando arriviamo all’uomo, dobbiamo uscire dallo spazio. Non possiamo trovare nessun simbolo che esprima spazialmente il comportamento delle manifestazioni naturali dell’uomo. Rappresentare esattamente la natura, significa che la dobbiamo abbandonare quando la rappresentiamo in rapporto con l’uomo. Altrimenti ‒ quando teniamo cioè presente il contenuto della natura rispetto all’uomo ‒ non arriviamo all’uomo.
Che cosa significa questo, da un punto di vista matematico? Pensare a quella linea con la quale seguite lo stato dei corpi verso l’indefinito (U), e indicate i suoi valori come positivi: in questo caso dovete indicare, come negativo, ciò che agisce nell’uomo. Che cosa siano positivo e negativo ‒ credo che uno dei nostri professori ci farà una conferenza sull’argomento ‒ ne parleremo nei prossimi giorni, per sapere come li dobbiamo intendere. Ciò che ci appare qui chiaramente, è che l’essenza del calore ‒ in quanto essa appartiene al mondo esterno ‒ dobbiamo portarla nel negativo quando la seguiamo esterna come un effetto aspirante rispetto a un effetto di pressione: ecco la disgrazia della fisica moderna!
E ciò che dobbiamo sviluppare è questo: nel momento in cui ci avviciniamo ad alcuni effetti che si manifestano nell’uomo stesso, dobbiamo dare a tutte le nostre formule un carattere diverso. Per le manifestazioni di volontà: grandezze negative rispetto alle manifestazioni di calore; per le manifestazioni della rappresentazione: grandezze negative rispetto alle forze delle forme.
Mario Iannarelli (5. continua)