Ovunque l’erba dalla pietra, ovunque
serpeggiano vermene lungo i dossi
dei forteti, nei fossi rovi espandono
impietosi flagelli, da ogni zolla
o cretto fioriture ignote emergono
dichiarando la forza della terra,
della vita che sorge nonostante
l’inerzia minerale, l’oppressione
vegetale che insidia semi e linfe.
Lassú, invece, sul culmine del Monte,
lí, nuda e spenta, la montagna ha un greppo
amaro di silice su cui arde
l’ostia di carne e sangue, rude altare
dove l’uomo ha immolato il Sé divino.
Pure, fu lí che prese corpo il sogno
immane di sconfiggere la Morte.
Andiamo, allora, ognuno il suo patibolo
in questo tempo di paura e affanno
su per l’erta del Monte inaridito.
Per quel pegno d’amore mai tradito
le nostre croci fioriranno e i sassi.
Fulvio Di Lieto