È necessario leggere ancora quanto segue dalla conferenza del 12 ottobre 1911 (Da Gesú a Cristo ‒ O.O. N° 131). In essa, infatti, è dato comprendere approfonditamente la “storia” del corpo fisico del Cristo Gesú. Solo cosí si può averne la necessaria conoscenza, esaminando i fatti che hanno preceduto e seguito il Mistero del Golgotha.
«Dobbiamo stabilire un determinato momento nell’epoca lemurica dopo il quale soltanto si può giustamente parlare, nel senso odierno, di genere umano. Di quel che vi era prima non si può dire che già esistessero negli uomini terrestri gli Io che poi sempre tornarono a incarnarsi. Non era cosí. Prima l’Io dell’uomo non era ancora separato dalla sostanza di quella Gerarchia che ha offerto anzitutto un’occasione all’Io dell’uomo: la Gerarchia degli Spiriti della Forma. Possiamo ora pensare, e lo mostra la ricerca occulta, che per cosí dire una parte della sostanza degli Spiriti della Forma penetrò nell’incarnazione umana per la formazione dell’Io umano. …Ma possiamo semplicemente pensare che quanto fluí dagli Spiriti della Forma continuò a fluire; ne venne però direi quasi tenuta in serbo una parte, come un Io, che fu preservata dal penetrare nelle incarnazioni fisiche, un Io che non ricomparve ripetutamente come uomo, ma che conservò quella forma, quella sostanzialità che l’uomo aveva prima di essere penetrato nella sua prima incarnazione terrestre. …Dunque un Io che continuò a vivere accanto alla rimanente umanità, e che fino ai tempi di cui ora parliamo e in cui dovevano presentarsi gli eventi di Palestina, non era ancora mai stato incarnato in un corpo umano fisico; un Io che, se si vuol parlare con linguaggio biblico, era ancora nella stessa condizione in cui era l’Io di Adamo, prima della sua prima incarnazione corporea terrestre. Un Io siffatto era sempre esistito.
Se ora esaminiamo un poco le cognizioni occulte riguardanti questo Io, cognizioni che naturalmente sembrano per l’uomo odierno qualcosa di assolutamente assurdo, vediamo che esso, essendo stato per cosí dire conservato come in riserva, non venne avviato in un corpo umano, ma fu veramente affidato soltanto ai sacri Misteri, quali esistevano durante l’epoca atlantica e postatlantica; esso era conservato in un importante santuario dei Misteri, come in un tabernacolo. Tale Io aveva perciò delle particolarità speciali, quella di non essere stato in contatto con niente di ciò che in generale un Io umano può imparare sulla Terra. Era dunque anche non tocco da tutti gli influssi luciferici e arimanici; era insomma qualcosa che, rispetto agli altri Io degli uomini, possiamo rappresentarci come una sfera vuota, come qualcosa di ancora completamente vergine rispetto alle esperienze terrestri; un nulla, un negativo di fronte a tutte le esperienze terrestri.
Sembrava perciò che il Gesú bambino nathanico di cui narra il Vangelo di Luca non avesse alcun Io umano, come se fosse costituito soltanto di corpo fisico, corpo eterico e corpo astrale. Basta dire dunque che nel Gesú bambino di Luca non vi era un Io evolutosi attraverso l’epoca atlantica e postatlantica. Parliamo giustamente se diciamo che nel Gesú bambino di Matteo abbiamo a che fare con un uomo pienamente formato, e nel Gesú bambino del Vangelo di Luca abbiamo invece a che fare con un corpo fisico, un corpo eterico e un corpo astrale coordinati in modo da rappresentare armonicamente l’uomo, quale è disceso come risultato dall’evoluzione di Saturno, Sole e Luna. Perciò questo Gesú bambino, come insegna la cronaca dell’Akasha, non aveva talento per tutto ciò che la civiltà umana aveva sviluppato, non poteva accoglierlo perché non vi aveva partecipato. Noi abbiamo abilità e destrezza per l’esistenza, perché nelle passate incarnazioni già abbiamo sperimentato determinate attività; chi non sia mai stato presente riesce inabile per tutto ciò che gli uomini hanno prodotto durante l’evoluzione terrestre. Se il Gesú bambino nathanico fosse nato al tempo nostro, si sarebbe mostrato molto poco abile nell’imparare a scrivere, perché gli uomini ai tempi di Adamo non scrivevano, e prima ancor meno. Dunque per tutto ciò che si riferiva a quanto era stato appreso durante il corso dell’evoluzione dell’umanità, il Gesú bambino di Luca non aveva disposizione. Invece le qualità interiori che aveva portato seco, che non erano decadute come in altri a causa di effetti luciferici, si mostravano in sommo grado.
…Quando nacque, il Gesú bambino di Luca era dunque provvisto di tutto ciò che non era stato influenzato dalle forze luciferiche e arimaniche. Egli non aveva un Io che era tornato sempre ad incarnarsi, e perciò non gli fu necessario espellere niente al suo dodicesimo anno di vita, quando l’individualità di Zarathustra si trasferí dal Gesú bambino salomonico del Vangelo di Matteo nel Gesú bambino nathanico.
Ho detto prima che questa parte umana rimasta indietro, che sino ad allora si era evoluta nei Misteri accanto al resto dell’umanità, era nata effettivamente per la prima volta al tempo degli eventi di Palestina quale Gesú bambino nathanico. Dai Misteri dell’Asia occidentale, dove quel germe umano era stato conservato, esso venne trasferito nel corpo del Gesú bambino nathanico. Questo bambino dunque crebbe, e al dodicesimo anno entrò in lui l’individualità di Zarathustra. Sappiamo pure che tale passaggio ci viene indicato dalla scena di Gesú dodicenne nel tempio. Si può comprendere che i genitori del Gesú bambino nathanico, abituati a vederlo quale appunto lo abbiamo descritto, trovassero un cambiamento straordinario quando lo ritrovarono nel tempio dopo averlo smarrito. Quello fu infatti il momento in cui nel ragazzo dodicenne si trasferí l’individualità di Zarathustra; da allora, quindi, dal dodicesimo al trentesimo anno, nel Gesú di Luca si trova l’individualità di Zarathustra. Nel Vangelo di Luca vi sono ora delle parole strane: accennano a qualcosa che solo la ricerca occulta ci può chiarire. Dopo la descrizione della scena di Gesú dodicenne nel tempio, nel Vangelo di Luca è scritto: “E Gesú cresceva in sapienza, età e grazia dinanzi a Dio e agli uomini” (Luca 2, 52). Cosí vengono tradotte di solito. Anche Lutero le ha tradotte cosí, ma comunque non hanno molto senso; quando infatti si dice che “Gesú cresceva in età”, vorrei sapere che cosa può significare che un ragazzo dodicenne “cresca in età”. Succede proprio naturalmente con il passar del tempo!
In realtà però il passo, se si ricostruisce il testo dei Vangeli per mezzo della cronaca dell’Akasha, dice che egli cresceva in tutto ciò in cui un corpo astrale può crescere, e cioè in saggezza, che cresceva in tutto ciò in cui può crescere un corpo eterico, vale a dire in tutte le capacità della bontà, della benevolenza e cosí via, e che infine cresceva in tutto ciò in cui può crescere un corpo fisico e che si trasfonde nel bell’aspetto esteriore. Queste parole intendono indicare chiaramente che il ragazzo, grazie alla speciale caratteristica che conservò fino al dodicesimo anno, era rimasto illeso, non era stato affatto toccato nella sua individualità dalle forze luciferiche e arimaniche, perché appunto non era un’individualità passata da incarnazione a incarnazione.
Il Vangelo di Luca indica questo in modo speciale, rintracciando la serie delle generazioni, passando da Adamo fino a Dio, e cosí intende dire che si trattava di quella sostanza che non aveva subíto l’influenza di ciò che era passato per l’evoluzione umana. Cosí dunque vive il fanciullo, crescendo in tutto quanto è possibile nello sviluppo di una triplice corporeità che non è stata appunto toccata da ciò che tocca le altre corporeità umane. L’individualità di Zarathustra aveva ormai la possibilità di unire tutta l’elevatezza da essa raggiunta alle meraviglie di questa triplice corporeità, perché essa non era stata traviata da niente, e poteva sviluppare tutto ciò che soltanto un corpo fisico ideale, un corpo eterico ideale e un corpo astrale ideale possono sviluppare. A questo accenna la frase citata del Vangelo di Luca. Era cosí data la possibilità che, fino al trentesimo anno di vita, nello sviluppo di questo giovane penetrasse qualcosa che l’individualità di Zarathustra era in grado di riversare in quella triplice corporeità umana, tutto quanto cioè può venire da un’individualità tanto elevata. Ci facciamo quindi una giusta rappresentazione di Gesú di Nazareth, fino al suo trentesimo anno di vita, se lo pensiamo come un’individualità umana elevatissima, come un’individualità appunto per la cui formazione erano stati fatti tutti i grandi preparativi che abbiamo visto.
…Con questo però gli strumenti del Gesú nathanico vennero tanto trasformati da essere ormai capaci di accogliere in sé l’essenza macrocosmica del Cristo. Se l’individualità di Zarathustra non avesse compenetrato fino al trentesimo anno quella corporeità, quegli occhi non sarebbero stati capaci di sopportare la sostanza del Cristo dai trent’anni fino al mistero del Golgotha, quelle mani non sarebbero state capaci al trentesimo anno di compenetrarsi con la sostanza del Cristo. Per potere accogliere il Cristo, la corporeità dovette in certo qual modo essere preparata, ampliata, dall’individualità di Zarathustra. Indubbiamente in Gesú di Nazareth, nel momento in cui Zarathustra lo abbandonò e l’individualità del Cristo penetrò in lui, non abbiamo dunque dinanzi a noi né un Iniziato né un uomo, per quanto superiore. Un Iniziato è tale perché ha un’individualità superiormente evoluta; essa però era appunto uscita dalla triplice corporeità di Gesú di Nazareth. Abbiamo soltanto la triplice corporeità che, per virtú della dimora in essa di Zarathustra, era preparata in modo da poter accogliere l’individualità del Cristo. Ma ora, per mezzo dell’unione dell’individualità del Cristo con il corpo appunto descritto, era diventato necessario quel che segue. …Durante i tre anni dal battesimo di Giovanni nel Giordano fino al vero e proprio mistero del Golgotha, l’evoluzione corporea di corpo fisico, corpo eterico e corpo astrale fu del tutto diversa dall’evoluzione corporea degli altri uomini.
Poiché le forze luciferiche e arimaniche non avevano avuto influenza sul Gesú nathanico in precedenti incarnazioni, era data la possibilità che dal battesimo di Giovanni nel Giordano in poi, poiché ora in Gesú di Nazareth non vi era l’individualità di un Io umano, ma l’individualità del Cristo, non venisse formato tutto ciò che di solito deve sempre agire nella corporeità umana. Ieri abbiamo detto che quello che chiamiamo il Fantoma umano, la vera forma primordiale che assorbe in sé gli elementi materiali e poi li lascia con la morte, andò degenerando durante il corso dell’evoluzione umana fino al mistero del Golgotha. In certo modo possiamo concepire tale degenerazione nel senso che in sostanza il Fantoma, fin dal principio dell’evoluzione umana, era destinato a non essere toccato dalle parti materiali che vengono accolte dall’uomo come alimenti dal regno minerale, vegetale e animale. Il Fantoma non doveva esserne toccato, ma invece lo fu perché, a seguito dell’influsso luciferico, si stabilí una stretta unione fra il Fantoma e le forze che l’uomo accoglie per mezzo dell’evoluzione terrena, specialmente le parti che ne costituiscono le ceneri.
La conseguenza dell’influenza luciferica fu dunque che il Fantoma, accompagnando l’ulteriore evoluzione dell’umanità, sviluppò una forte attrazione verso le ceneri; e quindi per questa circostanza, invece di unirsi con il corpo eterico umano, si uní con i prodotti di distruzione.
Queste furono le conseguenze delle influenze luciferiche. Dove gli influssi luciferici erano stati tenuti indietro, come avvenne nel caso del Gesú nathanico in cui non vi era nessun Io umano, ma esisteva l’entità cosmica del Cristo dal battesimo di Giovanni in poi, avvenne che nessuna forza di attrazione si affermò tra il Fantoma umano e le parti materiali che venivano accolte. Durante i tre anni il Fantoma rimase intatto dalle parti materiali. Lo si esprime in modo occulto dicendo che effettivamente il Fantoma umano, come si era andato formando attraverso le evoluzioni di Saturno, Sole e Luna, non doveva avere nessuna forza di attrazione per le parti costituenti le ceneri, ma doveva poter attrarre soltanto i costituenti salini solubili; esso si sarebbe cosí volatilizzato nella stessa misura in cui le parti costituite di sale si disciolgono. In senso occulto si direbbe che esso si discioglie e si trasferisce non nella Terra, ma nelle parti volatilizzate. Fu appunto caratteristico che, con il battesimo di Giovanni nel Giordano, la penetrazione dell’individualità del Cristo nel corpo del Gesú nathanico annulla ogni nesso del Fantoma con le parti costituenti le ceneri, e lascia solo il nesso con le parti costituite di sale. Questo risulta anche quando il Cristo Gesú vuol spiegare a coloro che ha prescelto, che dal modo in cui si sarebbero sentiti uniti con l’entità del Cristo, doveva venir procurata all’ulteriore evoluzione umana la possibilità che quell’unico corpo risorto dalla tomba, il corpo spirituale, potesse trasferirsi negli uomini.
Questo il Cristo intende dire quando si serve delle parole: “Voi siete il sale della Terra”. Tutte queste parole, che vengono ricordate nella terminologia e nelle espressioni artistiche degli alchimisti e dell’occultismo dei tempi che seguirono, tutte le parole che troviamo nei Vangeli hanno un significato profondissimo; proprio questo significato era ben conosciuto dai veri alchimisti del medioevo e dei tempi che seguirono (non dai ciarlatani di cui ci narra la letteratura), e nessuno esprimeva questi nessi senza sentire nel cuore il rapporto con il Cristo. Cosí risulta che quando il Cristo fu crocifisso, quando il suo corpo venne inchiodato alla croce (ripeto qui esattamente le parole del Vangelo per la semplice ragione che effettivamente le vere ricerche occulte confermano assolutamente le parole del Vangelo), quando il corpo di Gesú di Nazareth venne inchiodato alla croce, il Fantoma era in realtà del tutto intatto, consisteva della forma corporea spirituale soltanto spiritualmente visibile, e si trovava in una connessione molto piú labile con il contenuto materiale degli elementi terreni che non in qualsiasi altro uomo, per la semplice ragione che negli altri uomini si è verificata un’unione del Fantoma con gli elementi, un’unione che tiene assieme questi elementi. Nel Cristo Gesú effettivamente il caso era del tutto diverso.
Era come, si potrebbe dire, se per forza di inerzia alcune parti materiali ancora si conservassero nella forma che ad esse era stata data, e dopo qualche tempo si disfacessero in modo che di esse quasi niente rimanesse visibile. Cosí era per le parti materiali del corpo del Cristo Gesú. Quando venne deposto dalla croce, le parti ancora si tenevano assieme, ma esse non avevano nessun collegamento con il Fantoma, perché esso ne era del tutto libero. Quando poi il corpo venne trattato con determinate sostanze che agirono a loro volta su di esso diversamente da come agiscono su altri corpi che vengono imbalsamati, avvenne che dopo la sepoltura, le sostanze materiali si volatilizzassero rapidamente e passassero presto negli elementi. Perciò i discepoli che andarono a guardare trovarono i panni con i quali era stato ricoperto, mentre il Fantoma al quale è collegata l’evoluzione dell’Io, era risorto dal sepolcro. Non fa meraviglia che Maria Maddalena, che conosceva soltanto il Fantoma di prima, quello compenetrato dagli elementi della Terra, non potesse poi riconoscere nel Fantoma, liberato da qualsiasi peso terreno, la medesima figura che lei vedeva ormai chiaroveggentemente. Quella figura le appariva ora diversa. Dobbiamo renderci ben conto che soltanto per virtú della forza derivata dallo stare assieme dei discepoli con il Cristo, tutti i discepoli e gli uomini di cui ci viene narrato poterono vedere il Risorto. Egli apparve infatti nel corpo spirituale, nel corpo di cui Paolo dice che si moltiplica come il seme e si trasferisce in tutti gli uomini. Paolo stesso era convinto che agli altri discepoli fosse apparso non il corpo compenetrato di elementi terreni, ma il medesimo corpo che era apparso anche a lui; lo dice nel noto passo della prima Lettera ai Corinzi (15-3,8): “Vi ho infatti trasmesso, in primo luogo, quello che io stesso ho ricevuto, cioè che Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture, che fu sepolto, che risuscitò secondo le Scritture il terzo giorno, che apparve a Pietro, poi ai dodici. Apparve pure a piú di cinquecento fratelli in una volta, dei quali i piú vivono tuttora, mentre alcuni sono morti. Apparve quindi a Giacomo, poi a tutti gli apostoli. E infine, dopo tutti, è apparso anche a me, quale nato da nascita prematura”.
A Paolo il Cristo apparve con l’evento di Damasco, e poiché il modo con cui gli apparve viene messo a pari con il modo con cui si palesò agli altri discepoli, mostra che il Cristo era apparso a Paolo nella medesima forma che agli altri. Ma da che cosa fu convinto Paolo? In un certo senso Paolo era già Iniziato prima dell’evento di Damasco. Era un’Iniziazione secondo il principio antico ebraico e greco. Egli era un Iniziato che fino allora sapeva soltanto che coloro che si uniscono al Mondo spirituale con l’Iniziazione diventano indipendenti nel corpo eterico dal corpo fisico, e possono palesarsi in un determinato modo a coloro che sono capaci di vederli, nella loro piú pura forma del corpo eterico. Se a Paolo fosse apparso soltanto un semplice corpo eterico indipendente dal corpo fisico, avrebbe parlato diversamente. Avrebbe detto di aver veduto uno che era stato Iniziato, e che indipendentemente dal corpo fisico continuava a vivere nell’evoluzione terrestre. Né ciò lo avrebbe specialmente sorpreso. Non era dunque questo che egli aveva sperimentato a Damasco. Quel che aveva sperimentato era qualcosa di cui sapeva che si sarebbe potuto sperimentare soltanto dopo che le Scritture si fossero compiute: che cioè nell’atmosfera spirituale della Terra fosse esistito come figura sovrasensibile un Fantoma umano completo, un corpo umano risorto dal sepolcro. Questo egli aveva veduto! Questo gli era apparso a Damasco e lo aveva convinto: Egli era là! È risorto! Vi è infatti ciò che può emanare soltanto da lui, vi è il Fantoma che può essere veduto da tutte le individualità umane che cercano un nesso con il Cristo. Questo lo poté convincere che il Cristo già era stato sulla Terra, che non era ancora da venire, che vi era stato veramente in un corpo fisico, e che quel corpo fisico aveva redento la vera forma primordiale del corpo fisico per la salvezza di tutti gli uomini».
Mario Iannarelli (10. continua)
L’Autore è contattabile all’e-mail marioiannarelli.iannarelli@gmail.com