Lo scorso gennaio, quando non erano ancora spenti gli echi della strage al Bataclan, François Hollande è volato con la bella moglie in India per una visita di tre giorni. Motivo ufficiale del viaggio era che contingenti francesi avrebbero sfilato con le truppe indiane in occasione, il 26 gennaio, della Festa nazionale dell’Indipendenza dell’India. Ufficiosamente, però, il Premier ministre voleva sollecitare al suo omologo Narendra Damodardas Modi l’acquisto da parte del governo di Delhi di 36 aerei da guerra “Rafale”. Da una strage terroristica in discoteca a quelle della ‘ragion di Stato’. Per l’utopia della pace universale.
Come quella del progetto di cento smart cities, le città ideali, di ispirazione rinascimentale e illuministica, che l’India, come assicurato dal Primo ministro Modi, progetta di costruire, nei prossimi cinque anni, in tutto il subcontinente. Modello: la città laboratorio di Chandigarh, voluta da Nehru nel 1947, all’indomani dell’acquisita indipendenza dagli inglesi, e la cui costruzione venne affidata al geniale architetto franco-svizzero Charles-Édouard Jeanneret-Gris, meglio noto con il nome d’arte Le Courbusier.
L’archistar, già attivo a Marsiglia, dove aveva progettato la Cité du Soleil, un presidio autosufficiente di condomini popolari, lavorò al progetto Chandigarh con il cugino Pierre Jeanneret e gli architetti inglesi Maxwell Fry e Jane Drew.
Hollande ha voluto iniziare la sua visita proprio a Chandigarh, la Fortezza di Chandi, altro nome per Durga, la potente Dea Madre del Pantheon indú.
Di là dalle teorie rivoluzionarie enunciate da Le Courbusier, secondo il quale Chandigarh, attraverso l’unité d’habitation, rappresenterebbe “il rifiuto delle città medievali, che erano in realtà un disordine urbanistico basato su modelli di accrescimento spontaneo”, la “città d’argento”, come anche viene definita Chandigarh, denota appunto proprio la mancanza di quel fattore umano di libertà costruttiva che rivela l’anima e la genialità di chi dovrà viverci. Una città astratta, nata dal tavolo da disegno e non dalla creatività libera di esprimersi.
Ma il fattore umano indiano, fortissimo, si è vendicato. Dai 500mila abitanti per cui era stata progettata, Chandigarh è ora una città di un milione e mezzo di abitanti. Sono tornati i bazar, i mercati all’aperto, gli odori e gli umori tipici dell’India, i suoi colori in libertà, i venditori ambulanti, i walla che offrono tè, ciambelle e succo di canna da zucchero, e persino i moderni flash mob.
Il celebrato archistar, senza volerlo, o forse sí, sembra essersi ispirato a princípi tripartiti. Con i suoi viali alberati, le ampie strade e piazze, l’impianto funzionale delle unità abitative e gli edifici pubblici, la pianta urbanistica di Chandigar adombra l’impianto anatomico umano: la testa gli uffici amministrativi, lo stomaco quelli produttivi e commerciali, le estremità i centri sportivi e di svago.
Lo Spirito ha le sue strategie che la materia ignora.
Elideo Tolliani