La maggior parte delle persone ha una rappresentazione assai poco chiara, molto confusa di quello che è il corpo fisico. In realtà, abbiamo davanti a noi non solo il corpo puramente fisico, ma un insieme composto dal corpo fisico e da forze superiori. Anche un cristallo di rocca è qualcosa di fisico. Ma essenzialmente è tutt’altra cosa dall’occhio umano o dal cuore, che sono ugualmente fisici. L’occhio e il cuore sono elementi del corpo fisico, ma il fatto che siano connessi a parti superiori dell’essere umano fa sí che ci possano essere effetti diversi da quelli che avvengono normalmente nel fisico. L’ossigeno e l’idrogeno coesistono bene nell’acqua, ma hanno un tutt’altro aspetto quando li vediamo o quando li esaminiamo singolarmente. Allora si presentano assai diversamente. Nell’acqua, siamo di fronte ad una combinazione dei due. Ora, quello che troviamo nel corpo fisico dell’uomo è ugualmente una combinazione del fisico con il corpo eterico e quello astrale.
L’occhio fisico dell’essere umano assomiglia ad un apparecchio fotografico, perché vi si forma nello stesso modo un’immagine dell’ambiente. Solo se si fa astrazione nell’occhio di tutto ciò che avviene nell’apparecchio fotografico, si ha la specificità dell’occhio fisico. Bisogna anche fare astrazione da tutto quello che non è puramente fisico nell’intero corpo fisico, ed è soltanto allora che si ha ciò che l’occultista chiama corpo fisico. Esso non può direttamente vivere, pensare, sentire. Quello che resta è un automa estremamente complicato, strutturato con grande saggezza, un apparecchio puramente fisico. Esisteva soltanto allo stadio dell’esistenza umana di Saturno. All’epoca, gli occhi esistevano solo in quanto piccole cineprese. L’immagine dell’ambiente che vi era abbozzato arrivava alla coscienza di un’entità Deva. Alla metà del ciclo di Saturno coloro che si chiamano Asura avevano la maturità sufficiente per utilizzare questo apparecchio. Allora, essi erano allo stadio umano. Utilizzavano tali automi e le immagini che vi apparivano. Loro stessi non erano all’interno, bensí all’esterno, e utilizzavano soltanto le immagini nel modo in cui noi possiamo servirci attualmente di apparecchi fotografici per prendere le foto di un paesaggio. A quell’epoca dunque, il corpo fisico dell’uomo era come la struttura architettonica fatta dall’esterno di un apparecchio fisico. Questo è il primo stadio dell’esistenza umana.
Il secondo stadio della formazione fu la penetrazione in questo apparecchio fisico da parte del corpo eterico. Fu allora che divenne un organismo vivente. Ciò si erspresse ugualmente nella configurazione del corpo. L’automa era stato costruito da una massa indifferenziata abbastanza solida, che oggi assomiglierebbe ad una gelatina, una specie di cristallo molle. Durante il secondo ciclo, l’esistenza solare, l’automa fisico fu dunque penetrato da un corpo eterico. Durante questo ciclo solare apparve anche il plesso solare, chiamato cosí perché si trattava di un organo reale, del quale non sussistono piú che dei resti. Un sistema nervoso lavorò per introdursi nell’apparecchio fisico. Qualcosa di simile esiste ancora nella piante. Questo è il secondo stadio.
Ma questi stadi non sono compiuti; l’evoluzione continua gradualmente. Ancora oggi, il plesso solare è un organo sviluppato negli animali che non hanno midollo spinale. Tutti gli invertebrati sono ancora dei resti isolati di quanto esisteva all’epoca di quegli stadi passati. È solo sulla Terra che l’uomo distaccò da se stesso le vertebre. Una volta, l’uomo era ancora organizzato un po’ alla maniera dell’attuale granchio. Oggi l’uomo ha superato quello stadio, mentre il granchio vi si è fermato. È sorprendente che tutta la parte interiore del granchio abbia una certa rassomiglianza con il cervello umano. Esiste effettivamente una somiglianza fra l’interno del granchio e il cervello umano. Come il cervello umano, il granchio è rinchiuso in un guscio duro. Dopo che ebbe sviluppato il midollo spinale e trasformato le vertebre superiori, l’uomo eliminò il guscio duro. Il granchio non ha continuato ad evolvere, si è adattato all’ambiente per mezzo di un guscio, che doveva essere per lui quello che per l’uomo è l’involucro protettore di tutto il resto della corporeità.
Il terzo stadio è quello in cui il corpo astrale cominciò il suo lavoro e il tutto fu riorganizzato. La riorganizzazione fu legata allo sviluppo del cuore e all’irrigazione da parte del sangue caldo. Il cuore dei pesci si è fermato a metà strada. Il cuore fu sviluppato al ritmo con il quale aumentò il calore interno del corpo; il che, in altre parole, vuol dire il momento dell’entrata del corpo astrale nel corpo fisico.
Il midollo spinale con il cervello sono l’organo dell’Io. Questo è circondato dalla triplice protezione dei corpi astrale, eterico e fisico. Una volta preparato l’organo dell’Io (la colonna vertebrale e il cervello), l’Io vi si installò come in un letto già pronto, e il midollo spinale ed il cervello si misero al suo servizio.
L’uomo quadripartito si compone cosí, ed è espresso nel quadrato dei pitagorici:
1. Il midollo spinale e il cervello sono l’organo dell’Io.
2. Il sangue caldo ed il cuore sono l’organo del kama (o corpo astrale).
3. Il plesso solare è l’organo del corpo eterico.
4. Il corpo fisico propriamente detto è un apparecchio fisico complesso.
In occultismo, quello che abbiamo descritto si chiama vortice: è qualcosa che si costruisce dall’esterno e si unisce a qualcosa che si costruisce all’interno. I corpi fisico, eterico e astrale hanno prima di tutto costruito l’uomo. In seguito, il centro dell’Io si è affermato e ha cominciato a costruire dall’interno. Sono le quattro parti dell’essere umano. All’esterno si trova dunque una impronta dell’uomo quadripartito. Tutta l’ulteriore evoluzione consiste nel fatto che l’uomo, a partire da questo centro dell’Io, passi coscientemente attraverso tutto quello che ha già vissuto inconsciamente nel passato.
Per riconoscere questi fatti, bisogna dapprima investigare su quanto è successo quando si è formato il nostro Io. Per questo, dobbiamo in qualche modo collocarci sotto un certo organo. Questo è espresso in modo estremamente spirituale nella leggenda del Buddha. Vi è detto che il Buddha rimase sotto l’albero della Bodhi, finché raggiunse l’Illuminazione, per poter arrivare a livelli superiori, al Nirvana. Per fare questo, il Buddha ha dovuto mettersi sotto il cervello, sotto l’organo della coscienza. Vale a dire: ha dovuto rifare coscientemente i percorsi che da principio aveva seguito inconsciamente. Sotto il cervello, piú indietro nella testa, c’è il cervelletto, che ha la forma di un albero. Il Buddha si è messo sotto quest’ultimo. Il cervelletto è l’albero della Bodhi. Questo ci mostra in che modo ciò che queste leggende cosí profonde raccontano è stato attinto dalla stessa evoluzione umana.
Tutte le cose che adesso sono conosciute in maniera puramente anatomica, lo erano allora in tutt’altro modo.
I ricercatori occulti facevano le loro investigazioni con l’aiuto della luce della kundalini. L’allievo era preparato nel modo seguente. Andava da un Maestro. Se questi lo trovava affidabile, il suo apprendistato non era un insegnamento. Oggi questo è cambiato, l’uomo deve prendere una strada che passa per la sensibilità e i concetti. Il Maestro gli diceva pressappoco: «Dapprima, durante circa sei settimane, ogni giorno, devi restare diverse ore in meditazione e dedicarti ad una delle sentenze eterne e immergerti in essa interamente». Adesso, l’uomo non può piú farlo, perché la vita dell’attuale civiltà esige troppo da lui. Ma a quell’epoca, l’allievo meditava da sei a dieci ore al giorno. Oggi non lo può piú fare senza sottrarsi alla vita civile. A quell’epoca, l’allievo non aveva quasi bisogno di tempo per la vita civile. Trovava il cibo intorno a lui. Per questo consacrava il suo tempo alla meditazione, forse per dieci ore. Ben presto, arrivava ad ottenere dal corpo – che non era diventato ancora cosí denso – che la luce della kundalini si svegliasse nella sua interiorità. Questa era per il mondo interiore ciò che la luce del sole è per il mondo esteriore. Però, a dire il vero, anche all’esterno non vediamo degli oggetti ma la luce del sole riflessa. Quando siamo capaci, con l’aiuto della luce della kundalini, di rischiarare l’anima, quest’anima diventa visibile quanto un oggetto illuminato dal sole. Cosí, per l’allievo dello yoga, tutto l’interno del corpo si illumina poco a poco. Tutte le antiche anatomie erano viste in tal modo, dall’interno, per una illuminazione interiore. Cosí i monaci [indú], che traducevano le loro esperienze in leggende, parlavano di quello che avevano visto grazie alla luce della kundalini.
Adesso dobbiamo domandarci come si lavora sulle differenti parti dell’essere umano. Su quello che fa parte del cervello e del midollo spinale, l’uomo lavora coscientemente solo sul piano fisico, e grazie all’Io …non ha per il momento alcuna influenza su altro. Per esempio, non ha influenza sulla circolazione del sangue. Tali cose si realizzano soltanto gradualmente. Altri spiriti, i Deva, cooperano in questo campo, cosicché tutti gli esseri aventi una circolazione sanguigna sono costretti a farla regolare dalle forze dei Deva. Le forze dei Deva penetrano dall’esterno e lavorano sul corpo astrale. Fra esse, quelle inferiori lavorano sul corpo astrale. Quelle superiori lavorano sul corpo eterico e i Deva ancora superiori su quello fisico, il corpo piú perfetto che l’uomo possiede.
Il corpo astrale è assai meno perfetto del corpo fisico. Il cuore fisico è effettivamente molto intelligente, quello che è stolto è il corpo astrale, che porta al cuore veleni di ogni specie. Nell’uomo è il corpo fisico quello piú perfetto; il corpo eterico è meno perfetto, quello astrale ancora meno. Quello che nell’uomo comincia appena, il neonato, è l’Io. Ecco dunque l’uomo quadripartito, che contiene in sé l’Io come un tempio contiene la statua di un dio.
Tutta l’evoluzione della civiltà umana non è altro che il lavoro dell’Io sul corpo astrale, uno sviluppo del corpo astrale. L’uomo comincia la vita pieno di desideri, di pulsioni, di passioni. Superando queste pulsioni, questi desideri e queste passioni, con il suo lavoro, egli fa entrare l’Io nel corpo astrale. Quando la sesta razza radicale –la sesta èra principale ‒ sarà compiuta, l’Io sarà del tutto incorporato nel corpo astrale grazie al suo lavoro. Fino allora, il corpo astrale è ridotto ad essere sempre sostenuto dalle forze dei Deva. Finché l’Io non è penetrato in tutto il corpo astrale, le forze dei Deva devono sostenerne il lavoro.
La seconda evoluzione, che segue quella della civiltà, è quella dell’allievo in occultismo. Con il suo lavoro, egli fa entrare l’Io fino nel corpo eterico. Cosí, le forze dei Deva sono poco a poco sostituite dal lavoro dell’Io anche nel corpo eterico. Allora, l’uomo comincia gradualmente a penetrare con lo sguardo anche in se stesso.
Ora, possiamo domandarci cosa significhi il corpo astrale. Perché l’uomo ha un corpo astrale? È per incitarlo, per mezzo del desiderio, a fare quello che altrimenti non farebbe: andare sul piano fisico. Perché, prima che l’uomo possa avere un’attività cognitiva sul piano fisico, deve orientare i suoi intenti e i suoi desideri verso quest’ultimo. Senza di essi, non avrebbe potuto sviluppare un’osservazione obiettiva né del mondo, né dei doveri, né della moralità. È quindi soltanto con una progressiva trasformazione dei desideri, che questi sono trasformati in doveri o ideali. L’uomo ha dovuto fare questo percorso grazie alla forza stimolante, organizzatrice, del corpo astrale.
Il corpo eterico è il supporto dei pensieri. Ciò che all’interno è pensiero, all’esterno è etere, come il desiderio interiore all’esterno è astrale. Ma è soltanto quando comincia il pensiero puro che raggi di materia eterica sono introdotti negli impulsi astrali. Finché i pensieri non sono puri, abbiamo materia astrale tutt’intorno alla forma eterica. Quella che si chiama dunque forma-pensiero è composta da una materia eterica centrale circondata da materia astrale. Lungo i nervi passano le correnti di quelli che si chiamano pensieri astratti, che in realtà sono i piú concreti di tutti, perché si tratta di forze eteriche. In generale, quando l’uomo si mette a pensare, introduce già l’Io nel suo corpo eterico.
Quando l’uomo muore, diventa chiaro che il corpo fisico non ha niente a che fare con l’Io. Alla morte, è interrotto ogni contatto dell’Io con il corpo fisico. Prima, è fatto indirettamente tramite gli altri corpi. Quando questi se ne sono andati, il cadavere non ha piú alcun rapporto con l’Io. Allora, le forze esteriori dei Deva lo prendono e l’Io è incorporato alla organizzazione dell’ambiente fisico. La parola tedesca “verwesen” non vuole soltanto dire “decomporsi” ma anche “divenire l’essenza” (wesen = “essere” e anche “essenza”) dalla quale il corpo è generato. Questo è quanto c’è da dire sul corpo fisico. La parola olandese Lichaam non vuol dire cadavere (come in tedesco Leichnam) ma il corpo fisico con il quale ci si sposta.
Anche il corpo eterico si trova in gran parte nella stessa situazione del corpo fisico. Anch’esso è accolto dai Deva dopo la morte e si dissolve allora nell’etere generale. Ma resta e non si dissolve quello che l’uomo ha lui stesso incorporato con il suo lavoro al corpo eterico. È quanto, piú tardi, alla reincarnazione, costituirà un centro attorno al quale si cristallizzerà il resto. Questa piccola parte del corpo eterico sussiste per ogni uomo. Nello stesso modo, del corpo astrale rimane quello che l’uomo vi ha introdotto con il suo lavoro. Soltanto durante l’ultimo terzo della sesta razza radicale il corpo astrale resterà preservato in tutti gli uomini che evolvono normalmente.
Lo sviluppo comincia dunque in quanto l’uomo lavora coscientemente al corpo astrale. Il lavoro del chela, dell’allievo in occultismo, è inoltre di trasformare il corpo eterico. Il lavoro del chela è finito quando, dopo la morte, il corpo eterico resta interamente preservato. Il soggiorno nel Devachan è necessario per rendere ancora e sempre possibile l’organizzazione del corpo eterico. La piccola parte del corpo eterico che l’uomo, per cominciare, porta nel Devachan può ingrandirsi fino alla misura del corpo eterico completo, in quanto nel Devachan se ne sono create le condizioni.
Questo fa comprendere quello che è il soggiorno nel Devachan. Se l’uomo è all’inizio del suo sviluppo e ha lavorato solo molto poco a trasformare il suo corpo eterico, può restare solo un brevissimo tempo nel Devachan. I Deva esteriori devono rimpiazzare la parte del corpo eterico che gli manca. Continuando a svilupparsi, soggiorna sempre piú a lungo nel Devachan. La durata del soggiorno aumenta. Il tempo che vi passa aumenta dunque man a mano che il suo sviluppo progredisce. Ma uomini piú evoluti si rincarneranno talvolta piú presto per altre ragioni: per esempio, perché nel mondo c’è bisogno di loro.
Quando il chela muore, il corpo eterico è là, intero. Il chela può dunque, a questo stadio, rinunciare al Devachan perché ha finito di elaborare il corpo eterico. Ci sarà allora una reincarnazione dopo un tempo molto breve. Nel mondo astrale egli aspetta dapprima, come un cambio di treno in una stazione, finché non riceve una certa missione dal suo Maestro. Allora potrà reintegrare il suo corpo eterico per rincarnarsi.
Fin là, lo sviluppo ha bisogno di un doppio intervento: le cose che non si possono elaborare da se stessi nell’interiorità, devono essere introdotte dall’esterno. È necessario un aiuto dall’esterno. Cosí, nel Devachan il corpo eterico è nuovamente completato dalle potenze Deva esteriori. Il piano fisico e il Devachan sono dei contrari. Fra i due si trova il Kamaloka, una stazione di cambio, uno stato intermediario prodotto dal fatto che l’uomo è in relazione con quello su cui ha lavorato. Il corpo astrale conduce l’uomo verso il piano fisico, piano sul quale egli si dirige verso l’esterno. I desideri vi imparano a gustare le cose esteriori. Quando l’uomo muore, il desiderio degli oggetti esteriori non si ferma subito, anche se non ha piú gli organi per entrare in contatto con loro. Il desiderio resta, ma gli organi mancano. Nel Kamaloka occorre che l’uomo si disabitui a desiderare le cose del mondo esteriore. In effetti, il Kamaloka non fa parte dell’evoluzione normale; non è che uno stato di disassuefazione. Il Kamaloka ha luogo perché l’uomo non può piú soddisfare fisicamente i suoi desideri per il fatto che non ha piú gli organi fisici per il mondo fisico.
Quando un uomo si suicida, egli ha identificato il suo Io con il corpo fisico. Per questo, dopo la morte, il desiderio del corpo fisico si fa ancora piú violento. L’uomo ha allora come una sete continua di se stesso. Si sente come un albero cavo, come qualcuno che ha perduto il proprio Io.
Un uomo che è stato assassinato è in una situazione simile. Colui che è morto di morte violenta continua a cercare il suo corpo fisico, il suo Io, fino al momento in cui sarebbe morto normalmente.
Questa ricerca può manifestarsi con delle reazioni spiacevoli. In colui che è morto in seguito ad un atto violento questo provoca in certi casi una immensa rabbia contro coloro che hanno causato la sua morte. Cosí, nella vittima di un’esecuzione, il colpo si trasforma in un contraccolpo. Ed è cosí che, a partire dal mondo astrale, le anime dei russi sottoposti ad esecuzione capitale per ragioni politiche hanno combattuto a fianco dei giapponesi contro i loro propri compatrioti. Questo è successo durante la guerra russo-giapponese, ma non è assolutamente una regola generale.
Rudolf Steiner
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Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner
Berlino, 7 ottobre 1905 ‒ O.O. N° 93a. Traduzione di Angiola Lagarde.