La promessa

Poesia

La promessa

La promessa

 

L’estate fu l’ipòstilo santuario

di boschi e campi, resinati incensi,

inno solenne il vento tra le foglie,

oltre le chiome fiaccole di stelle.

Devote trenodíe negli ambulacri

freschi di verde e pampini, filari

dispensanti le dolci eucarestie

di grappoli. Fu tempo di delizie.

Con l’ecatombe delle mietiture

lame di crudo acciaio separavano

le spighe dagli steli, poi un congegno

inclemente spogliava della scorza

la pannocchia. Fu tempo di olocausti.

Vittime vegetali per nutrire

le deità dell’aria, il loro verso

di ramo in ramo, flautate sillabe,

muto sentire che si fa linguaggio,

sorda materia che si trasfigura.

Su tutto poi calò l’ombra che insidia

il germe del vivente e lo saccheggia.

Cosí, riarse, scompigliate, in fuga

nei coltivi trebbiati s’incolonnano

ora file di rocchi, di covoni,

ma dalle reste prodigioso emerge

superstite un papavero vermiglio.

Un’antica promessa ci conforta:

dalle stoppie, dai solchi depredati

di zolla in zolla tornerà la vita,

fronde acerbe sui tronchi, voli e nidi,

e voci e suoni, e splendide armonie.

Finché dal buio sorgerà la luce

e il silenzio darà parola e canto.

 

 

                                                          Fulvio Di Lieto