Il 24 agosto scorso, alle ore 3.36, una faglia tettonica si è aperta nel sottosuolo appenninico, a una profondità di undici chilometri. Ne è derivato un moto sismico che ha interessato il territorio liminare di ben quattro regioni: Lazio, Abruzzo, Umbria e Marche. Il sisma, di magnitudo 6,2 Richter, ha quasi completamente distrutto Amatrice, e parzialmente Accumoli e Arquata del Tronto.
Un sito internet fornisce, sulla base di fonti storiche e letterarie, l’elenco dei terremoti nel mondo a partire dal 1831 a.C. Per via deduttiva riguardo alle epoche precedenti, si ipotizza che, dal “fiat lux” in poi, è tutto un saliscendi di terre che si inabissano o che emergono, che si compattano o si disgregano, dissolvendo realtà fisiche e creandone di nuove, di vita vergine. In questa danza di acque e terre, di sparizioni e resurrezioni, di attrazioni e repulsioni, l’Italia, considerata dai tecnici di giovane età in termini geologici, è stretta nel gioco di attrazione che l’Africa e l’Europa stanno effettuando da milioni di anni e che, sempre secondo gli esperti, se il Bosone lo consente, tra qualche migliaio di anni realizzeranno il fatale Anschluss.
Limitrofa all’Italia, la Svizzera, tra le altre sue attraenti prerogative, presenta una quasi assoluta mancanza di terremoti. Per questo forse, negli anni, la gente vi ha portato i propri risparmi, certa che gli eventi tellurici non avrebbero distrutto le banche, già essendo il Paese di Guglielmo Tell esente da guerre, caos e malagrotte. Ad attestare però il detto che l’eccezione conferma la regola, occorre dire che un terremoto in Svizzera si è verificato, esattamente il 18 ottobre 1356, con epicentro Basilea, 6,2 della scala Richter, facendo circa un migliaio di vittime. Basilea, però, la città di Paracelso, è sí svizzera, ma in condominio con Francia e Germania. Inoltre, la splendida città sul Reno, insieme a Lione e Torino, fa anche parte del triangolo magico europeo, quindi, per vocazione etnica e misterica, crocevia universale dell’occulto.
Consultando ancora sul web l’elenco dei terremoti nella storia, apprendiamo che la Cina e l’Iran sono stati nel tempo i Paesi piú colpiti, ma il terremoto in assoluto piú catastrofico di sempre si è verificato il 20 maggio 1202 e ha coinvolto un’area comprendente la Siria, l’Egitto settentrionale e il Medio Oriente, con una magnitudo di 7,6 Richter e un tributo di un milione e centomila vittime.
Nella lista dei terremoti con i piú alti sacrifici umani, l’Italia segna Messina, il 28 dicembre 1908, 120.000 morti, e Avezzano, il 13 gennaio 1915, 33.000 vittime e con la totale distruzione dell’abitato. Chi dovesse andarci oggi, troverebbe una bella e moderna città completamente ricostruita, casa per casa. Una sola è rimasta intatta, come era prima del sisma: un villino a due piani, in via Garibaldi.
Ma cos’è in definitiva il fenomeno ondulatorio, sussultorio e vibratorio che tiene in scacco il pianeta? Immaginiamo che il terremoto sia un enorme drago assopito in una specie di letargo tellurico nelle viscere della terra. Ad un certo punto, inopinatamente, per ragioni e meccanismi tra i piú ignoti, si risveglia dal sonno, si agita, con scossoni e sussulti rompe la coltre di rocce che lo imprigiona, alita la sua peste mortifera intorno, distrugge le opere della natura e degli uomini, menoma, annienta. Nell’ora del lupo, quando la luce solare è al suo nadir, cosí come la controra la innalza allo zenith, il drago tellurico si è risvegliato, si è dimenato per liberarsi della prigione rocciosa che lo inceppava, scrollandosi di dosso alberi e case, è emerso all’aria nella sua immensa mole di Leviatano apocalittico, la testa crestata a Norcia, le fauci in fiamme spalancate su Arquata e Pescara del Tronto, il gonfio ventre su Accumoli, le zampe con rostri e artigli su Amatrice. Il sisma ha mietuto 298 vittime. Il drago del terremoto ‒ a differenza dei mostri dei racconti mitologici che tiranneggiano un luogo e una popolazione, richiedendo a scadenze fisse il pagamento di un tributo in forma di vite umane, quasi sempre, come il Minotauro di Creta, fanciulle di cui cibarsi ‒ non fa distinzione nell’esigere il suo tributo di vittime: divora vecchi e giovani, donne e bambini, sani e malati, buoni e cattivi.
E tuttavia, noi italiani, siamo talmente in dimestichezza con la sua crudeltà, tanta è la diuturna confidenza e familiarità con i suoi imprevedibili umori ed orrori, che ne facciamo un uso ludico. Non per mancanza di rispetto e di considerazione per le vittime e i danni, ma come rito esorcistico. Nel film “Pane, amore e fantasia” di Luigi Comencini, il maresciallo Carotenuto, impersonato dal grande Vittorio De Sica, viene condotto in un giro a piedi per il paese laziale, dove comanderà la locale stazione della Benemerita. Ed ecco i primi ruderi. «Terremoto?» s’informa il maresciallo. «No, bombardamento» chiarisce il suo collega accompagnatore. Segno che le bombe dei B16 sono arrivate anche lassú. Piú oltre fanno mostra altre rovine. «Bombardamento?» insiste, a disagio, Carotenuto. «No, terremoto» è la risposta (Link). Le bombe alleate e il sisma in un’equilibrata alternanza. Nel film seguente, “Pane amore e gelosia” il terremoto a un certo punto arriva nel paese laziale, uno dei tanti paesi perduti nella topografia di un’Italia condizionata da stereotipi di ruralità. Ma ligio ai codici di mutuo rispetto tra uomo e natura, si annuncia con i segni premonitori che, nei tempi di cui narra il film, sono frequenti e di chiara significanza e portata. A Caramella, l’anziana governante del maresciallo, impersonata dalla legnosa e insinuante Tina Pica, il sisma è avvertito in anticipo dai “torcinelli” alla testa. È premonizione, che a un certo punto si avvera: il drago del terremoto giustifica la cefalea di Caramella, fa oscillare i lampadari e mettere in agitazione la tranquilla comunità, trasformandola in un formicaio di altruismo ed efficienza (Link). Il tutto senza la Tv, gli smartphone, gli elicotteri, i cani molecolari, le ong e le onlus. Un terremoto vissuto e sofferto in assoluta autarchia. Il salvataggio di Caramella ha del patetico: un passamano dalle braccia del maresciallo ai militi del luogo. Sempre presente e centrale la figura del parroco ‒ un Virgilio Riento perfettamente nella parte ‒ insieme a quella del maresciallo, non essendovi all’epoca la Protezione Civile, le ASL e gli psicologi di sostegno e conforto, figure ormai inevitabili sugli scenari di catastrofi e disgrazie varie, bisbiglianti chissà quali mantra consolatori all’orecchio dei sinistrati. Mancando quindi tutte le attuali istituzioni di intervento e supporto, chiesa e caserma si davano da fare per coordinare le azioni spontanee, le strategie di soccorso, ed esercitando nel caso un potere assoluto per necessità. Il paese, isolato dal sisma, non aveva altra legge se non quella sorgiva dell’umanità. Agivano, nella stretta dell’emergenza, Forze cosmiche preposte all’evoluzione dell’uomo.
Scrive Massimo Scaligero in Reincarnazione e karma: «Tali Forze lasciano via libera all’Oppositore dell’uomo, come inconscio ma preciso strumento del divenire umano, allorché non hanno la possibilità di una correlazione diretta con l’Io autonomo. Un Io libero coopera concretamente al destino positivo del proprio popolo, anche se non appare sulla scena, cioè anche se non appartiene a una personalità ufficialmente rappresentativa di quel popolo. La vera storia umana non si fa sulla scena sociale-politica: questa è l’ultimo stadio di un processo che si prepara in specifiche ‘zone’ del Sovrasensibile. A tale processo può cooperare l’Io capace di elevarsi al livello della Volontà pura, indipendente dal karma. …Gli aiutatori del proprio popolo sono quasi sempre personalità ignorate dal mondo della Politica o della Cultura dominanti: raramente essi appaiono sulla scena come protagonisti riconoscibili. La vera storia di questi esseri si svolge nel Sovrasensibile, là dove gli Spiriti dei Popoli, per poter trasmettere i loro impulsi, hanno bisogno di percepire ciò che è necessario alla evoluzione umana dal punto di vista dell’uomo. Questo punto di vista però è possibile solo all’uomo. Gli Spiriti dei Popoli apprendono ciò che è necessario all’umano, ove possano leggerlo, come un linguaggio impersonale, nell’anima degli Iniziati capaci di elevarsi alla loro sfera, trasformando in contenuto spirituale il contenuto mentale. Allorché l’organizzazione materiale della vita sopraffà nell’umano l’elemento spirituale, e viene meno la mediazione degli Iniziati, tale lettura diviene impossibile agli Spiriti dei Popoli».
Tre sono gli interrogativi che si pongono di fronte a un evento catastrofico, sia terremoto sia altro fenomeno cosiddetto di forza maggiore: chi, come e perché. Abbiamo visto come gli abitanti del povero paese di “Pane, amore e gelosia”, nella sua ambientazione temporale del dopoguerra, reagivano al disastro, abbandonandosi al fluire degli eventi. Erano portati a rassegnarsi ai disastri naturali come quello di un terremoto. Due soltanto potevano essere gli agenti responsabili: Dio e lo Stato. Ma con entrambi non era il caso di prendersela.
Nella grande peste di Milano, Manzoni introduce nello scenario del morbo una figura elusiva ma verosimile: l’untore, un terrorista ante litteram, che invece del napalm e della nitroglicerina ungeva porte, portoni e muri con unguenti letali, sostanze atte a propagare quell’epidemia che non lasciava scampo se non a pochi fortunati dotati di genetiche immunità, come il giovane Renzo e il pavido don Abbondio, condannando invece don Rodrigo, quasi che una mano ignota volesse fare giustizia delle angherie subite dai tartassati.
I paesani del nostro dopoguerra non stavano molto a pensare sul responsabile, Dio o le autorità dello Stato. Se avevano qualche soldo e una buona salute ricostruivano, senza attendere indennizzi o esenzioni fiscali, altrimenti si spostavano in un paese vicino risparmiato dal sisma, oppure con malta, cazzuola e l’ostinazione di chi non si arrende, facevano nascere agglomerati di sussistenza che via via con il tempo diventavano paesi, che nella toponomastica aggiungevano al nome di quelli abbandonati il suffisso “di sopra”, “di sotto”, “marina”, “montano”.
Ma oggi, finito il sostegno della fede ingenua che tutto faceva accettare con rassegnazione, si cercano con caparbietà i colpevoli, di terra e di cielo. Si è vista, durante le esequie delle vittime di Amatrice, una donna alzare verso l’alto le braccia mentre accompagnava la bara di una delle vittime, sua congiunta, e levare un grido contro la divinità: «Dove sei, Dio? Perché hai permesso tutto questo? E come faremo a riprendere in mano il nostro destino?».
Se non si conosce la legge del karma, non si possono comprendere le vere cause dei mali estremi che toccano gli individui singolarmente e le comunità nel loro insieme. La Terra, creatura vivente, reagisce a quanto compiono i suoi abitanti contro la sua integrità. Steiner insegna che la furia della Terra Ignea viene provocata dalla passionalità umana. Sta all’uomo, alla sua interiorità divenuta calma e serena, calmare e rasserenare l’interiorità della Terra nei suoi vari strati, ognuno, nei diversi aspetti, connesso con l’uomo. Nella sua conferenza sui “Terremoti e le eruzioni vulcaniche” (O.O. N° 95) dice infatti: «Quando un giorno gli uomini stessi potranno irradiare vita sulla Terra, quando il loro respiro produrrà vita, allora trionferanno sulla Terra Ignea. Superando spiritualmente il dolore, mediante l’imperturbabilità, vinceranno la Terra Aerea, e cosí via. Se la concordia trionferà rimarrà vinto lo “Sgretolatore”. Se riuscirà vittoriosa la Magia bianca, ogni male sparirà dal mondo. L’evoluzione del mondo significa, dunque, trasformazione dell’interiorità terrestre». Un grande compito attende l’uomo: la trasformazione di sé per contribuire, ognuno individualmente, alla grande trasformazione della Terra.
Non c’è da lanciare accuse contro la divinità, considerata assente e insensibile al dolore umano, o critiche contro il partito politico avverso, ritenuto colpevole di malversazioni e ruberie. Invece, già all’indomani del fatale 24 agosto ‒ per strana coincidenza la stessa data della distruzione di Pompei, A.D. 79, ‒ sono partiti i faldoni, i famigerati incartamenti ad personam che raccolgono prove documentarie, denunce di testimoni e persone informate dei fatti, carteggi e fascicoli piú o meno segreti, e tutti tremano. Il Direttorio è tornato, il terrore giudiziario si innesta al dolore inconsolabile.
L’individuo, come dice Scaligero, «non ha saputo trasformare in contenuto spirituale il contenuto mentale», consentendo all’organizzazione materiale della vita di sopraffare nell’umano l’elemento spirituale.
Quanto all’ambito sociale, è alla mercé degli intrighi, veri o immaginari, comunque deleteri per la serena e fiduciosa coabitazione planetaria dei popoli. Si è ipotizzato infatti che il sisma sia stato provocato artificialmente per mano degli Illuminati, di cartelli apolidi, che sia colpa dell’H.A.A.R.P., o di bombe sotterranee fatte brillare. Non c’è bisogno di minacce reali, basta la paura che ciò sia accaduto e che in futuro possa nuovamente accadere. E il terrore, manipolato ad arte, è l’inedita mina invisibile antiuomo. Se mai qualcuno pensi di attribuire la responsabilità del sisma alla mano dell’uomo, bisogna considerare che questi può aver agito solo se preda dell’Ostacolatore, in questo caso, come lo chiama Steiner, dello “Sgretolatore”.
Il cerchio dunque si chiude riportando ogni soluzione dei problemi nella realtà contingente alla facoltà dell’uomo di attingere, attraverso una conquistata autocoscienza, alla dimensione trascendente, l’unica che tutto risolve.
Auguriamo agli abitanti ancora attualmente accampati nel “Triangolo del Drago” una rapida soluzione del problema abitativo, per superare i rigori dell’inverno e volgersi a un futuro in cui una nuova consapevolezza porterà la necessaria energia per ricominciare. La visione del mondo apparirà loro diversa, perché saranno piú forti e decisi a migliorare. Con l’aiuto di Dio.
Ovidio Tufelli