Nei brani che seguono si descrivono molti elementi fondamentali legati ai due Gesú, che commenteremo con aggiunte, sempre tratte dalle strette rivelazioni del Dottore.
«Dobbiamo stabilire un determinato momento nell’epoca lemurica dopo il quale soltanto si può giustamente parlare, nel senso odierno, di genere umano. Di quel che vi era prima non si può dire che già esistessero negli uomini terrestri gli Io che poi sempre tornarono a incarnarsi. Non era cosí. Prima l’Io dell’uomo non era ancora separato dalla sostanza di quella Gerarchia che ha offerto anzitutto un’occasione all’Io dell’uomo: la Gerarchia degli Spiriti della Forma [Elohim]. Possiamo ora pensare, e lo mostra la ricerca occulta, che per cosí dire una parte della sostanza degli Spiriti della Forma penetrò nell’incarnazione umana per la formazione dell’Io umano. …Possiamo semplicemente pensare che quanto fluí dagli Spiriti della Forma continuò a fluire, ma ne venne direi quasi tenuta in serbo una parte, come un Io, che fu preservata dal penetrare nelle incarnazioni fisiche, un Io che non ricomparve ripetutamente come uomo, ma che conservò quella forma, quella sostanzialità che l’uomo aveva prima di essere penetrato nella sua prima incarnazione terrestre. …Dunque, un Io che continuò a vivere accanto alla rimanente umanità, e che fino ai tempi di cui ora parliamo e in cui dovevano presentarsi gli eventi di Palestina, non era ancora mai stato incarnato in un corpo umano fisico; un Io che, se si vuole parlare con linguaggio biblico, era ancora nella stessa condizione in cui era l’Io di Adamo, prima della sua prima incarnazione corporea terrestre. Un Io siffatto era sempre esistito. Se ora esaminiamo un poco le cognizioni occulte riguardanti questo Io, cognizioni che naturalmente sembrano per l’uomo odierno qualcosa di assolutamente assurdo, vediamo che esso, essendo stato per cosí dire conservato come in riserva, non venne avviato in un corpo umano, ma fu veramente affidato soltanto ai sacri Misteri, quali esistevano durante l’epoca atlantica e postatlantica; esso era conservato in un importante santuario dei Misteri, come in un tabernacolo. Tale Io aveva perciò delle particolarità speciali, come quella di non essere stato in contatto con niente di ciò che in generale un Io umano può imparare sulla Terra, ed era anche non toccato da tutti gli influssi luciferici e arimanici; era insomma qualcosa che, rispetto agli altri Io degli uomini, possiamo rappresentarci come una sfera vuota, come qualcosa di ancora completamente vergine rispetto alle esperienze terrestri: un nulla, un negativo di fronte a tutte le esperienze terrestri. Sembrava perciò che il Gesú bambino nathanico di cui narra il Vangelo di Luca non avesse alcun Io umano, come se fosse costituito soltanto di corpo fisico, corpo eterico e corpo astrale. Basta dire dunque che nel Gesú bambino di Luca non vi era un Io evolutosi attraverso l’epoca atlantica e postatlantica. Parliamo giustamente se diciamo che nel Gesú bambino di Matteo abbiamo a che fare con un uomo pienamente formato, e nel Gesú bambino del Vangelo di Luca abbiamo invece a che fare con un corpo fisico, un corpo eterico e un corpo astrale coordinati in modo da rappresentare armonicamente l’uomo, quale è disceso come risultato dall’evoluzione di Saturno, Sole e Luna. Perciò questo Gesú bambino, come insegna la cronaca dell’Akasha, non aveva talento per tutto ciò che la civiltà umana aveva sviluppato, non poteva accoglierlo perché non vi aveva partecipato. Noi abbiamo abilità e destrezza per l’esistenza, perché nelle passate incarnazioni già abbiamo sperimentato determinate attività; chi non sia mai stato presente riesce inabile per tutto ciò che gli uomini hanno prodotto durante l’evoluzione terrestre. Se il Gesú bambino nathanico fosse nato al tempo nostro, si sarebbe mostrato molto poco abile nell’imparare a scrivere, perché gli uomini ai tempi di Adamo non scrivevano, e prima ancor meno. Dunque per tutto ciò che si riferiva a quanto era stato appreso durante il corso dell’evoluzione dell’umanità, il Gesú bambino di Luca non aveva disposizione. Invece le qualità interiori che aveva portato seco, che non erano decadute come in altri a causa di effetti luciferici, si mostravano in sommo grado. …Quando nacque, il Gesú bambino di Luca era dunque provvisto di tutto ciò che non era stato influenzato dalle forze luciferiche e arimaniche. Egli non aveva un Io che era tornato sempre ad incarnarsi, e perciò non gli fu necessario espellere niente al suo dodicesimo anno di vita, quando l’individualità di Zarathustra si trasferí dal Gesú bambino salomonico del Vangelo di Matteo nel Gesú bambino nathanico. Ho detto prima che questa parte umana rimasta indietro, che sino ad allora si era evoluta nei Misteri accanto al resto dell’umanità, era nata effettivamente per la prima volta al tempo degli eventi di Palestina quale Gesú bambino nathanico. Dai Misteri dell’Asia occidentale [molto probabilmente, grazie ad altre rivelazioni di Rudolf Steiner, sulle rive del Mar Nero, in una sede dei Misteri dove, piú tardi, insegnò lo stesso Buddha in forma eterica], dove quel germe umano era stato conservato, esso venne trasferito nel corpo del Gesú bambino nathanico.
Questo bambino dunque crebbe, e al dodicesimo anno entrò in lui l’individualità di Zarathustra. Sappiamo pure che tale passaggio ci viene indicato dalla scena di Gesú dodicenne nel tempio. Si può comprendere che i genitori del Gesú bambino nathanico, abituati a vederlo quale appunto lo abbiamo descritto, trovassero un cambiamento straordinario quando lo ritrovarono nel tempio dopo averlo smarrito. Quello fu, infatti, il momento in cui nel ragazzo dodicenne si trasferí l’individualità di Zarathustra; da ora innanzi quindi, dal dodicesimo al trentesimo anno, nel Gesú di Luca si trova l’individualità di Zarathustra. Nel Vangelo di Luca vi sono ora delle parole strane: accennano a qualcosa che soltanto la ricerca occulta ci può chiarire. Dopo la descrizione della scena di Gesú dodicenne nel tempio, nel Vangelo di Luca è scritto: “E Gesú cresceva in sapienza, età e grazia dinanzi a Dio e agli uomini” (Luca 2, 52). Cosí vengono tradotte di solito. Anche Lutero le ha tradotte cosí, ma comunque non hanno molto senso; quando infatti si dice che “Gesú cresceva in età”, vorrei sapere che cosa può significare che un ragazzo dodicenne “cresca in età”. Succede proprio naturalmente con il passare del tempo! In realtà però il passo, se si ricostruisce il testo dei Vangeli per mezzo della cronaca dell’Akasha, dice che egli cresceva in tutto ciò in cui un corpo astrale può crescere, e cioè in saggezza, che cresceva in tutto ciò in cui può crescere un corpo eterico, vale a dire in tutte le capacità della bontà, della benevolenza e cosí via, e che infine cresceva in tutto ciò in cui può crescere un corpo fisico e che si trasfonde nel bell’aspetto esteriore. Queste parole intendono indicare chiaramente che il ragazzo, grazie alla speciale caratteristica che conservò fino al dodicesimo anno, era rimasto illeso, non era stato affatto toccato nella sua individualità dalle forze luciferiche e arimaniche, perché appunto non era un’individualità passata da incarnazione a incarnazione. Il Vangelo di Luca indica questo in modo speciale, rintracciando la serie delle generazioni, passando da Adamo fino a Dio, e cosí intende dire che si trattava di quella sostanza che non aveva subíto l’influenza di ciò che era passato per l’evoluzione umana. Cosí dunque vive il fanciullo, crescendo in tutto quanto è possibile nello sviluppo di una triplice corporeità che non è stata appunto toccata da ciò che tocca le altre corporeità umane. L’individualità di Zarathustra aveva ormai la possibilità di unire tutta l’elevatezza da essa raggiunta alle meraviglie di questa triplice corporeità, perché essa non era stata traviata da niente, e poteva sviluppare tutto ciò che soltanto un corpo fisico ideale, un corpo eterico ideale, e un corpo astrale ideale possono sviluppare.
A questo accenna la frase citata del Vangelo di Luca. Era cosí data la possibilità che, fino al trentesimo anno di vita, nello sviluppo di questo giovane penetrasse qualcosa che l’individualità di Zarathustra era in grado di riversare in quella triplice corporeità umana, tutto quanto cioè può venire da un’individualità tanto elevata. Ci facciamo quindi una giusta rappresentazione di Gesú di Nazareth, fino al suo trentesimo anno di vita, se lo pensiamo come una individualità umana elevatissima, come una individualità appunto per la cui formazione erano stati fatti tutti i grandi preparativi che abbiamo visto. …Con questo però gli strumenti del Gesú nathanico vennero tanto trasformati da essere ormai capaci di accogliere in sé l’essenza macrocosmica del Christo. Se l’individualità di Zarathustra non avesse compenetrato fino al trentesimo anno quella corporeità, quegli occhi non sarebbero stati capaci di sopportare la sostanza del Christo dai trent’anni fino al mistero del Golgotha, quelle mani non sarebbero state capaci al trentesimo anno di compenetrarsi con la sostanza del Christo. Per potere accogliere il Christo, la corporeità dovette in certo qual modo essere preparata, ampliata, dall’individualità di Zarathustra».
Si deve prendere particolarmente coscienza di due fatti: che «nello sviluppo di questo giovane [il Gesú nathanico] penetrò qualcosa che l’individualità di Zarathustra era in grado di riversare in quella triplice corporeità umana»; e che «perciò non gli fu necessario espellere niente al suo dodicesimo anno di vita, quando l’individualità di Zarathustra si trasferí dal Gesú bambino salomonico del Vangelo di Matteo nel Gesú bambino nathanico. …Ci facciamo quindi una giusta rappresentazione del Gesú di Nazareth, fino al suo trentesimo anno di vita, se lo pensiamo come una individualità umana elevatissima, come una individualità appunto per la cui formazione erano stati fatti tutti i grandi preparativi che abbiamo visto. …Con questo però gli strumenti del Gesú nathanico vennero tanto trasformati da essere ormai capaci di accogliere in sé l’essenza macrocosmica del Christo».
L’Io del Gesú salomonico fece penetrare qualcosa di sé nel Gesú nathanico, tanto da renderlo, dopo diciotto anni, capace di assumere in sé l’Io del Christo, e come effetto l’Io di Zarathustra divenne ancora piú spiritualmente potente. Ciò permise che, per suo mezzo, accadessero molti fatti, interiori ed esteriori, prima e dopo la discesa del Christo.
«Indubbiamente in Gesú di Nazareth, nel momento in cui Zarathustra lo abbandonò e l’individualità del Christo penetrò in lui, non abbiamo dunque dinanzi a noi né un Iniziato né un uomo, per quanto superiore. Un Iniziato è tale perché ha un’individualità superiormente evoluta; essa però era appunto uscita dalla triplice corporeità di Gesú di Nazareth. Abbiamo soltanto la triplice corporeità che, per virtú della dimora in essa di Zarathustra, era preparata in modo da poter accogliere l’individualità del Christo. Ma ora, per mezzo dell’unione dell’individualità del Christo con il corpo appunto descritto, era diventato necessario quel che segue. …Durante i tre anni dal battesimo di Giovanni nel Giordano fino al vero e proprio mistero del Golgotha, l’evoluzione corporea di corpo fisico, corpo eterico e corpo astrale fu del tutto diversa dall’evoluzione corporea degli altri uomini. Poiché le forze luciferiche e arimaniche non avevano avuto influenza sul Gesú nathanico in precedenti incarnazioni, era data la possibilità che dal battesimo di Giovanni nel Giordano in poi, poiché ora in Gesú di Nazareth non vi era l’individualità di un Io umano ma l’individualità del Christo, non venisse formato tutto ciò che di solito deve sempre agire nella corporeità umana.
Ieri abbiamo detto che quello che chiamiamo il Fantòma umano, la vera forma primordiale che assorbe in sé gli elementi materiali e poi li lascia con la morte, andò degenerando durante il corso dell’evoluzione umana fino al mistero del Golgotha. In certo modo possiamo concepire tale degenerazione nel senso che in sostanza il Fantòma, fin dal principio dell’evoluzione umana, era destinato a non essere toccato dalle parti materiali che vengono accolte dall’uomo come alimenti dal regno minerale, vegetale e animale. Il Fantòma non doveva esserne toccato, ma invece lo fu perché, a seguito dell’influsso luciferico, si stabilí una stretta unione fra il Fantòma e le forze che l’uomo accoglie per mezzo dell’evoluzione terrena, specialmente le parti che ne costituiscono le ceneri. La conseguenza dell’influenza luciferica fu dunque che il Fantòma, accompagnando l’ulteriore evoluzione dell’umanità, sviluppò una forte attrazione verso le ceneri; e quindi per questa circostanza, invece di unirsi col corpo eterico umano, si uní con i prodotti di distruzione. Queste furono le conseguenze delle influenze luciferiche. Dove gli influssi luciferici erano stati tenuti indietro, come avvenne nel caso del Gesú nathanico in cui non vi era nessun Io umano, ma esisteva l’entità cosmica del Christo dal battesimo di Giovanni in poi, avvenne che nessuna forza di attrazione si affermò tra il Fantòma umano e le parti materiali che venivano accolte. Durante i tre anni il Fantòma rimase intatto dalle parti materiali. Lo si esprime in modo occulto dicendo che effettivamente il Fantòma umano, come si era andato formando attraverso le evoluzioni di Saturno, Sole e Luna, non doveva avere nessuna forza di attrazione per le parti costituenti le ceneri, ma doveva poter attrarre soltanto i costituenti salini solubili; esso si sarebbe cosí volatilizzato nella stessa misura in cui le parti costituite di sale si disciolgono. In senso occulto si direbbe che esso si discioglie e si trasferisce non nella Terra, ma nelle parti volatilizzate. Fu appunto caratteristico che, con il battesimo di Giovanni nel Giordano, la penetrazione dell’individualità del Christo nel corpo del Gesú nathanico annulla ogni nesso del Fantòma con le parti costituenti le ceneri, e lascia solo il nesso con le parti costituite di sale. Questo risulta anche quando il Christo Gesú vuol spiegare a coloro che ha prescelto, che dal modo in cui si sarebbero sentiti uniti con l’entità del Christo, doveva venir procurata, all’ulteriore evoluzione umana, la possibilità che quell’unico corpo risorto dalla tomba, il corpo spirituale, potesse trasferirsi negli uomini. Questo il Christo intende dire quando si serve delle parole: “Voi siete il sale della Terra”. …Quando il corpo di Gesú venne inchiodato alla croce, il Fantòma era in realtà del tutto intatto, consisteva della forma corporea spirituale, soltanto spiritualmente visibile, e si trovava in una connessione molto piú labile con il contenuto materiale degli elementi terreni che non in qualsiasi altro uomo, per la semplice ragione che negli altri uomini si è verificata un’unione del Fantòma con gli elementi, un’unione che tiene assieme questi elementi».
Si possono dirimere, qui, molti dubbi che sono sorti intorno a questo evento, cosí misterioso e grandioso, della creazione del Fantòma del Christo Gesú. Esso, certamente, per le precedenti parole di Steiner, era già attuato prima della Morte in Croce, infatti: «Quando il corpo di Gesú di Nazareth venne inchiodato alla croce, il Fantòma era in realtà del tutto intatto, consisteva della forma corporea spirituale, soltanto spiritualmente visibile…». In quella forma pura esso era invisibile a tutti i presenti, perciò questi mantennero, nella loro memoria, solo le rappresentazioni del corpo fisico di Gesú di Nazareth, e quindi non poterono riconoscerlo dopo la Resurrezione. Per questo ci volle, e ci vuole ancor oggi, la connessione vivente con il Christo. Va tolto l’eventuale pensiero che il Fantòma del Christo sia nato solo con la Sua Resurrezione: ciò non sarebbe esatto. È necessario rendere piú adeguati agli eventi tutti i concetti riguardanti le metamorfosi del corpo fisico di Gesú di Nazareth nei tre anni, ma anche quelle riguardanti il corpo astrale, e in particolare il corpo eterico con il quale il Fantòma si collegò, di nuovo, nella forma originaria ideata dai Creatori. Il Fantòma, come abbiamo appena letto, deve sviluppare il collegamento solo con il corpo eterico, piuttosto che con le ceneri del corpo fisico, e questo fece il Christo anche dopo la resurrezione, Solo cosí Egli poté rendersi visibile, poiché il Fantòma non è visibile fisicamente. Infatti viene detto: “Christo risorto era quindi rivestito di un corpo eterico, intensificatosi fino a divenire visibile fisicamente” (conferenza del 9 gennaio 1912 – O.O. N° 130). E il grado di intensificazione del corpo eterico era attuato dal Christo stesso, in funzione delle circostanze e delle differenti capacità di coloro che entrarono in rapporto con il Risorto. Questo viene spiegato nei fatti descritti nei quaranta giorni dopo la morte, dove il Christo giunge anche a mangiare e a far mettere il dito nella Sua piaga a Tommaso. Le cose proseguono cosí fino all’Ascensione, con la quale il Christo, dopo il Fantòma, salva anche il corpo eterico per tutti gli uomini. Ogni uomo svilupperà il suo unico e specifico modo di riconoscere e vivere con il Christo accanto.
Si proseguirà ancora nella lettura: «Nel Christo Gesú effettivamente il caso era del tutto diverso. Era come, si potrebbe dire, se per forza d’inerzia alcune parti materiali ancora si conservassero nella forma che ad esse era stata data, e dopo qualche tempo si disfacessero in modo che di esse quasi niente rimanesse visibile. Cosí era per le parti materiali del corpo del Christo Gesú.
Quando venne deposto dalla croce, le parti ancora si tenevano assieme, ma esse non avevano alcun collegamento con il Fantòma, perché esso ne era del tutto libero. Quando poi il corpo venne trattato con determinate sostanze, che agirono a loro volta su di esso diversamente da come agiscono su altri corpi che vengono imbalsamati, avvenne che dopo la sepoltura le sostanze materiali si volatilizzassero rapidamente e passassero presto negli elementi. Perciò i discepoli che andarono a guardare trovarono i panni con i quali era stato ricoperto, mentre il Fantòma al quale è collegata l’evoluzione dell’Io era risorto dal sepolcro. Non fa meraviglia che Maria Maddalena, che conosceva soltanto il Fantòma di prima, quello compenetrato dagli elementi della Terra, non potesse poi riconoscere nel Fantoma, liberato da qualsiasi peso terreno, la medesima figura che essa vedeva ormai chiaro veggente mente. Quella figura le appariva ora diversa».
Con questo passo, tra l’altro, si può tentare di comprendere come, non le sostanze materiali del corpo fisico di Gesú cristificato, volatilizzatesi rapidamente, abbiano prodotto la figura della Sindone, ma che quella stoffa di fibra vegetale abbia ricevuto, come da un sigillo, l’impronta della ideale figura archetipica del nuovo Fantòma, liberatosi “di qualsiasi peso terreno”: figura ideale, quindi fatta solo di Forza-Luce cristica, di cui non è possibile trovare tracce fisico-minerali. Di quel Suo corpo il Christo disse: “Il tempio io lo distruggo e lo riedifico” (Giov 2,19).
Ora, Steiner, ancora una volta, ci sottolinea che, solo grazie alla vicinanza col Christo, dalla Maddalena in poi, il Fantòma ‒ «liberato da qualsiasi peso terreno» rispetto a quello degenerato degli uomini e unito al corpo eterico di Gesú di Nazareth – fu percepibile in figura nuova, da conoscere di nuovo, anche e soprattutto da chi l’aveva visto nelle sembianze precedenti la sepoltura.
«Dobbiamo renderci ben conto che soltanto per virtú della forza derivata dallo stare assieme dei discepoli con il Christo, tutti i discepoli e gli uomini di cui ci viene narrato poterono vedere il Risorto. Egli apparve, infatti, nel corpo spirituale, nel corpo di cui Paolo dice che si moltiplica come il seme e si trasferisce in tutti gli uomini. Paolo stesso era convinto che agli altri discepoli fosse apparso non il corpo compenetrato di elementi terreni, ma il medesimo corpo che era apparso anche a lui; lo dice nel noto passo della prima Lettera ai Corinzi (15-3, 8). Quel che aveva sperimentato era qualcosa di cui sapeva che si sarebbe potuto sperimentare soltanto dopo che le Scritture si fossero compiute: che cioè nell’atmosfera spirituale della Terra fosse esistito come figura sovrasensibile un Fantòma umano completo, un corpo umano risorto dal sepolcro. …Questo egli aveva veduto! Questo gli era apparso a Damasco e lo aveva convinto: Egli era là! È risorto! Vi è infatti ciò che può emanare soltanto da lui, vi è il Fantòma che può essere veduto da tutte le individualità umane che cercano un nesso con il Christo. Questo lo poté convincere che il Christo già era stato sulla Terra, che non era ancora da venire, che vi era stato veramente in un corpo fisico, e che quel corpo fisico aveva redento la vera forma primordiale del corpo fisico per la salvezza di tutti gli uomini».
Per tentare di comprendere meglio tutto ciò, si dovrà rivisitare piú da vicino l’entità di Gesú di Nazareth, prima e dopo la discesa del Christo. Sappiamo, dalle rivelazioni donateci da Steiner nel suo “Quinto Vangelo”, che l’Io di Zarathustra attraversò molte vicende estremamente significative. Poco tempo dopo aver preso possesso degli involucri corporei del Gesú nathanico, la madre di questo morí e, come già detto, fu assunta subitaneamente nel mondo devachanico, ma va ricordato il fatto significativo che ella portò con sé il corpo eterico del giovinetto salomonico il quale, dopo l’abbandono da parte del suo Io, era morto in breve tempo: questo fatto deve farci dare un valore importante a quel corpo. Successivamente, morí anche il Giuseppe salomonico, per cui la Maria salomonica e il Giuseppe nathanico riunirono le due famiglie, stabilendosi a Nazareth. Piú avanti, morí anche il Giuseppe nathanico, per cui rimase solo la vedova Maria salomonica, madre dei suoi figli e madre adottiva di Gesú di Nazareth. Ella non era la madre naturale degli involucri corporei del Gesú nathanico, ma in realtà, neanche dell’Io che li inabitava, poiché l’Io non ha né madre, né padre, tranne Quello celeste. L’Io di Zarathustra (che ora denomineremo, come Steiner, Gesú di Nazareth), infatti, negli anni successivi cambiò totalmente la natura del carattere del Gesú nathanico, tanto da divenire, per la matrigna, quasi incomprensibile nei suoi comportamenti. Steiner ci descrive anche che, dopo aver compiuto il diciottesimo anno, Gesú si allontanò spesso da Nazareth, svolgendo il suo mestiere di falegname, sospinto da un forte impulso interiore. Ovunque andasse, egli suscitò sempre grande rispetto e benevolenza, tanto che molti non volevano lasciarlo andare. Caratteristico è che spesso, allontanandosi dalle persone con cui aveva sostato qualche giorno, lasciava loro come un’aura speciale, che gli dava la facoltà di poter risperimentare viventemente i momenti in cui, la sera, finito il lavoro, aveva parlato loro di cose sublimi. Durante questo peregrinare ciò che assunse enorme importanza per lui, furono tre eventi drammatici con i quali constatò che, senza possibilità di rimedio, gli uomini suoi contemporanei, a qualunque corrente spirituale appartenessero, erano ormai totalmente impossibilitati a ricongiungersi con le Forze celesti. L’Io di Zarathustra fece queste successive esperienze: nel popolo ebraico nessuno era piú capace di udire il Bath-Kol, cioè la Voce originaria che aveva parlato ai Patriarchi e ai Profeti. Essa si era spenta per sempre. Nei culti pagani, quasi tutti degenerati, le forze discendenti sugli altari erano, ormai, solo demoniache, e molti ne venivano invasati, patendo nell’anima e nel corpo. Solo presso la setta degli Esseni era stata conservata la forza di proteggere gli appartenenti, collegandosi alle Gerarchie superiori, ma pagando il doloroso prezzo di scaricare, egoisticamente, sul resto dell’umanità, gli attacchi degli Ostacolatori. Leggendo il “Quinto Vangelo”, veniamo edotti sull’infinito dolore che queste realtà generarono nella possente anima di Gesú di Nazareth, dolore che in lui crebbe sempre di piú, perché nella sua coscienza avvertiva l’insopportabile impotenza di aiutare i fratelli umani, caduti nelle tenebre interiori. Un effetto di queste dolorosissime esperienze (sacrificalmente necessarie, affinché quel dolore si trasformasse in amore sublime), fu che la madre adottiva (la Maria salomonica che l’io di Zarathustra aveva scelto per incarnarsi), cominciò ad avvertirne il travaglio interiore. Questo la portò ad accostarsi sempre di piú a Gesú, poiché avveniva una trasformazione dei sentimenti nei suoi riguardi, che la portarono a provare una sempre maggiore affinità animica, un amore compassionevole nei suoi confronti. Finché, maturato il ‘giusto tempo’, immediatamente prima di recarsi al Giordano per farsi battezzare dal Battista, Gesú ebbe un colloquio infinitamente importante con la madre adottiva. Chi ha letto, o leggerà queste rivelazioni di Steiner, comprenderà bene che non si può tentare di parlarne piú di tanto: l’infinita umiltà e conoscenza che lo hanno sorretto, è troppo lontana da quelle dello scrivente, per cui ci si limiterà a consigliare di leggere, o rileggere, almeno l’episodio del ‘colloquio con la madre adottiva’, in merito al quale si proporrà solo qualche breve considerazione. Va precisato che, tutte queste profonde esperienze riguardarono soprattutto l’io di Zarathustra, poiché quello sognante del Gesú nathanico non poteva godere della grandiosa coscienza e saggezza terrena conquistate, in lunghissimi tempi e numerose incarnazioni, da quello di Zarathustra.
Mario Iannarelli (5. segue)