Macerie, tuoni d’armi, scoppi, rombi,
il mondo viene giù nelle sue voci
e grida di animali che si uccidono.
I contendenti parlano di pace,
di una tregua che inizi da domani.
Perché non oggi? Perché non adesso?
Nel breve istante, prima che il respiro
dell’universo cada, si esaurisca
col rantolo dell’uomo che si annienta.
Perché non sventolare le bandiere
della resa da inutili trincee?
Dalle rovine senza più memoria
del cantico di miti creature,
fervore d’arnie e miele di dolcezze.
O il silenzio proteso nell’ascolto
del cielo, del suo eterno sussurrare
leggi docili al cuore, verità
lievi da sopportare in armonia
di forme e suoni. Perché non ritorna
quel tempo, le sue lente trenodíe
di stagioni fedeli alla cadenza
di sole e pioggia, nuvole e sereno?
Perché non in quest’attimo lasciare
le postazioni dell’orgoglio? Scendere
dai risibili troni e, disperati,
abbracciare il nemico, dargli tregua
non per ora, per sempre. Non ha scelta
l’umanità, se vuole sopravvivere.
Fulvio Di Lieto