Siano lunghi i giorni
brevi le notti.
La luce il mondo allieti
e di notte le stelle
l’amore dei cieli
inviino alla terra
nei palpiti
di tenerezza splendenti.
Al centro l’uomo,
fra la terra e il cielo,
accolga del sole il calore,
delle stelle il tenero vibrare
e del cosmo la gioia
lo inondi.
Alda Gallerano
Rinascita
D’un arcano silenzio si vestirono
le acacie e le spighe alte di grano
quando risuonò il mònito divino
che maledisse il fico di Betània:
«Da te non potrà nascere piú frutto!».
Cosí quel fico presto inaridí.
Non scorreva piú linfa nei suoi alburni
ma solo una superbia farisaica.
Falso l’amore che lo ricoprí
con l’edera cresciuta a soffocarlo
fino a schiantarlo sulla fredda terra.
Sembrava trasformato in minerale
senza piú gemme in boccio a primavera.
Un urlo di dolore irruppe allora
dalle torte radici: «Oh se in me fosse
il residuo ricordo di una fede,
forse il delirio che ora mi consuma
non finirebbe col ridurmi in cenere!
Perché il seme del frutto che portai
sotto il sole dorato a maturare,
ora giace sul suolo disseccato
troppo inerte per farlo germogliare!».
Anni, decenni, secoli e millenni
fluirono al succedersi del tempo,
finché una mano tracciò un lieve solco
e lo irrorò, per rinnovare il suolo.
Un virgulto s’alzò, s’irrobustí,
divenne tronco, mise rami e foglie,
e questa volta al santo Pellegrino
ritornato a percorrere le strade
per incontrare chi lo può vedere,
dolci frutti si offrirono, e il Viandante
in cerca di un rifugio fresco d’ombra
si fermò, si nutrí, si ritemprò.
E prima di riprendere il cammino,
benedisse quell’albero che aveva
regalato ristoro al suo sostare.
Pietro Sculco
I miei occhi
la finestra per la Luce
per sempre
ho chiuso.
Dentro me
trattengo l´irradiare.
Dolore immerso
nelle profondità del corpo
mi schiacciò
come la terra
il carbone.
Ora sul viso,
nel cavo degli occhi
brillano e splendono diamanti.
Il miracolo risanante del Bello.
Letizia Mancino
Tratto dal libro Sage nicht Tod
dedicato alla poetessa Hilde Domin.
Nella foto, Letizia Mancino accanto al ritratto
della poetessa e con in mano il libro di poesie.
Come dire?
Ho trovato la mia pietra
e il mio sole parla,
basso,
sulla collina,
ma ancora abbiamo
infiniti minuti
d’amore
ora
e i raggi bassi
mi fanno arcobaleni
fra le ciglia
Poi tutto scomparirà
ancora.
Stelvio
Belve
.
Diversi comuni dell’Appennino centromeridionale si stanno organizzando per decimare i lupi, diventati troppo numerosi e audaci. Morsi dalla fame, i lupi si spingono fino agli allevamenti a valle, penetrando persino nei centri abitati alla ricerca di cibo. Piú che una minaccia per l’uomo, sono il risultato della sua cattiva condotta nei riguardi della natura. Grande e insaziabile predatore, scriteriato scialacquatore delle risorse, tetro messia del carpe diem, l’uomo si vede presentare un conto che fa pagare al lupo.
.
Per fratte, borri e selve
in questi giorni cupi,
insieme ad altre belve
scendono a valle i lupi.
Gli appetiti insaziabili
rendono i predatori
audaci e inarrestabili
branchi di razziatori.
Su brughiere ed alpeggi,
per stazzi ed irti colli
assalgono le greggi,
fanno strage di polli.
È tale l’ecatombe
che l’emergenza incombe
di porre fine presto
al banchetto funesto.
E allora l’uomo vile
con tagliola e fucile
fa la piazza pulita
di tutta la partita.
Ferito nell’orgoglio
spara ’ndo coglio coglio,
ché per gli ammazzamenti
non vuole concorrenti.
Egidio Salimbeni