Ieri abbiamo dapprima considerato le forme che appaiono nel mondo astrale sotto l’influenza dell’uomo stesso. Oggi parleremo degli esseri che sono gli abitanti piú o meno permanenti dello spazio astrale.
Per comprendere quale parte l’uomo prenda negli avvenimenti astrali, bisogna guardare la sua natura quand’è addormentato. Come sappiamo, nell’uomo ci sono quattro parti: il corpo fisico, il corpo eterico, il corpo astrale e l’Io. Quando l’uomo dorme, il corpo astrale e l’Io escono dalla corporeità umana. Un tale uomo circola, per cosí dire, nello spazio astrale e di regola non si allontana molto dal corpo fisico ed eterico che restano nel letto. Le due altri parti dell’entità umana, il corpo astrale e l’Io, sono allora nello spazio astrale.
Ma anche quando il corpo fisico ed eterico restano qui, sul piano fisico, non dobbiamo assolutamente credere che ci siano per questo solo delle forze fisiche ad avere influenza su di loro e che degli esseri fisici abbiano accesso a loro. Tutto quello che vive in quanto pensieri e rappresentazioni ha un’influenza sul corpo eterico. Quando un uomo dorme, il corpo eterico è qui, sul piano fisico. Se nella cerchia dell’uomo addormentato noi pensiamo qualcosa, eserciteremo un’influenza sul suo corpo eterico; soltanto il dormiente non ne saprà nulla. Nello stato di veglia l’uomo è talmente occupato con il mondo esteriore che respinge tutti i pensieri che assalgono il corpo eterico. Ma durante la notte, il corpo eterico è solo, è senza l’Io, è esposto a tutti i pensieri che volteggiano senza che l’uomo addormentato ne sappia qualcosa. Anche durante lo stato di veglia non ne sa niente, perché il corpo astrale, che dimora in quello eterico, è occupato con il mondo esteriore. Quando l’uomo è in uno stato di sonno, ogni entità che ha la forza di formulare dei pensieri può avere un’influenza su di lui. Cosí, certe individualità superiori, coloro che definiamo Maestri, possono allora avere un’influenza su di lui. Possono inviare pensieri nel corpo eterico del dormiente. L’uomo può dunque ricevere i pensieri puri ed elevati dei Maestri nel suo corpo eterico, e i Maestri che vogliono coscientemente occuparsene.
Ma sono soprattutto anche i pensieri che volteggiano nell’ambiente che, la notte, entrano nel corpo eterico. L’uomo li ritrova allora al mattino, quando scivola nuovamente nel suo corpo eterico. Ci sono due specie di sogni. Una specie nasce direttamente dalle esperienze nel mondo astrale, come eco delle esperienze della giornata e certe cose del mondo astrale. Generalmente nello spazio astrale, la notte, l’Io non sperimenta altro che le cose inerenti alla vita quotidiana. Ritornando, o riporta le esperienze del mondo astrale nella vita di veglia, o non lo fa. Però trova qualcosa di fatto nel corpo eterico. Quello che ci trova è ugualmente ricevuto dal corpo astrale e ci appare allora nei sogni. Ma quello che, di notte, è avvenuto con il corpo eterico è un’altra specie di esperienza. Al mattino, nel corpo eterico, per prima cosa si trovano dunque dei pensieri che gli sono venuti dall’ambiente; in secondo luogo, anche i pensieri che i Maestri o altre individualità hanno coscientemente deposto in lui. Quest’ultima eventualità può essere suscitata quando l’uomo medita. Per il fatto di occuparsi durante la giornata di pensieri puri e nobili, aventi valore di eternità, l’uomo introduce nel suo corpo astrale delle inclinazioni per questi pensieri.
Se un uomo non avesse delle inclinazioni per tali pensieri, il fatto che un Maestro voglia occuparsi del suo corpo eterico non servirebbe a nulla. Se si legge La Luce sul sentiero e si medita quel testo, si prepara il corpo astrale cosí bene che, quando il Maestro ha riempito il corpo eterico di pensieri sublimi, il corpo astrale può realmente trovare quei pensieri. Tale aspetto è chiamato rapporto dell’uomo con il suo Io superiore. Questo è il reale processo interiore. L’Io superiore dell’uomo non è qualcosa che vive in noi, ma che vive attorno a noi. L’Io superiore è formato dalle individualità che sono passate attraverso uno sviluppo superiore. L’uomo deve avere chiaro il fatto che l’Io superiore è al di fuori di lui. Se lo cercasse in sé, non lo troverebbe mai.
Deve cercarlo vicino a coloro che hanno già fatto il percorso che egli vuole fare. In noi c’è solo il karma, quello che abbiamo già vissuto nelle incarnazioni anteriori. Tutto il resto è al di fuori di noi. L’Io superiore è intorno a noi. Se in avvenire vogliamo avvicinarci a lui, bisogna prima di tutto cercarlo molto vicino alle entità che durante la notte possono agire sul nostro corpo eterico. Esso è nell’universo ed è per questo che il filosofo Vedanta dice: «Tat tvam asi» cioè «tu sei quello». Se leggendo dei libri adeguati come La Luce sul Sentiero o Il Vangelo secondo Giovanni si rende il corpo astrale incline a ricevere dei contenuti elevati e a comprendere in seguito i Maestri, si agisce allora in favore dello sviluppo dell’Io superiore.
La notte nello spazio astrale troviamo dunque i corpi addormentati oppure gli allievi con i loro Maestri, nella misura in cui colui che ha stabilito un legame con il Maestro, grazie a un’adeguata meditazione, ha il collegamento che l’attira verso il Maestro. È il processo che può aver luogo di notte. Ogni uomo, immergendosi nelle scritture ispirate, può arrivare a partecipare ad una tale relazione, e con questa allo sviluppo dell’Io superiore. Il nostro Io superiore è già ora ciò che il nostro Io sarà fra qualche millennio. Ma per fare realmente conoscenza con l’Io superiore, dobbiamo cercarlo là dove egli è già adesso, vicino alle individualità superiori. Questa è la relazione degli allievi con il Maestro.
Nello spazio astrale possiamo anche incontrare qualcun altro: il mago nero con i suoi allievi. Per seguire una formazione in magia nera, l’allievo attraversa una pratica particolare. L’insegnamento di magia nera consiste nel fatto che l’uomo, sotto una particolare direzione, si abitua a martirizzare, tagliare, uccidere degli animali. È l’abiccí. Se l’uomo martirizza coscientemente qualcosa di vivente, questo ha una certa conseguenza. Il dolore che provoca ha un’azione del tutto particolare sul corpo astrale umano. Se si taglia coscientemente a livello di un certo organo, l’uomo acquista un potere.
Ora, il principio di tutta la magia bianca è che per conquistare un potere bisogna dare qualcosa di sé. Se un potere è conquistato donando qualcosa di sé, esso emana dalla sorgente della vita comune dell’universo. Ma se prendiamo dell’energia vitale a un altro particolare e determinato essere, rubiamo la sua energia vitale, e per il fatto che questa apparteneva ad un singolo essere, si densifica, intensifica l’esistenza isolata nell’uomo che se ne appropria. Questa densificazione di una esistenza isolata lo rende atto a diventare l’allievo di coloro che combattono i buoni Maestri.
Poiché la nostra Terra è un luogo di combattimento, essa è il teatro di due potenze antagoniste: a destra e a sinistra. A destra, una potenza bianca cerca di rispiritualizzare la Terra quando questa ha raggiunto un certo grado di densità fisica materiale. L’altra potenza nera, a sinistra, cerca di rendere la Terra sempre piú densa, come è avvenuto per la Luna. Dopo un certo tempo, la nostra Terra potrebbe cosí essere l’espressione fisica delle potenze buone o di quelle cattive. Essa diventa l’espressione delle potenze buone per il fatto che l’uomo, cercando l’Io nella comunità, si allea agli spiriti che uniscono, raggruppano in un insieme. La Terra è destinata a differenziarsi fisicamente sempre piú. Ora, è possibile che le differenti parti prendano ciascuna il proprio percorso, che ogni parte si formi un Io. È il percorso nero. Il sentiero bianco è quello sul quale si aspira a qualcosa di comune, a far formare un Io universale.
Se ci chiudiamo sempre piú in noi stessi, se c’immergiamo nel nostro proprio organismo dell’ego, se vogliamo sempre di piú per noi stessi, finiremo tutti per avere una tendenza divergente gli uni in rapporto agli altri. Se al contrario ci uniamo, in modo che ci animi uno spirito comune, e che fra noi, in mezzo a noi, si formi un centro, allora ci aggreghiamo. Essere un mago nero vuol dire sviluppare sempre di piú lo spirito individualistico dell’esistenza isolata. Alcuni adepti neri stanno cercando anche di accaparrarsi certe forze della Terra. Se l’insieme dei loro allievi diventasse abbastanza forte affinché ciò fosse possibile, la Terra sarebbe persa!
L’uomo è chiamato ad avvicinarsi progressivamente, sempre di piú all’atmosfera dei buoni Maestri. Sul piano astrale a fianco dell’adepto e dei suoi allievi si trova dunque anche il mago nero con i suoi allievi. Inoltre, si trovano evidentemente anche gli uomini morti da poco e che sono là per disfarsi progressivamente dei legami che hanno avuto con la Terra. Bisogna disfarsi del desiderio del piacere. Il piacere è un processo del corpo astrale, ma non può essere soddisfatto dal corpo astrale. Finché si vive sul piano fisico, si può soddisfare il desiderio del corpo astrale con gli strumenti del corpo fisico. Dopo la morte, il desiderio del piacere persiste, ma gli strumenti per soddisfarlo non ci sono piú. Bisogna disabituarsi a tutto ciò che può essere soddisfatto solo dal corpo fisico. Questo viene fatto nel Kamaloca. Quando l’uomo non ha piú tutto questo genere di desideri, il periodo del Kamaloca è terminato e comincia quello del Devachan.
Quando il Kamaloca arriva alla sua fine, può sopraggiungere qualcosa che non è del tutto normale nell’evoluzione umana. In effetti, nella normale evoluzione umana, quando l’uomo non ha piú desideri, voglie, pulsioni, passioni ecc., dal corpo astrale si eleva tutto quello che è di natura superiore. Quello a cui l’uomo ha aspirato, al godimento dei sensi, resta allora come una specie di guscio, di conchiglia. E quando l’uomo ha lasciato il piano del Kamaloca, queste conchiglie umane astrali galleggiano nel piano astrale. Esse si dissolvono poco a poco, e quando l’uomo ritorna, la maggior parte delle sue conchiglie si sono interamente sciolte.
È molto facile che delle nature fortemente sonnambule o medianiche siano tormentate da queste conchiglie astrali. Già in uomini che hanno delle deboli capacità medianiche, questo si manifesta in un modo che fa loro un’impressione molto sgradevole. È possibile che l’uomo abbia nel suo Io un’inclinazione cosí forte per il corpo astrale – oppure che d’altra parte sia cosí avanti da avere relativamente in fretta la maturità per passare nel Devachan – che alcune parti del suo manas già sviluppato restino legate a questa conchiglia. Non è cosí grave che l’uomo sviluppi dei desideri inferiori finché è ancora un uomo semplice, ma è grave che l’uomo impieghi un’intelligenza elevata per concedersi dei desideri inferiori. Allora, una parte della sua natura manasica si lega ai desideri inferiori. È il caso, e in misura straordinaria, nell’epoca materialista. In tali uomini, una parte del manas resta legato alla conchiglia, e questa ha allora una coscienza automatica. Queste conchiglie sono chiamate ombre. Le ombre dotate di una coscienza automatica sono spesso quelle che si esprimono attraverso i medium. Si può allora essere vittima dell’illusione che consiste nel prendere per reale l’individualità di un uomo, mentre in realtà ne è solo il guscio. Spesso, quello che si manifesta dopo la morte di un essere umano è un tale guscio, il quale non ha niente a che vedere con l’Io che continua a evolvere. Però, una volta dissolta l’ombra, il karma non è ancora cancellato.
Portiamo con noi la causa di tutte le repliche che abbiamo prodotto nello spazio astrale. Le nostre opere ci seguono. Quello con cui impregniamo lo spazio astrale è come la firma impressa in un sigillo. Questo resta nello spazio astrale come impronta del sigillo e provoca devastazione. Ciò che corrisponde al sigillo, lo portiamo con noi. Però quello che resta nello spazio astrale non è da disprezzare. Immaginiamo che qualcuno si sia evoluto in questa vita al di là di un grado d’evoluzione determinato, un livello nel quale è rimasto per un certo tempo. Al livello d’evoluzione anteriore, avrebbe avuto delle opinioni che contraddicono quelle ulteriori.
Quando sale nel Devachan, le vecchie opinioni con le quali non si è confrontato in maniera armoniosa restano nel guscio. Se un medium si mette allora in relazione con questo guscio, potrà trovare delle contraddizioni in rapporto alla vita ulteriore. È stato certamente il caso quando si è cercato di mettersi in relazione sul piano astrale con Helena Petrovna Blavatsky, che era stata una volta opposta all’idea della reincarnazione. Il medium in questione ha dunque preso dal guscio lasciato dalla Blawatsky quest’avviso che nel suo insegnamento ulteriore ella chiamava pertanto un errore.
Chi entra nello spazio astrale può esporsi a una enorme quantità di errori. Oltre a tutto il resto, sul piano astrale c’è un’impronta della cronaca dell’Akasha. Se qualcuno ha la facoltà di leggere sul piano astrale nella cronaca dell’Akasha, e ci si riflette nelle sue diverse parti, potrà vedere le sue incarnazioni precedenti. La cronaca dell’Akasha non è stampata in lettere, ma ci si legge quello che è realmente avvenuto. Anche dopo 1.500 anni, un’immagine dell’Akasha dà ancora l’immagine della personalità anteriore. Sul piano astrale si possono dunque ancora trovare tutte le immagini dell’Akasha dei tempi anteriori. È cosí che si potrebbe diventare vittima dell’errore di credere di parlare con Dante, mentre Dante potrebbe in effetti esistere nuovamente oggi sulla Terra in quanto personalità vivente. Può anche essere che l’immagine dell’Akasha dia delle risposte sensate e anche che superi se stessa. È veramente possibile che si ottengano dei versi dall’immagine dell’Akasha di Dante, ma che essi non provengano dall’individualità che ha progredito; sono da considerarsi come dei versi prodotti in continuazione da parte della personalità che aveva il Dante dell’epoca. L’immagine dell’Akasha è effettivamente qualcosa di animato, non un automa statico.
Ci vuole un allenamento forte e penetrante per poter ritrovarsi sul piano astrale, perché le illusioni vi sono sempre possibili. È soprattutto necessario imparare ad astenersi da ogni giudizio il piú a lungo possibile.
Adesso prenderemo in considerazione il processo della morte, al fine di comprendere la tecnica della reincarnazione. Il momento della morte consiste nel fatto che il corpo eterico e il corpo fisico sono prima di tutto strappati l’uno dall’altro. La differenza fra colui che si addormenta e colui che muore è che, in colui che s’addormenta il corpo eterico resta legato al corpo fisico. Tutti i pensieri ed esperienze dell’uomo sono impressi nel corpo eterico. Essi vi sono incisi. Se il mondo esteriore non cancellasse continuamente le sue esperienze, l’uomo potrebbe ricordarsi ben maggiormente quello che ha vissuto. L’uomo non ha sempre davanti a sé le sue rappresentazioni, per la semplice ragione che egli dirige la sua attenzione all’esterno. Quando cessa di farlo, percepisce quello che si è accumulato nel suo corpo eterico. Tutto quello che l’uomo ha preso in sé dal mondo esteriore è impresso nel corpo eterico. Per prima cosa egli dirige la sua attenzione all’esterno e riceve delle impressioni nel suo corpo eterico. Ma dimentica in gran parte tutto questo. Dopo la morte, una volta deposto il corpo fisico, percepisce tutto quello che è stato memorizzato nel suo corpo eterico. È cosí una volta che l’Io, con i corpi astrale ed eterico, si è separato dal corpo fisico. Subito dopo la morte, l’uomo ha dunque l’occasione di avere un ricordo completo di tutta la sua vita passata.
Dobbiamo adesso cercare di comprendere anche quel momento simile che è il momento della nascita, quando l’uomo entra nella sua nuova incarnazione. In quel momento succede qualcosa di differente. Egli porta allora tutto quello che ha elaborato sul piano del Devachan. I corpi astrali desiderosi d’incarnarsi volano come dei gusci avvicinandosi all’etere di vita e formano allora un nuovo corpo eterico.
Ora, quando l’uomo si lega al suo futuro corpo eterico, c’è un momento di visione, come al momento della morte quando ha guardato indietro nella sua vita passata. Ma adesso, tutto questo si esprime in modo completamente diverso, sotto forma di visione dell’avvenire, di precognizione. Da parte dei bambini piccoli il cui psichismo è un po’ predisposto a questo, si possono sentire a volte dei racconti – almeno fintanto che la civiltà materialistica non ha agito su di loro – che rivelano in loro una precognizione dell’esistenza.
Ecco due momenti importanti, essenziali, perché ci mostrano quello che l’uomo porta con sé scendendo ad incarnarsi. Quando muore, l’essenziale è un ricordo. Quando si reincarna, l’essenziale è una visione dell’avvenire. La relazione fra i due è come quella della causa e dell‘effetto. Quello che l’uomo vive all’ultimo momento della morte è la sintesi di tutte le sue vite precedenti. Nel Devachan esse sono trasformate da una questione del passato a una questione dell’avvenire. Questi due momenti possono fornire un’indicazione importante sui rapporti precisi in due incarnazioni successive o anche in piú.
Rudolf Steiner
Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner
Berlino, 18 ottobre 1905 ‒ O.O. N° 93a. Traduzione di Angiola Lagarde.