L’uomo giusto, capace di sollevarsi dal suo compito terreno, fu Parsifal perché: «Quando cercai di seguire spiritualmente Parsifal, nella sua cavalcata verso il Graal …mi si illuminò nell’anima l’immagine di lui che cavalcava giorno e notte, tutto dedito alla contemplazione della natura durante il giorno, delle stelle la notte, quasi che la scrittura stellare avesse parlato al suo subcosciente» [nella sua sfera infantile mantenuta pura], (conferenza del 1° gennaio 1914 – O.O. N° 149).
«Dopo che l’entità del Christo si fu immersa nel corpo di Gesú di Nazareth, quanto proveniva dall’alto si era per cosí dire cristizzato; ora si poteva nuovamente guardare verso l’alto, ora qualcosa di diverso era scaturito dalla unione del Signore della Terra con la Madre lunare. Infatti il Christo era divenuto il Signore della Terra, lo Spirito della Terra, e si era effuso nell’aura della Terra. A missioni mondane quali venivano svolte dalla corte del re Artú si poteva accostarsi con le forze della Terra, mentre alle missioni proprie del Graal non era lecito accostarsi con ciò che era effetto di forze terrene come avvenne per Amfortas. Chi si fosse avvicinato ai segreti del Graal carico di queste forze [passione bramosa, gelosia], doveva essere colpito da dolori. E siccome le forze delle costellazioni erano compenetrate dalle forze del Christo …un uomo …che per effetto del suo karma si trovava al punto in cui la sua anima poteva essere accolta dal Christo [Parsifal] …poteva essere concepito come legato alle forze simbolizzate nel termine “tempo di Saturno”; cioè un momento nel quale Saturno e il Sole si trovano nel segno del Cancro.
Arriva colui che reca l’impulso del Christo nel suo subcosciente, arriva Parsifal con la forza di Saturno, e la ferita di Amfortas duole come mai prima. …Vogliamo metterci dinanzi alla Madre pensata verginale, con il Christo sul suo grembo, ed esprimere questo pensiero: chi è capace di sentimenti santi davanti a questa immagine ha sentore del Graal. Tutti gli altri lumi, tutti gli altri dèi sono offuscati dalla sacra Coppa, dalla Madre lunare ormai toccata dal Christo, dalla nuova Eva, portatrice dello Spirito solare Christo. …Una schiera di Angeli portò a Titurel il santo Graal, cioè il vero mistero del Christo Gesú, il mistero del rapporto tra il Signore della Terra e la Madre verginale, e una schiera di Angeli lo attende di nuovo nella sfera delle Gerarchie superiori. Se lo ricerchiamo in quella sfera, comprendiamo il senso della ricerca della nostra concezione antroposofica, progredendo gradualmente sempre piú oltre, verso un sentimento che comprenda il rapporto dell’aspetto stellare del Graal con l’aspetto umano del Graal stesso, che comprenda la Madre legata a Gesú, al Christo».
Parsifal, quando ignaro abbandonò il castello del Graal, fu toccato nel profondo dell’anima alla vista della vergine Sigune con in braccio il promesso sposo ucciso (Schionatulander: forse una precedente incarnazione di Rudolf Steiner); poi andò, come cavaliere errante (errante nei due significati), alla ricerca della conoscenza del mistero del Graal, e sul sentiero che avrebbe portato la sua parte pura, ma inconscia, alla conquista della saggezza, per lunghi anni dovette attraversare il travaglio del dubbio, il dolore del dubbio e dell’incertezza. Ma quel dolore fu l’esperienza, piú che necessaria, per sollevarsi alla conoscenza di sé e del Christo, perché la legge spirituale rivela che non c’è vera conoscenza senza dolore. Se si ricorda che Parsifal ha anticipato lo sviluppo della sua anima cosciente, rispetto a tutta l’umanità, si potrà comprendere come quest’ultima si trovi, ora, nel frangente piú doloroso dell’insorgenza di drammi interiori del dubbio, soprattutto fra i pensatori piú forti. Il senso di questo dolore è che, se affrontato con il coraggio dell’Io, è suscettibile di far salire la coscienza e la saggezza individuale a un livello superiore. E Parsifal, consumato tutto il suo coraggio umano, giunto all’acme della prova dello Spirito, un Venerdí Santo, portato dalla forza del Graal in lui operante ancora inconsapevolmente, giunge presso un eremita che, vivendo immerso in un’aura mistica, lo introduce alla conoscenza del Christo e del Suo sacrificio salvifico dell’umanità. Nel giorno in cui il Christo muore sulla croce, Parsifal vive un’esperienza che gli dà il senso pieno di tutta la sua vita. Per lui è come una rinascita, che gli apre gli occhi su un mondo che, ora, appare immerso in un’aura di armonia celeste: l’Incantesimo del Venerdí Santo. Quello che ancor oggi è sentito solo come il buio giorno della morte in croce, per Parsifal divenne la testimonianza che, in virtú di quel sacrificio e di quel sangue versato, tutta la Terra e l’umanità furono immerse in una radiante aura di novella, solare vita spirituale. Ma, quella vita novella non fluiva e riluceva solo fuori di Parsifal, essa irradiava anche dalla sua interiorità: il Christo era penetrato nella sua pura parte infantile che, però, per mezzo del sentiero di conoscenza attraversato, si era colmata di vera Saggezza stellare. Egli era divenuto un Christoforo: un portatore del Christo che, in lui, si era potuto riunire alla “Nuova Iside”. Un uomo, per la prima volta e senza la diretta azione del Christo, aveva raggiunto lo stesso risultato da Questi infuso dalla croce in Lazzaro-Giovanni: ricomporre l’androginia dei corpi sovrasensibili, soprattutto del corpo eterico. Perciò, questo Io si conquistò il potere di divenire, in futuro, il primo Manu umano, non divino, che avrà l’onere di guidare spiritualmente l’umanità intera, a partire dalla Sesta Grande Epoca Terrestre.
Quando fu allontanato dall’Eden, l’uomo portò con sé, nel suo corpo di calore, solo i frutti dell’Albero della Conoscenza (l’etere della Luce-Saggezza spirituale), ma non gli fu concesso di portare con sé quelli dell’Albero della Vita (l’etere del suono e della vita); egli fu allontanato dalla Vita spirituale capace di autoriprodursi e dall’Armonia delle Sfere capace di avvivare e plasmare la materia. La Vita e il Suono divini continuarono a essere diretti, nella compagine umana, da elevati Spiriti superiori, e le conseguenze piú tragiche furono la divisione dei sessi e la morte dei corpi. Ma tale conseguenza fu assolutamente necessaria, affinché si avviasse una caduta nella materia dell’anima umana e di tutta la Natura a essa collegata: una caduta che doveva portare alla nascita dell’autocoscienza dell’Io sulla Terra. Quando questa poté nascere nell’interiorità umana, grazie al mistero del Golgotha, allora, per effetto di quanto si è tentato di accennare, una possente spinta verso la riascesa fu innestata nella Terra e nelle anime umane.
Quella Vita primigenia e quella Armonia delle Sfere furono reintegrate nell’umano, nella parte rimasta piú pura e inconsapevole, la piú intoccata dall’ego individualizzatosi, dall’astrale inferiore, senziente. Questa azione di reintegrazione attuata dal Christo, è la causa senza la quale mai si sarebbe potuto riunire i due Alberi nell’uomo: mai piú un orecchio dell’anima avrebbe potuto riudire quella Armonia, quella “Musica incantatrice del Serpente”, che strappandolo via dalla sede corporea inferiore in cui l’ha dislocata e imprigionata, la lascerà ergersi verso l’alto, verso la sua vera sede: il cuore. Riuniti i due Alberi, reintegrato l’Archetipo edenico di cui sono simbolo, anche l’umano fu riavviato all’unità primordiale, all’unione che sussiste in virtú di un Amore non soggiogato dalla sensualità, ormai superata perché sciolta per sempre dalla divisione generatrice della brama, per sempre inappagabile dall’unione dei soli corpi, ma solo da quella originaria delle anime. Una Musica celeste riudita dall’anima sarà l’annunciatrice, in ogni uomo che cerca l’unione con la Nuova Iside e con il Christo, dell’inizio del compimento dell’opera interiore di reintegrazione dell’androgino. Contemporaneamente, per virtú di sagge forze di destino, l’anima omologa da cui fummo separati, convergerà verso la nostra in spazi e tempi designati dal Signore del Karma, avviando un reincontro fatidico su questa Terra. Da questo elemento irrinunciabile rispetto ad altri, dipenderà il futuro superamento della menzogna, della malattia e della morte, come si sperimentano da un ormai troppo doloroso tempo. La conquista del nostro Fantòma futuro passa per questa via: un morire volontario del sé del passato, un morire in Christo perché nasca dall’alto il Sé del futuro, il Figlio dell’uomo, il Figlio della speranza.
E come già in precedenza, si presenteranno altre parole di Massimo Scaligero, ben piú alte e degne di chi scrive: «Tutto ciò a cui tende l’uomo dall’origine è la reintegrazione dello stato edenico: tutto lo spinge fin dal principio a questo. Che cosa è questo: è un lasciare via via tutto, un non tendere piú a nulla, un essere dall’essenza, un sorgere dal nulla, un raggiungere il nulla, per nascere. Un morire voluto, per essere: uno sprofondare in sé per ritrovarsi, un non temere alcuno sprofondamento, uno scendere fino all’ultimo con infinito coraggio. Al livello ultimo la forza risorge. Risorge nell’amore cosmico. Non v’è altra forza che il Sacro Amore, o la volontà d’assoluto. Ma tale volontà d’assoluto, portata a sua ultima istanza, non può non sboccare in una riconsacrazione dell’amore. Comprendiamo allora il senso della poesia dedicata dal Dottore a Marie Steiner, sul rapimento della Iside-Sophia da parte di Lucifero. L’Iside-Sophia ritrovata è l’amore adamantino, l’elemento originario. Occorre ritrovare nella figura di luce dell’altro la musica di cui ogni piú alta musica terrena è la nostalgia. Questa noesis si svolge di pari passo con il potere ideale assoluto, quello capace della risonanza piú segreta. È la terapia continua del male del mondo, della vita fisica, del corpo e dell’anima, lo slancio possente della donazione reciproca, ossia della ridestantesi forza dell’anima. Esiste il giardino della lieta speranza, e accanto la rocca possente della volontà: un unico sentiero conduce dal piano della sacra aspirazione alla creazione secondo il Divino che si è capaci di accogliere in sé. Ma gli eventi incalzano: la lotta per il Graal è serrata. Gli avversari hanno teso tutte le insidie: perciò non c’è tregua nel combattimento. “Il Graal si conquista con le armi alla mano”, avverte Wolfram von Eschenbach. Il còmpito della Conoscenza e l’eroica vocazione dell’anima, ascendente in ogni momento del giorno, si fondono con la necessità profonda dell’amore unico e universo. È una sola vita dell’anima: il giungere ogni volta al confine dell’intelletto riflesso, per respirare secondo perennità, e il realizzare il Sacro Amore: sono un’operazione sola. Sono un’identità. Tutto è una preparazione per la venuta del nuovo tempo. È importante preparare la gioia del tempo in cui lo Spirito comincerà a prevalere: solo allora si potrà afferrare il senso reale di tutte le prove presenti. Ora è necessaria la grande dedizione, l’assoluta vocazione, nella calma che è da sé: un lasciar essere il mondo e il proprio essere, cosí che la Forza-Christo fluisca. Approderemo allora all’isola della vita, ove è il nobile Castello del Graal, il luogo della Luce restituita alla vita dal Redentore”. (M. Scaligero, Manoscritti inediti, Quaderno XIV – L’Archetipo, Ottobre 1999).
Si è giunti alla fine di questo lavoro: si è potuto comprendere molto, certo non la piena conoscenza del tema trattato, ma questo non è la cosa piú importante, perché «L’uomo che conosce, raccogliendosi nel sentimento e nella volontà, diviene un essere che sacrifica. Il rapporto di fondo dell’uomo con il mondo sale dalla conoscenza al culto cosmico. Che tutto ciò che costituisce il nostro rapporto con il mondo si riconosca dapprima come culto cosmico nell’uomo, è il primo inizio di ciò che deve accadere se l’Antroposofia deve attuare la propria missione nel mondo».
La conclusione vorrebbe essere un invito per chi scrive e legge: che i veri antroposofi, con tutte le forze, attuino questo “primo inizio”, vivano questa nuova e piú alta Eucarestia, che chiede alla luce-pensiero della testa di unirsi al calore-amore del cuore, perché questo porterà a «ricongiungere lo spirituale che è nell’uomo con lo spirituale che è nell’universo», alla Resurrezione del singolo, della Terra, del cosmo.
Mario Iannarelli (Fine)