Forse prendeva un tè, il talebano,
o invocava il Profeta, chi può dirlo,
quando è arrivato il colpo,
dopo nove secondi dallo sparo,
un clic leggero, quasi impercettibile,
manco si è accorto di morire: un buco
come uno spillo dentro il barracano.
È un mago del bersaglio chi ha sparato,
un cecchino d’antan ribattezzato
sniper nel dizionario militare,
un mercenario canadese, dicono,
uno che centra il target a distanza
di chilometri quattro circa, un record
rispetto ai tre chilometri e duecento
detenuto finora da un inglese.
È una gara tra killer col binocolo
che insidiano il primato di Chris Kyle,
lo sniper celebrato da Clint Eastwood
nel suo omonimo film, che pur sparando
dalla corta distanza ha nel carniere
umano ben duecento e passa prede.
Ma dov’è l’uomo ormai, cosa diviene
ogni giorno che passa? Era poeta,
e musicista, pensatore, artefice
di meraviglie, un angelo in potenza.
Ora tende l’agguato all’altro uomo,
e quando lo finisce non si accorge
di uccidere se stesso. Non capisce
che la morte dell’altro è la sua morte,
una sconfitta per l’umanità.
Ma imbracciando il McMillan TAC 50
e premendo il grilletto, freddo, assente,
si crede in qualche modo onnipotente
mentre non fa che cancellare un Io.
Non sa che lo strumento uomo è un’arpa
eolia, registrata sul divino,
e vibra, suona, digita armonie
appena il soffio sconosciuto spira,
e corda dopo corda sincronizza
il cuore alla recondita armonia
delle sfere. Destino d’ogni uomo
comunque sia, qualunque la sua storia,
è concordare le sue fibre al diapason
invisibile, al ritmo, alla cadenza,
all’unisono cui s’avviva il tempo,
in uno con l’eterno divenire.
Il cronista