Quanto ci siamo chiesti cos’è l’uomo,
da dove viene e dove andrà a parare
il suo cammino! La risposta è stata
di recente annunciata in quel di Pisa
da un team di esperti sovrannazionali,
secondo i quali renderebbe umano
l’uomo un processo che ricava in sintesi
nella nostra corteccia cerebrale
la dopamina dagli interneuroni.
Millenni di rovelli si chiariscono
grazie a questa scoperta. Ora sappiamo
che essendo per genetica dotati
di tali rare protesi neurali
ci distinguiamo dalle grandi scimmie
che ne sono sprovviste, in obbedienza
a un codice di cui ci sfugge il senso.
L’agenzia del Pentagono, la DARPA,
pensa già di sfruttare la scoperta
in progetti avanzati di difesa,
l’opzione militare essendo l’unica
per cui valga la pena elucubrare
e spendere quattrini e vite umane.
Collegando i neuroni coi transistor
e le sinapsi cerebrali al gioco
di complessi algoritmi, si potenzia
la mente con le protesi neurali,
e il plantigrado assurge alle finezze
speculative e tattiche di un genio.
Eppure si sperava che la scienza
con la sua tecnologica efficienza
privilegiasse il cuore e non la mente
implementando l’uomo cogitante
secondo i paradigmi dello Spirito
e praticante amore e devozione,
ché nei precordi è insito il mistero
del trascendente che si fa pensiero.
Ma invece di voler trasumanare,
l’uomo-robot si limita a rampare,
scimmia che nonostante il digitale
di cui si sta dotando in esclusiva,
si perde nel delirio cerebrale
dell’Io nella materica deriva.
Il cronista