Si tratta di un fenomeno singolare e suggestivo che di notte si offre ai naviganti, specialmente in talune stagioni e soprattutto nei mari equatoriali, ma anche nei settentrionali fino a 60 gradi di latitudine. Esso consiste in tanti sprazzi di luce azzurrognola e scintillante ad ogni fender di remi o solcare di nave, o per qualunque agitarsi dell’onda marina.
Non è già un vapore luminoso che si svolga dall’acqua, ma è l’acqua stessa che diviene fosforescente. Anche un profano può facilmente comprendere che questa luce non appartiene alla natura dell’acqua marina giacché, se cosí fosse, si dovrebbe osservare in tutti i tempi e in tutti i luoghi. Appunto per questo, anzi, non è stato arduo concludere che dovesse dipendere da qualche altra materia intimamente mescolata con le acque stesse.
Dai naturalisti del secolo scorso, infatti, si riteneva che questa luce provenisse da uno sviluppo di elettricità, con rispondenza all’opinione intorno alla fosforescenza dei minerali, ma s’ignorava la sorgente di tale fluido, e d’altro canto, con gli strumenti piú sensibili che rivelano l’elettricità libera, non se ne ebbe segno di sorta. I missionari Bourzes e Canton, raccogliendo forse sulle sponde del mare quella specie di “liquame” o materia mucosa che spesso vi si trova in corruzione, e accertatane la fosforescenza, credettero che il fenomeno dipendesse dalla putrefazione dei corpi marini.
In seguito i naturalisti, considerando piú da vicino il fenomeno, riconobbero agevolmente che la vera causa di esso erano animali marini i quali avevano la proprietà di emettere luce non altrimenti che certi insetti.
Si è d’altra parte disputato moltissimo intorno alla causa dello scintillare di questi animali. Non si deve credere anzitutto che ciò sia prodotto dall’abbondanza di fosforo, come la parola stessa adottata dai naturalisti potrebbe far pensare: nella materia luminosa che si ritrova in certi organi dai quali la luce deriva, infatti, non c’è traccia di questa sostanza. Inoltre la luce fosforica non si presenta sempre alla stessa maniera. Talune volte appare diffusa ed uniforme, in una certa secrezione degli animali, la quale fa splendere qualunque corpo con cui si ponga a contatto. Un simile fenomeno si verifica, al dire dello Spallanzani, in molti anellidi ed acalefi; le acque della Brenta nel Veneto ad esempio, sono luminose per la mucaglia che vi diffondono simili animali. In secondo luogo è da sapere che in molti altri dipende da certi organi peculiari composti di una materia simile all’albumina, la quale fosforeggia e, in tal caso, la luce appare dov’è l’animale ed ora è continua ora intermittente; secondo che l’organo sia esterno oppure alternamente si nasconda manifestandosi nei vari movimenti del corpo. Anzi si è osservato che in certi animali il potere fosforico si manifesta segnatamente all’epoca della generazione, ed è questa una delle ragioni per cui la fosforescenza nel mare non è continua ma periodica. La pyrosoma atlantica che sfolgora di una luce azzurro-verdognola assai intensa, che stupisce talora di notte i naviganti e fa pensare loro chissà a quale portento, presenta un corpo molle e verdigno dietro la bocca, che, osservato con la lente, presenta trenta o quaranta piccole prominenze da cui emana luce.
Una singolare maniera di fosforescenza assai diversa da quelle accennate si osserva nelle nottiluche, nelle ofiure e in molti altri animali marini. In questi non si ritrova propriamente materia luminosa né segregata né raccolta in speciali organi: in compenso tutto il loro corpo emette luce, né questa si confonde con l’acqua nella quale l’animale si trova: è un’emissione diretta di luce che dipende essenzialmente dalla vitalità dell’animale, giacché essa aumenta se questo venga stimolato o comunque si muova e, d’altro canto, si affievolisce se esso stia per morire, e scompare del tutto alla morte. Quando si osservano nelle tenebre questi interessanti animali, si vedono circondati come da un’aureola di luce azzurrognola, la quale è assai viva vicino al loro corpo e di là da esso va man mano diradandosi. Se poi si osservino col microscopio, non si vede già la emissione di un vapore luminoso, ma una miriade di minutissime scintille che escono dal loro corpo, le quali, confuse insieme come sono, non possono essere percepite distintamente a occhio nudo.
Un cosiffatto scintillare si potrebbe credere di natura elettrica perché veramente somiglia esteriormente alle luminosità elettriche, ma le piú accurate ricerche hanno escluso tale ipotesi. Senza di che, sebbene le varie specie di pesci elettrici, quali la torpedine, il siluro, il gimnoto, siano capaci di sviluppare elettricità considerevole, pure questa non appare luminosa al primo sguardo e soltanto l’artificio dei fisici giunge ad ottenere la scintilla. Inoltre, in questi animali elettrici il cui fluido può ferire e anche uccidere, si ritrovano sempre organi peculiari, di una particolare conformazione, dai quali si sviluppa direttamente la forza fulminante.
Ora, negli animali fosforescenti non si riscontra alcun organo che possa richiamare alla mente quello della torpedine, del gimnoto, o di altri pesci elettrici, per cui, prescindendo anche dal fatto che gli elettrometri piú sensibili non registrano in essi alcun segno di elettricità, la semplice indagine anatomica annulla un’opinione che pure è stata tenuta in conto di verità da antichi e da moderni naturalisti.
Qual è infine la causa dello scintillare continuo di certa fauna marina? Il Quatrefages già opinò che questa luce fosse da ritenere come un atto puramente vitale, ossia come una modificazione del fluido nervoso dell’animale. Ma piú esatta è invero l’osservazione di un illustre fisico italiano, il quale afferma che «si dànno certi corpi in tali condizioni di equilibrio atomistico che rendano le loro molecole di facile vibrazione; per modo che queste particelle assumono, assai prima della temperatura d’incandescenza, alcune o tutte quelle celerità di oscillazioni cui è dovuta la luce».
La differenza dunque sarebbe in ciò che, nel primo caso, il movente precipuo di tali oscillazioni sarebbe l’ossigeno, che operando su tali materie romperebbe l’equilibrio atomistico delle loro molecole e promuoverebbe quelle tali vibrazioni nell’etere luminoso; mentre nel secondo caso presente, l’oscillare di tali molecole sarebbe un fatto naturale a tutto l’organismo dell’animale: una specie di attività organica squisitissima, la quale induce quelle rapide metamorfosi nella materia che sono sufficienti a destare il medesimo movimento nell’etere circostante.
Tali metamorfosi organiche che causano le vibrazioni, certamente sono condizionate dalla vita generale dell’animale, e particolarmente dal suo sistema nervoso, cosí che, se si dà maggiore esplicamento di vita promosso da vari stimoli, la luce aumenta e, se quello vien meno, la luce diminuisce sino ad estinguersi del tutto.
Massimo Scaligero