Si consumò l’inganno, e noi cedemmo.
Ora il Giardino è chiuso, lo nasconde
un recinto di pietre rugginose.
Vi è ritagliato il vano di una porta
formata da mattoni, senza luce,
porta cieca, innestata all’armatura
della cinta muraria. Noi volemmo
cosí, quel giorno, in cui tutto ci apparve
possibile: negare la Tua mano,
sottrarci alla tutela, camminare
per vie traverse, oscure, solitarie,
ma intrise di una ignota libertà.
Era il nostro destino, il Tuo disegno.
Il Giardino fu chiuso, e noi perdemmo
il miele dei suoi fiori, dei suoi frutti.
Il cammino fu duro: sabbie, rovi,
belve, serpenti, uomini in agguato
per annientarci con il ferro e il fuoco,
e noi costretti a uccidere e lordare
la Madre Terra con umori e sangue.
Quanti millenni da quel giorno in cui
l’Angelo ci scortò fuori dall’Eden,
quanti pensieri, quanti sogni, un lungo
pianto represso, trattenuto, un grido
come una perla nera in fondo al cuore.
Ora il pianto si scioglie, erompe, scuote
i nostri corpi martoriati. Aiutaci,
Tu che conosci i morsi del dolore
umano. Manda l’Angelo a suonare
la sua tromba di gloria e sgretolare
quel muro ostile, quella dura porta.
E noi sapremo, liberi dal Male,
rendere il mondo intero un paradiso.
Cosí fu scritto, e questo noi faremo.
Fulvio Di Lieto