I diruti castelli degli amori
consumati in voraci frenesie,
labili giochi di sopravvivenza,
lasciano sulla terra i rocchi gialli
del grano che nutrí di sogni il cuore,
abile mestatore di speranze.
E fu l’estate, la passione, il fuoco.
Ora il tempo declina alla cadenza
dei tamburi di voga, stanno ai remi
i forzati del vivere, si estinguono
gli ultimi ardori delle reste, esalano
incensi di preghiere alle remote
divinità recluse in tabernacoli
interdetti ai fescenni adoratori
del carpe diem. La stagione muore
lasciando tra le stoppie una residua
pietà di chicchi, un’ultima risorsa
esorcizzante il vortice che ingoia
ogni dolce memoria, la preziosa
gioia del sangue, eterizzato ai palpiti
del darsi senza calcolo e misura.
Ora è tempo di indugio, sul crinale
un versante con l’ombra dei rimpianti,
l’altro con vaghi accenni di chiarore.
Erige a nuovo i suoi castelli in cielo,
mai stanco, mai deluso di sognare,
di farsi dono illimitato, il cuore.
Fulvio Di Lieto