C’è in giro una nuova droga e quasi tutti ne fanno uso. Si tratta dello smartphone, che ci rende incapaci di avere a che fare davvero con i nostri simili. Ci priva del contatto reale con l’altro.
La dipendenza dal Web e dai social network è un grande male di quest’epoca.
Questa droga che sta devastando la modernità occidentale è la tecnologia mobile: l’iPhone, lo smartphone, il tablet, il portatile ecc. È la tecnologia venduta come la piú socializzante, perché in un certo modo ti collega con il mondo. Peccato però che cancelli l’altro accanto a te.
La persona che cede a questa droga ha come l’impressione di avere il mondo in tasca, una sensazione quasi di onnipotenza. L’impressione che ne riceve può durare anche abbastanza a lungo; ma la vita, soprattutto sociale, comunque cambia. L’umore peggiora, nello studio e lavoro si conclude meno. Gli amici cominciano a girare alla larga, e anche tu li cerchi meno: ti accorgi di non avere voglia di vederli. Poi comincia la depressione, e sono guai.
La dipendenza digitale infatti, sostituendo l’altro con una macchina, disattiva i nostri “neuroni specchio”, le cellule cerebrali che sono in relazione con l’empatia, e il sentimento che ci unisce e lega agli altri ora non c’è piú.
Quel che è peggio, la macchinetta digitale mentre fa sparire l’altro, la persona in carne ed ossa, ti offre sullo schermo il mondo intero: apparentemente una ricchezza infinita. In realtà, però, non c’è nessuno. I tuoi neuroni specchio non hanno nessun altro umano da rispecchiare. Non c’è calore.
In seguito, a lungo andare, stai male. Perché, spiegano sociologi e psicologi, ti manca il “faccia a faccia”, cioè l’altro vero. L’altro è una scatola. Ma l’uomo ha sensi e cuore, e non è fatto per passare la sua giornata digitando su una scatola parlante. In ogni caso l’essere umano in questa anomala relazione soffre, dal cuore alla mente, allo stomaco, ai genitali, alla testa. Tutti gli organi vengono coinvolti in questa innaturale operazione.
I danni non sono solo psicologici o affettivi. Nei ragazzi il problema è piú grave: nella generazione cresciuta a smartphone c’è un ritardo complessivo di maturazione di circa quattro anni, accompagnato da un aumento dei disturbi mentali, in particolare la depressione.
Un altro rischio grave cui si va incontro è che usando sempre pc, tablet e smartphone non solo si distrugge un’arte grande e antica, la calligrafia, ma si danneggia anche l’apprendimento. Quando si usa la tastiera di un computer, si attivano solo alcune aree del cervello, quando si scrive a mano libera in corsivo sono impegnate tutte le aree del cervello. Questo dimostra la maggiore complessità, ma anche completezza di competenze richieste da questo tipo di scrittura.
Scrivere a mano è fondamentale non solo per una questione puramente estetica, ma anche perché permette di sviluppare requisiti psicomotori come la coordinazione oculo-manuale, l’orientamento spazio-foglio o la manualità fine, l’aspetto artistico della grafia.
Trascurando la scrittura manuale, dunque, ci facciamo del male, e contribuiamo ad affossare un’arte in cui gli italiani sono stati dei maestri.
Non si è pregiudizialmente contrari alle nuove tecnologie, però è importantissimo coltivare la scrittura manuale. Quella che dà forma ai nostri pensieri, quella che ci rende unici e, dunque, umani. E soprattutto, mantenere la tecnologia in un ambito ben delineato perché non diventi un fine ma rimanga uno dei tanti mezzi a disposizione nel nostro vero rapporto con la realtà.
Patrizia Bertuzzi