Musica, Scienza, Teosofia ed Antroposofia

Musica

Musica, Scienza, Teosofia ed Antroposofia

 

Interrogativi sulla sostanza dell’evento sonoro

 

ConcentrazioneIn ogni tempo e in ogni dove il mistero dell’evento musicale ha suscitato domande delle piú disparate tipologie; anzitutto la prima questione che si pone all’attenzione di un indagatore del­l’evento musicale è dove va la materia sonora che movendosi e percuotendo il timpano dell’ascoltatore illumina orizzonti immaginativi non altrimenti pensabili.

Da ciò, che consistenza ha il fenomeno sonoro? Donde trae origine questo potente linguaggio metalinguistico e metavisivo? Qual è la sede reale di tutti i moti d’animo che invisibilmente turbinano in noi all’ascolto di un brano musicale?

È inevitabile che siffatte domande investano campi d’indagine in numerosa quantità; la questione non può essere di certo solo affrontata con attente e mirate osservazioni d’ordine psicofisico, né solo con una indagine preminentemente sottile-spirituale.

Ebbene, questa domanda coinvolge probabilmente l’interezza dell’essere umano nella sua visibilità e metavisibilità (mi si perdoni tale termine al posto di “invisibilità”), e dunque presuppone l’interazione, in senso immediato, d’ogni campo di conoscenza umana, e rischiara qualcosa che ancora tarda ad affermarsi; la conoscenza umana ha limiti solo nella misura del­l’indagine sul ponderabile, ma il fenomeno artistico dichiara incondizionatamente l’esistenza altrettanto reale di zone ancora sconosciute della “corporeità” umana: sconosciute solo perché presupponenti strumenti di indagine che sono al di là d’ogni senso fisico, e risiedono nella possibilità che il pensiero ordinario divenga ciò che è, ovvero il riflesso di un Pensiero vivo che si pone a capo d’ogni intuizione e indagine umana, un Pensiero contenente in sé tutto il passato e il divenire dell’uomo, perché ne è il principio.

Un tale concetto di Pensiero Vivente può sembrare a tutta prima qualcosa solo di presupponibile, necessariamente inconoscibile e impalpabile; eppure un tale atto di “fede” è stato il presupposto base di una gran parte della Scienza fisica e non, ove ricercatori e studiosi quali Einstein hanno fondato la moltitudine di ponderabili equazioni sul principio dell’esistenza di zone della Realtà trascendenti la stessa realtà visibile, eppure presupponibili di conoscenza.

Alla luce di tanto non risulta allora incoerente, all’indagatore aperto al fenomeno come un bambino osserva un albero, quanto ai princípi del secolo scorso Rudolf Steiner definiva, con lucida intellegibilità, la Scienza dello Spirito.

Come piú avanti avrò modo di analizzare con attenzione, fu proprio ai princípi del XX secolo che qualcosa di assolutamente nuovo si affacciava alle porte della conoscenza umana; gli studi sull’elettromagnetismo portarono, in quei tempi, alla conoscenza di una delle zone piú misteriose della fenomenologia fisica, una zona energetica ove la luce, in assenza di aria, perpetuava la sua manifestabilità, e dove la luce stessa poneva il problema di quale tipologia di materia potesse essere costituita.

Si pose con evidenza la necessità di presupporre una sostanza non ancora conosciuta, la quale potesse adempiere al compito di accogliere tutti i fenomeni relativi al moto della luce, una sostanza che sin dall’inizio della sua presupposizione manifestava caratteristiche (ovviamente solo presupposte) del tutto nuove e distanti da qualsiasi sostanza particellare: l’Etere.

A ben vedere, il principio di etere non è nuovo nella storia dell’umanità; già Pitagora, pur non usando una siffatta terminologia, parlava di una massa permeante tutto l’Universo, una massa emettente il Suono Primigenio, l’Harmonia Mundi donde tutto scaturisce. Inoltre, tutta la cultura spirituale indú parla di quanto viene definito “Akasha”, ovvero una sostanza permeante l’intero creato che conserva in sé la memoria di tutte le forme di evoluzione della Vita cosmica e donante continua Energia rigenerante all’intero stesso Cosmo.

Ebbene, è proprio Pitagora che dichiara qualcosa che rappresenterà il punto di partenza dell’indagine del presente lavoro; l’Harmonia Mundi è un Suono originario accogliente in sé tutti i suoni udibili dall’orecchio fisico, ed ogni musica terrestre si ispira al Suono originario al fine di tendere alla sua potenza, la quale è fonte di continua rigenerazione e donazione di vita, ovvero è il principio primo, metavisibile, di tutti i moti visibili.

Tornando alla questione posta all’inizio della presente introduzione, risulta chiaro, con l’aiuto del nostro Pitagora, del perché la Musica è da sempre fonte di domande; se ogni brano musicale è specchio terrestre del Suono che tutto crea e tutto muove, e se il Suono originario non è solo un concetto ma, come d’altro canto viene posto con chiarezza dallo stesso Pitagora, è una metasostanza permeante l’intero Creato, allora la Musica è l’Arte che piú di tutte porta con sé il mistero della contemporaneità di sostanza e metasostanza, ovvero la Musica è la manifestazione sensibile del sovrasensibile.

Pertanto, mai nulla di piú interessante in questo caso quanto il paragonare i campi vibrazionali del fenomeno musicale (e non le frequenze dei singoli suoni!) ai fenomeni non visibili che si celano dietro qualsiasi fenomeno fisico.

Le scuole misteriosofiche di tutti i tempi moderni, ed in particolare la Teosofia e il pensiero dell’Antroposofia di Rudolf Steiner, cosí come molte correnti scientifiche dell’ultimo secolo, hanno posto l’attenzione sulla necessità di una unione di Scienza, Arte e Religione. È questo il moto di pensiero dal quale muove il presente lavoro, volendo ritrovare nel fenomeno musicale un fenomeno, mi si perdoni la forzatura, sia scientificamente metafisico (e non per questo anti-fisico) sia al contempo scientificamente Spirituale.

MusicaA tal punto è doveroso operare un piccolo esempio per antitesi, ponendo all’attenzione un ipotetico indagatore il quale, munito dei soli mezzi di analisi neuro-fisiologica, voglia risalire all’origine del senso di emozione che consegue l’ascolto di un brano musicale particolarmente carico di forza, ove, per emozione, si intenda un qualsivoglia “moto” psichico.

Ebbene, immediatamente si pone un problema: la risoluzione del quesito presuppone l’avere delle basi di indagine le quali devono essere anzitutto l’indivi­duazione dei meccanismi che entrano in funzione nell’atto percettivo; l’indagatore in questione, che chiameremo “ordinario”, in quanto basantesi sul principio della manifestabilità e sulla possibilità di riprodurre con mezzi fisici la dimostrazione dell’esistenza di un fenomeno, prende dunque in primaria considerazione gli elementi costituenti i processi di azione e reazione, in questo caso l’evento sonoro (in quanto fenomeno di vibrazioni sonore) ed il soggetto percipiente munito degli organi di senso e dell’organo preposto alla elaborazione degli stimoli: il cervello.

Proseguendo su tale strada, e volendo sintetizzare i processi presi in considerazione, la spiegazione non tarda a venire: l’evento sonoro viene percepito dagli organi di senso preposti a tradurre le vibrazioni acustiche in segnali elettrici, i quali, per mezzo del sistema nervoso periferico e dunque centrale, raggiungono in men che non si dica la massa cerebrale, la quale a sua volta frammenta i segnali per inviarli sotto varie forme ed intensità alle varie sedi della massa.

Ognuna di tali sedi risulta preposta ad una attività intellettivo-sensibile, l’una all’immagina­zione, l’altra all’emozione, l’altra ancora al pensiero, e poi ancora un’altra all’eccitazione… e cosí via.

Le sostanze prodotte stimolano dunque l’attività correlata, producendo la reazione emotiva o immaginativa; tutto dunque si svolge nell’ambito fisico-sensibile, e d’altro canto è innegabile che effettivamente (ovvero in effetto) tutto quanto viene analizzato e preso in considerazione dalle avanzatissime mani della scienza ordinaria è vero e dimostrabile nel contesto e nella dimensione della sua esclusiva effettività.

Cervello e MusicaMa se solo per un attimo proviamo a domandarci, per puro caso, donde tutto il processo preso in considerazione tragga origine, dove gli organi di senso e il cervello traggano la Forza per tradurre tutti gli stimoli fisici in sensazioni, pensieri ed immagini e, soprattutto, dove si svolga quell’evento emotivo, ovvero quale sia la sede della evocazione di tutti i moti d’animo, e persino delle immagini costituentesi nell’ambito della coscienza, allora ci si perde; il nostro indagatore non può provare il sorgere di una immagine correlata all’ascolto di un brano in un determinato punto del cervello, può solo riconoscere con precisione la parte di massa cerebrale che si attiva a tal fine.

Incredibile riflettere su quanto sia davvero assurdo che un tale semplice pensiero non sorga e sconvolga cosí le menti di tutti i ricercatori, i quali ancora – salvo la pace di molti che hanno conglobato nella loro ricerca scientifica l’esistenza di una dimensione sovrasensibile – ossessivamente spaccano al millesimo la massa cerebrale, all’impossibile ricerca di quella grande percentuale di massa “non ancora conosciuta”, effettuando ricerche su ricerche solo ed esclusivamente con mezzi di riproducibile sperimentazione.

Civiltà molto lontane da noi, come la Egizio-Caldaica, sperimentavano una capacità di immediata chiaroveggenza sui fenomeni sensibili, che di certo, se è stata perduta nell’evoluzione umana sino ad oggi, è solo perché va oggi ricercata con i mezzi autonomi e coscienti che la celebrazione dell’individualità ha donato alle nostre vite, aprendo il passo alla ricerca autonoma e cosciente della propria piú reale natura, ove il superamento di se stessi è la celebrazione dell’Umano nella sua scaturigine divina.

Guerrieri romani sull'AppiaEbbene, è proprio con i mezzi della coscienza che ci chiediamo dove dunque possa avere effetto un evento come l’immaginazione, l’evocazione di immagini nella sfera del pensiero; se l’immagine o il dato pensiero non sono fisicamente visibili nella massa cerebrale (mi si perdoni il forzato paradosso) e non possono essere fisicamente fotografati da nessuna apparecchiatura all’infuori della propria coscienza, dove avvengono e dove prendono forma questi eventi?

Dove effettivamente si prova quella data emozione della quale la produzione di sostan­ze cerebrali e neurotrasmettitrici è solo la conseguenza fisica?

Da quale mai apparecchio è stata fotografata o rilevata la massa di forme luminose che si svolgono dinanzi alla nostra coscienza nell’ascolto del Poema dell’Estasi di Aleksandr Nikolaevič Skrjabin o una qualsivoglia immagine di soldati marcianti formatasi in noi dall’ascolto dei “Pini della via Appia” di Ottorino Respighi?

Donde trae origine l’immaginazione, e dove risiede?

È impossibile non ammettere dunque una dimensione che trascenda i sensi fisici ove avvengano tali fenomeni, e una tale domanda è facilmente reversibile in un altro interrogativo: qual è la sede del Pensiero, dove effettivamente avviene l’attività del Pensiero in tutte le sue distinzioni?Massimo Scaligero

Piú oltre parleremo di ciò che una grande mente dei nostri tempi, Massimo Scaligero, ha definito il Pensiero Vivente: possa una tale ter­minologia essere usata in questo momento per anticipare l’argomento e rendere risposta al no­stro interrogativo.

A tale scopo ci venga anche in aiuto quanto viene definito nella tradizione psico-esoterica: la Forma-Pensiero.

I princípi di Pensiero Vivente e di Forma-Pensiero sono strettamente correlati tra di loro dalla medesima relazione di scaturigine-effetto che si instaura nell’ambito della fenomenologia sensibile; l’unica differenza, sostanziale, è la dimensione nella quale avviene una tale relazione, la quale non può dunque piú essere una dimensione strettamente fisico-sensibile, perché, come già visto, nulla di quanto abbiamo detto può essere riconosciuto prendere forma in un tale àmbito, e pertanto deve essere una dimensione nella quale, pur trovando sede leggi di relazione osservabili e ponderabili, possano avvenire fenomeni che trascendano la fisicità dell’esi­stenza: questa è la dimensione eterica.

udire musicaTengo a precisare che la distinzione tra dimensioni non dovrà mai essere, nella sede di questo lavoro, erroneamente confusa con una serie di spazi autonomi ove accadano feno­meni che non tessono relazioni con i fenomeni svolgentesi ne­gli altri spazi; le dimensioni di cui si tratta qui, e parleremo di dimensione fisica, eterica, astrale, sono differenti livelli di com­prensione e osservazione di un dato fenomeno e non contesti indipendenti l’uno dall’altro.

Abbiamo appena preso in considerazione dunque una dimensione di Forze dove il principio primo sarebbe qualcosa che apre un non poco scottante osservatorio di pensiero; il principio dell’Etere, o, ai primordi dell’incontro tra scienza e metafisica, l’Etere Luminifero.

A tal punto si rende doveroso percorrere, se pur non troppo lungamente, la storia dell’evo­luzione del principio di Etere, non tanto per quanto riguarda le scuole misteriosofiche e di ordine prettamente spirituale, quanto per ciò che concerne il peso fondamentale che esso ha avuto nell’evoluzione del pensiero scientifico a dimostrazione del fatto che, contrariamente a quanto la divulgazione di massa del pensiero scientifico ad opera di riviste ed altro dichiara, buona parte del pensiero scientifico dell’ultimo secolo, a partire da Einstein e dalla teoria dei quanti, ha operato ponendo all’attenzione dell’osservazione tematiche di ordine misteriosofico altrimenti ad esclusivo appannaggio di congreghe religiose o para-esoteriche, ridonando a tali tematiche un senso di profondo spessore reale.

È su tale linea che intendo porre il presente lavoro, ove il nobile auspicio di unione tra Scienza, Arte e Religione possa riconoscersi, al di là del conoscibile ed inconoscibile, nella profonda conoscenza dell’Uomo, alle radici della sua essenza, al principio del Pensiero.

 

Andrea Tarantino (1. continua)