Il vizio del lamentarsi

IndicAzioni

Il vizio del lamentarsi

EffettoNoceboLe emozioni e gli stati mentali sono “contagiosi” e se ci lamentiamo in continuazione dei nostri pro­blemi finiamo per stancare e far soffrire gli altri, oltre ad accrescere ulteriormente (e ciecamente) il nostro dolore: è l’effetto nocebo.

Possiamo definire come lagnosi quegli individui che, non trovando una visione obiettiva rispetto ad un evento soggettivo, lo esternano continuamente senza penetrarlo, e fanno stare male tutti per stare sempre peggio loro.

distaccoImparare ad auto-osservarci con distacco, ci aiuta a divenire consapevoli dei nostri moti in­teriori e del nostro manifestarci agli altri. Il distacco inoltre ci permette di stabilire il giusto rispetto nel rapporto con gli altri, tanto da comprendere quando parlare del nostro problema, a chi e in che modo.

Allora il mio sfogo, l’ascolto da parte del­l’altro, diventa veramente un sollievo tera­peutico per me, e per l’altro la gratificazione per essere riuscito ad aiutarmi. Un gesto di fratellanza.

Quando abbiamo finito, è nostro dovere morale pronunciare la frase: «Grazie di avermi ascol­tato, ora mi sento meglio».

Pensare liberoSe pronuncio questa frase, io mi sento meglio. Mentre lo dico diventa vero.

Non lamentiamoci. Ove sia possibile, dirigiamo le nostre forze alla risoluzione dei problemi, e ove non fosse possibile, cerchiamo di interessarci agli altri: questo avrà anche la funzione di permetterci di rompere la fissità nei confronti dei nostri problemi e poterci tornare in maniera piú proficua, invece di continuare a farli turbinare inutilmente nella nostra testa: “E se mi fosse successo qualcosa di terribile?”, oppure: “Una persona che amavo è morta…” ecc.

Il lamento continuo è frutto di un pensiero domi­nato e gestito dagli istinti, totalmente identificato con quella reazione istintiva del sentire che toglie al pen­siero la sua forza impersonale risolutiva, la chiusura al momento conoscitivo. È il risuonare del sistema nervoso alterato, manca di coscienza e di libertà.

Mentre il pensiero si dovrebbe manifestare non come risultato di una reazione allo stimolo di una qualsiasi percezione/sensazione, ma mosso solamente dalla vo­lontà dell’Io di penetrarlo, come arto dell’Io nell’evento, fino a sviluppare un pensiero libero dai sensi.

 

Patrizia Bertuzzi