La posta dei lettori

Redazione

La posta dei lettori

letterinaUn tema chiave riguarda intensamente la mia quotidianità: in quest’epoca noi esseri umani siamo venuti sulla Terra senza ricevere l’Iniziazione ma per sviluppare la mente. Vorrei chiedere: ora, l’evoluzione per noi esseri umani è completamente auto-iniziatica? Seguire l’ispira­zione nata dalla meditazione e dalla disciplina è tutto ciò di cui abbiamo bisogno per evolverci spiritualmente? Si può vivere l’esperienza di essere iniziati a qualcosa solo per aver intuito l’esistenza della cosa stessa?

 

Francesca

 

Gli Iniziati sono venuti sulla Terra, e continuano ad accompagnarci nel nostro cammino di evoluzione, perché l’uomo da solo rischia spesso di smarrirsi. È vero che attualmente dobbiamo contare sulle nostre forze e non cercare di ‘poggiarci’ su un Maestro di sostegno, ma ad ogni passo in avanti che compiamo, riceviamo – se sappiamo ben interpretarlo – un segno di approvazione o di correzione. Sta a noi tenerne conto nel proseguire. Il segno può venire da una precisa frase che leggiamo, e che ci dà il giusto chiarimento, o persino da una persona incontrata per caso, magari in una fila o su un bus, la quale ci dà proprio l’indicazione che ci era necessaria. Il Mondo spirituale sa come farci giungere l’insegnamento che ci necessita. Accade molte volte. Non si tratta però di una vera e propria Iniziazione, solo di passi avanti. Quando saremo pronti per l’Iniziazione, questa ci sarà concessa. E anche se non li percepiremo direttamente, i nostri Maestri, le nostre Guide spirituali, saranno lí con noi.




letterinaHo un famigliare che sta morendo. Volevo sapere come comportarmi nei suoi ultimi giorni e momenti di vita, e quando è defunto. Esistono dei testi di Rudolf Steiner in proposito? Dei testi da leggergli negli ultimi momenti? E come affrontare la separazione quando è defunto? So che bisogna aspettare tre giorni prima della sepoltura. Come fare, anche se questa persona è refrattaria alla Scienza dello Spirito?

 

Antonietta G.

 

Rudolf Steiner ha parlato in molte occasioni nelle sue conferenze del legame tra i vivi e i morti, spiegando come comportarci nella preparazione al distacco e anche quale sia il modo piú adatto per proseguire il rapporto dopo la morte con le persone care, familiari o amici. Tra le pubblicazioni dell’Editrice Antroposofica possiamo citare tre libri di Steiner:

Il legame fra i vivi e i morti

(www.rudolfsteiner.it/shop/libri/morte/il-legame-fra-i-vivi-e-i-morti);

Commemorare i defunti

(www.ilgiardinodeilibri.it/libri/__commemorare-i-defunti.ph);

e Azioni di destino dal mondo dei morti

(www.rudolfsteiner.it/shop/libri/morte/azioni-di-destino-dal-mondo-dei-morti).

Inoltre, una lettura che riteniamo particolarmente adatta, sia prima che dopo la morte della persona, è il libro Il ponte sopra al fiume – Comunicazioni di Botho Sigwart della vita dopo la morte, della Edi­trice CambiaMenti. Questo testo raccoglie, oltre alla biografia di Botho Sigwart, anche i colloqui da lui stabiliti, dopo la morte, prima con la sorella e poi con alcuni altri familiari, che ne hanno raccolto la testimonianza

(www.cambiamenti.com/botho-sigwart-il-ponte-sul-fiume.htm).

Su questa rivista ne ha trattato Piero Cammerinesi, nel giugno 2012, in un articolo dal titolo “Un ponte tra due mondi”

(https://www.larchetipo.com/2012/giu12/spiritualismo.pdf).

Riguardo al fatto che la persona sia attualmente refrattaria alla Scienza dello Spirito, sappiamo bene quanto invece, una volta dall’altra parte, i trapassati abbiano sete di conoscenze spirituali e ne gradiscano la lettura. Quanto poi a come affrontare la separazione, la cosa piú importante è considerarla solo un distacco fisico, proseguendo il rapporto animico con una piena e amorevole disponibilità del cuore.




letterinaGentili de L’Archetipo, pare ormai che vi contatti bi-mensilmente, eppure non è una decisione aprioristicamente decisa. Tre mesi abbondanti di tecnica per la concentrazione (mal svolti soprattutto le prime settimane, che erano piú che altro prove) e due di atto puro, ricapitolazioni e tentativi di letture meditative sui testi. Non ho dato del tutto retta alla lettera ricevuta dal dott. Giovi, perché c’è questo difetto ogni tanto che subentra di voler fare di testa propria, come un mulo. Ed allora, se ho evitato il moltissimo, il molto (tre sessioni) l’ho fatto tutti i giorni, sebbene gli orari e le durate non siano state sempre le stesse e per diversi fattori ‘intensità dell’attenzione e della dedizione nemmeno. Ho reputato importante, a parte il rivolgermi a voi, intorno di non fare accorgere e pronunciare parola di questo percorso. È stato semmai notato che certi arredi sono stranamente lucenti; per fare una battuta, direi che l’atto puro può fare anche di questi miracoli. Per la Via del Pensiero ho rinunciato a molte cose in modo anche radicale, come lo smettere di intromettere del tutto alcool nell’organismo e una dieta migliore, altri piccoli e stupidi attaccamenti e riti si sono ridotti drasticamente e la brama sessuale, che rientrava in quello che si può dire nella media, si è normalizzata su un livello assai meno compulsivo. La tecnica per la concentrazione, che ho trovato ostica sin dall’inizio solo da capire, porta ad un livello primitivo anche una provvisoria calma, ma noto che può riproporre di fronte alla coscienza con chiarezza antichi traumi che si riassorbono, forse risolvono, esercizio dopo esercizio. Vorrei concludere con ciò che si è fatto piú critico senza prima che mi dimentichi, di ringraziare il prezioso De Paganis di Eco, che indirettamente mi ha nominato per citare la risposta su questa rivista di Giovi nell’intervento di ottobre sulla concentrazione, e l’Isidoro, i cui interventi per me contano molto, e avverto di assoluta rilevanza, praticamente quanto un libro di Scaligero. La criticità è appunto l’incontro che può avvenire con la propria idiozia, nel senso etimologico del termine. Spingi oggi spingi domani, è accaduto ciò che evidentemente doveva accadere. Si apre come un varco di luce in cui per un attimo si avverte scomparire il senso di sé. Ma ecco che questo idiota al primo incontro non regge la forza, e mancandogli il terreno sotto i piedi ricade gravitazionalmente su se stesso nella identificazione col corpo, ritrovandosi incollato alla sedia occhi sbarrati con addosso una specie di terrore privo di immagine e tuttavia attutito dalla calma sullo sfondo ricavata dall’esercizio. Non posso che prenderne atto, l’esercizio ha mostrato alla prova dei fatti che sono ancora uno troppo mollo per sperimentare il pensare. Appartenendo ad un’altra generazione rispetto a quella degli asceti coraggiosi e di tempra ancora in vita, che tengo in mente come esempio, ho l’impressione poi che debba lavorare con una “materia prima” che forse sospetto essere persino peggiore di quello che pensavo, ed anche per questo forse mi son ritrovato a fare piú di quanto Giovi raccomandasse all’inizio. Tuttavia prendo come dato incoraggiante che da questa animica debolezza rimango motivato, forse piú di prima. Buon periodo di festività a voi e ai i lettori.

 

Stefano

 

Molto giusta la conclusione di rimanere motivato, insistere e proseguire con assiduità. Le prove arrivano e vanno superate. Mai arrendersi, ma anzi trarre da esse nuovo impulso a lavorare meglio e con maggiore determinazione. Aggiungendo all’esercizio della concentrazione e dell’atto puro anche quello della Rosacroce, si conquista nel tempo “quella tempra degli asceti coraggiosi” che è il risultato dell’unione della disciplina riguardante il pensare e il volere con quella del sentire, che non è mai da sottovalutare. Con la frase “un passo nella conoscenza e tre nella moralità”, spesso fraintesa o mal interpretata, si intende proprio quel dato animico importante da raggiungere nel proprio sviluppo interiore, che ci fa sentire in unione cordiale con il creato e tutte le creature.