La prima cosa che faremo oggi sarà di esaminare la simbologia dei numeri. Quando si parla dei segni e simboli occulti, bisogna menzionare almeno alcuni simboli che sono espressi con i numeri. Vi ricordate quanto ho detto l’altro ieri, parlando dei rapporti numerici nell’universo e delle velocità di rotazione dei differenti pianeti. Abbiamo visto che questi numeri e rapporti numerici si esprimono nell’armonia delle sfere che riempie lo spazio e che hanno un significato particolare per l’insieme dell’universo e per l’osservazione che se ne fa.
Oggi ci occuperà una simbologia piú intima, una simbologia di cui potremo ovviamente solo sorvolare il significato, perché per approfondirla realmente bisognerebbe abbordare con maggior precisione ben altre cose. Ma vi farete almeno un’idea di cosa s’intende e capirete, per esempio, per quale ragione nell’antica scuola pitagorica di occultismo si diceva che bisognava immergersi nei numeri e nella loro essenza per acquistare una reale percezione dell’universo. Piú di uno tra voi troverà noioso e monotono il fatto di dover riflettere sui numeri. Soprattutto le persone che sono contaminate dalla formazione materialistica del nostro secolo considereranno come delle ingenuità pensare di poter approfondire la natura delle cose studiando i numeri. Eppure, il fatto che il grande Pitagora abbia detto ai suoi allievi che lo studio della natura dei numeri porta all’essenza delle cose, poggia su basi molto profonde. Non si tratta certo di credere che basti meditare sulle cifre 1 o 3 o 7. L’autentica scienza occulta non è né stregoneria né magia, e nemmeno una interpretazione superstiziosa di un numero qualsiasi: il suo sapere si fonda su conoscenze ben piú profonde. La breve descrizione che vi darò oggi vi mostrerà che quando si possiede realmente la chiave che permette d’immergersi correttamente nello studio dei numeri, questi possono essere il punto di partenza di un raccoglimento personale che si chiama anche meditazione.
Dobbiamo partire dal numero uno, dall’unità. Lo studio degli altri numeri vi mostrerà ancor piú nettamente a che punto il numero uno simboleggi realmente quello che sto per dirvi. Tutte le forme di occultismo del mondo hanno sempre designato con il numero uno l’unità indivisibile di Dio nell’universo. Il numero uno designa la divinità. Ma non bisogna credere che si acquistino degli elementi della conoscenza universale per il semplice fatto di concentrarsi sull’uno in quanto numero; vedrete in quale maniera deve essere fatto questo approfondimento. Consideriamo però molto piú proficuo passare prima di tutto ai numeri seguenti.
L’occultismo dice del numero due che è il numero della manifestazione. Con il numero due abbiamo, per cosí dire, un po’ di terra ferma sotto i piedi, mentre con l’uno andavamo piuttosto a tentoni senza riferimenti. Quando diciamo che il due è il numero della manifestazione, questo vuol dire solo una cosa: tutto quello che incontriamo nel mondo, che non è invisibile, ma si manifesta nel mondo, si trova in una certa maniera nella dualità. Incontrerete il numero due un po’ dappertutto nella natura. Niente potrebbe manifestarsi senza che il numero due sia preso in conto. La luce non può mai manifestarsi da sola in quanto unità. Quando la luce si manifesta, l’ombra o l’oscurità saranno sempre là, simultaneamente, c’è dunque necessariamente una dualità. Non ci potrebbe essere un universo pieno di luce visibile se non ci fosse come contropartita l’ombra. Ed è cosí per ogni cosa. Il bene non potrebbe manifestarsi se non accompagnato dalla sua parte d’ombra, il male. La dualità del bene e del male è una necessità del mondo manifesto. Esiste un’infinità di dualità, esse riempiono il vasto mondo, basta cercarle al posto giusto.
Esiste una dualità essenziale sulla quale l’uomo può meditare quanto vuole nella vita, ed è la seguente: ieri abbiamo esaminato i differenti stati attraverso i quali l’uomo è passato prima di diventare un abitante della nostra attuale Terra. Abbiamo visto che sull’antico Saturno e sull’antico Sole egli disponeva di una forma d’immortalità dato che, dirigendo il corpo fisico dall’esterno, vedeva certi suoi elementi sbriciolarsi e al loro posto ricostituirsene di nuovi, per cui allora l’essere umano non sperimentava nulla della morte né della decomposizione. Però la sua coscienza non assomigliava a quella di oggi, essa era affievolita, crepuscolare. L’uomo ha conquistato una coscienza, legata a quella dell’Io, solo sulla nostra Terra. Qui egli ha saputo per la prima volta che era un essere cosciente di sé e capace di differenziarsi dagli oggetti. E per far questo non bisognava piú che dirigesse solo il suo corpo fisico dall’esterno, ma che, in alternanza, scivolasse all’interno di sé, e sentendosi in lui, potesse cosí dirsi “Io”. È stato solo nel prendere completamente possesso del suo corpo fisico che l’uomo ha potuto acquistare la sua piena coscienza. Ma da allora egli è legato al destino di questo corpo fisico. Non era cosí prima, quando stava al di sopra di sé. Acquistando questo grado di coscienza, l’essere umano è entrato in rapporto con la morte. Dall’istante in cui il suo corpo fisico si disintegra, egli sente che il suo Io cessa, finisce, perché l’ha identificato con il suo corpo fisico. Solo progressivamente acquisterà di nuovo l’antica immortalità, grazie al suo sviluppo spirituale, e il corpo fisico è per lui un supporto che gli permette di allenarsi a ritrovare coscientemente quella immortalità. L’uomo non avrebbe mai potuto riconquistare l’immortalità, a un livello superiore, se non l’avesse acquistata con la morte, se non avesse conosciuto la dualità della vita e della morte. Fintanto che l’uomo non aveva conosciuto la morte, il mondo non poteva manifestarsi a lui, perché la dualità della vita e della morte appartiene al mondo manifesto. Potremmo cosí dare esempi a profusione di dualità nella vita. In fisica trovate l’elettricità positiva e negativa, nel magnetismo la forza d’attrazione e di repulsione, tutto funziona per paia. Il due è la cifra del fenomeno, della manifestazione.
Ma non c’è alcuna manifestazione che, nel retroscena, non sia governata dal divino. Dietro ogni dualità si dissimula dunque una unità. Il numero tre non è altro che il due piú uno, cioè la manifestazione e la divinità che è all’origine di questa manifestazione. L’uno è il numero dell’unità di Dio, tre è il numero della divinità manifesta. Nell’occultismo esiste una frase che dice: il due non può in nessun caso essere il numero della divinità. L’uno è un numero della divinità e anche il tre perché quando si manifesta è nella dualità, dietro la quale si trova l’unità. L’uomo che vede l’universo nella sua dualità lo vede nel manifestato. Dire che c’è dualità nei fenomeni esteriori è giusto. Ma dire che questa dualità costituisce il tutto è errato. Alcuni esempi mi permetteranno di spiegarvelo meglio.
Anche quando si tratta di Scienza dello Spirito, molte volte si pecca contro questo principio del vero occultismo, cioè che il numero due è il numero della manifestazione, ma non quello della pienezza, né della completezza. È cosí che spesso nell’occultismo popolare si può sentire della gente, che non conosce veramente questa scienza, dire che tutta l’evoluzione si svolge in movimenti d’involuzione e di evoluzione. Vedremo di cosa si tratta in realtà. Ma studiamo prima di tutto cosa significano i termini involuzione ed evoluzione. Osserviamo dunque una pianta, una pianta completamente sviluppata, con radici, foglie, steli, fiori frutti, in breve con tutti gli elementi che può comportare una pianta. Questo è un aspetto. Adesso osserviamo un piccolo seme, a partire dal quale può nascere la pianta. Guardando il seme si vede solo un piccolo grano, ma che contiene già in sé tutta la pianta; questa è da qualche parte, nascosta nella semenza. Perché ci si trova? Perché il seme deriva dalla pianta, perché la pianta ha messo tutta la sua energia nel seme. Per questo, in occultismo, si distinguono i due processi: uno è costituito dal fatto che la semenza si apre e si sviluppa per diventare la pianta totale: è l’evoluzione; l’altro, dal fatto che la pianta si ripiega in modo da avere una forma tale da poter entrare tutta intera nella semenza: è l’involuzione. Cosí si parla d’involuzione quando una creatura dotata di numerosi organi prende una forma tale che non si vede piú niente di questi organi, perché sono contratti al punto di ridursi ad un piccolo elemento; l’operazione inversa consiste in uno sviluppo, un’espansione: è un’evoluzione. Questa dualità si alterna ovunque nella vita, ma sempre e unicamente in ciò che si manifesta. Potrete osservare questi fenomeni non soltanto nella pianta, ma anche nei regni superiori della vita.
Per esempio, seguite con il pensiero l’evoluzione della vita spirituale europea da Sant’Agostino a Calvino e fino alla fine del Medio Evo. Se percorrete con lo sguardo la vita spirituale di quel periodo, potrete costatare nello stesso Sant’Agostino una certa interiorità mistica. Nessuno potrà leggere i suoi scritti, particolarmente Le Confessioni, senza risentire la profonda interiorità dei suoi sentimenti. Se retrocediamo nel tempo incontriamo una meravigliosa apparizione: Giovanni Scoto Eriugena, un monaco venuto dalla Scozia, ragione per la quale era chiamato Giovanni Scoto (lo Scozzese), che viveva alla corte di Carlo II di Francia detto il Calvo. Ma che fa fare brutta figura alla Chiesa, perché la leggenda racconta che fu martirizzato fino alla morte con degli aghi dai suoi confratelli. Non si tratta evidentemente di crederci ciecamente, ma in ogni caso è vero che è morto martirizzato. Ha redatto il superbo libro De Divisione naturae o Periphyseon di una incredibile profondità. Piú avanti troviamo gli autori del movimento della Mistica Renana, la profondità di sentimento dei quali ha sollevato le folle. E non soltanto le personalità spirituali, ma anche il popolo, uomini e donne che lavoravano nei campi o in fabbrica, tutti sono stati colpiti da questa profondità di sentimento, una delle caratteristiche dell’epoca che cosí si manifestava. Poi troviamo Nicolò Cusano, che è vissuto dal 1401 al 1464. E possiamo continuare a passare in rassegna quest’epoca fino alla fine del Medio Evo. Incontreremo sempre questa profondità di sentimento, questa interiorità che impregnava tutti i ceti sociali.
Ora, constatiamo un’enorme differenza se paragoniamo quell’epoca alla successiva, che inizia nel XVI secolo e prosegue fino a noi. Al punto di partenza vediamo Copernico, che provoca il rinnovamento della vita spirituale con il suo pensiero sulla globalità e la integra cosí bene all’umanità che oggi colui che pensa diversamente passa per pazzo. Vediamo anche Galileo, che a Pisa scopre le leggi del pendolo osservando le oscillazioni del lampadario di una chiesa. Possiamo cosí seguire passo dopo passo il corso del tempo e trovare ovunque una ferma opposizione al Medio Evo. Il sentimento s’indebolisce sempre piú, l’interiorità svanisce; la ragione e l’intellettualità crescono senza posa, gli uomini diventano sempre piú scaltri ed intelligenti. Si succedono due epoche dal carattere completamente opposto. La scienza spirituale non dà una spiegazione di queste due epoche. Esiste una legge occulta che conferma che deve essere cosí. Il periodo da Agostino a Calvino è stato un’epoca di evoluzione mistica e d’involuzione intellettuale, e da allora viviamo in un’epoca di evoluzione intellettuale e d’involuzione mistica. Qual è il suo significato? Da Sant’Agostino al XVI secolo si è installata un’epoca di esteriorizzazione della vita mistica, che è allora diventata visibile. Ma in quel momento era presente qualcosa d’altro in divenire: la vita intellettuale. Era come un seme sepolto nella terra spirituale, che aspettava di svilupparsi poco a poco, dopo il XVI secolo. In quell’epoca, la vita intellettuale era in involuzione, come lo è la pianta nel seme. Nulla al mondo può nascere senza essere prima passato per questo stato d’involuzione. L’intellettualità è in evoluzione dal XVI secolo, la vita mistica si è contratta e si trova in involuzione. E adesso è venuto il tempo in cui questa vita mistica deve nuovamente emergere, deve essere condotta allo stadio di evoluzione dal movimento scientifico-spirituale.
Cosí, nel dominio del visibile, i fenomeni d’evoluzione e d’involuzione si alternano ovunque. Ma colui che si accontenta di questo non ne vede che il lato esteriore. Se si vuol considerare l’insieme nella sua totalità, bisogna aggiungervi un terzo fattore, che si trova dietro questi due fenomeni. Qual è questo terzo fattore? Immaginate di trovarvi di fronte a un processo del mondo esteriore su cui riflettere. Voi esistete, il mondo esiste, in voi nascono i pensieri. Questi pensieri non esistevano prima. Quando per esempio pensate a una rosa, questo pensiero nasce solo al momento in cui entrate in relazione con la rosa. Voi esistevate, la rosa esisteva. Ma nell’istante in cui affiora in voi l’immagine della rosa, nasce qualcosa di nuovo, che non era ancora mai esistito.
È il caso anche in altri campi della vita. Rappresentatevi il celebre Michelangelo all’opera. Praticamente, Michelangelo non ha mai lavorato con dei modelli. Ma immaginiamo che un giorno egli abbia radunato un gruppo di modelli. Michelangelo esiste, i modelli esistono.
Ma l’immagine che Michelangelo ha nella sua anima è qualcosa di nuovo, è una creazione interamente nuova. Questo non ha nulla a che vedere con l’involuzione e l’evoluzione. È una vera novità, che nasce dalla relazione fra una entità che può ricevere e un’altra entità capace di donare. Queste nuove creazioni sono sempre dovute a delle relazioni, a degli scambi da entità a entità. Segnano un inizio. Ricordatevi di quello che abbiamo osservato ieri: del modo in cui i pensieri siano creatori, come possano nobilitare l’anima e anche concorrere all’elaborazione della forma del corpo fisico. Quello che un essere pensa, la formulazione dei pensieri, delle rappresentazioni, continua a lavorare, ad agire. È una creazione e al tempo stesso l’inizio di un processo che ha delle conseguenze. Se oggi concepite dei buoni pensieri, questi saranno fecondi in un lontano avvenire, perché la vostra anima continua il suo cammino nel Mondo spirituale. Il vostro corpo fisico ritorna negli elementi, si disintegra. Ma anche se tutto quello che ha generato il pensiero si disgrega, l’effetto del pensiero sussiste. Il pensiero continua ad agire. Prendiamo ancora una volta l’esempio di Michelangelo. I suoi superbi affreschi hanno avuto un effetto esaltante su milioni di persone. Ma quelle pitture un giorno diventeranno polvere e verranno delle generazioni che non potranno piú vedere niente delle sue creazioni. Quello però che ha attivato l’anima di Michelangelo prima che desse una forma esteriore alle sue figure, quella che è stata dapprima una creazione nata nella sua anima, continua a vivere, si perpetua e riapparirà negli stati evolutivi futuri dove prenderà forma. Sapete perché le nuvole e le stelle ci appaiono davanti? Perché in tempi molto antichi ci sono stati degli esseri che hanno avuto l’idea delle nuvole e delle stelle. Tutto nasce dal sorgere del pensiero, e il pensiero è creazione. Tutto è nato da pensieri, e tutte le cose grandiose dell’universo procedono dai pensieri della divinità.
Ed ecco ora il tre. Nel dominio del visibile, c’è un’alternanza fra evoluzione e involuzione. Ma dietro questo si trova, profondamente dissimulato, il terzo elemento, che è il solo a conferire la pienezza: è una creazione interamente nuova e procede dal nulla. Questa triade è indissolubile: la creazione a partire dal nulla, e in seguito, quando è manifestata e scorre nel tempo, prende le forme del visibile: evoluzione e involuzione.
Ecco cosa vogliono dire certi sistemi religiosi quando dicono che l’universo è creato a partire dal nulla. E se oggi questo è oggetto di scherno, è perché gli uomini ignorano il senso di quegli scritti. Nel visibile, per riassumerlo ancora una volta, tutto si alterna in evoluzione e involuzione. Alla sua base si trova una creazione, invisibile, a partire dal nulla, che si unisce a questa dualità per dar luogo a una triade. La triade è l’unione del Divino con ciò che si manifesta.
Vediamo dunque in che maniera si può meditare sul numero tre, ma non bisogna semplicemente lasciarsi andare a pedanti sottigliezze. Si tratta di ricercare questa triade dietro la dualità che si può incontrare ovunque. Cercando il tre dietro il due, si pratica uno studio del simbolismo dei numeri che è corretto secondo il senso pitagorico. Si può trovare il tre che si dissimula dietro tutte le dualità.
Arriviamo adesso al numero quattro. Il quattro è il simbolo del cosmo o della creazione in senso lato. Capirete perché si dice che il quattro è il numero della creazione se vi ricordate di quanto è stato detto prima, cioè che la nostra Terra, per quanto possiamo ritracciare della sua evoluzione, si trova nella sua quarta incarnazione. Tutto quello che incontriamo sulla nostra Terra, e il quarto principio nell’uomo ne fa parte, implica che la creazione si trova nel suo quarto stato della nostra evoluzione planetaria. Questo è solo un esempio particolare per tutte le creazioni che si presentano. Ogni creazione si trova sotto il segno del quattro. In occultismo si dice: oggi, l’uomo si trova nel regno minerale. Cosa significa? Oggi, l’uomo comprende e può padroneggiare solo il regno minerale. Associando gli elementi minerali, è capace di costruire una casa, di fabbricare un orologio e altre cose, perché questi oggetti sono sottoposti alle leggi del mondo minerale. Ma non è ancora in grado di fare altro. Non può ancora, per esempio, creare delle piante a partire dal proprio pensiero; per questo occorrerebbe che fosse lui stesso nel regno vegetale. Questo accadrà in avvenire. Oggi, l’uomo è creatore nel regno minerale. Questo è stato preceduto da tre altri regni elementari, il quarto è quello minerale. Esistono in tutto sette regni naturali di questo tipo. L’uomo si trova dunque attualmente nel suo quarto regno, è qui che acquista una vera coscienza diretta verso l’esterno. Sull’antica Luna egli operava ancora nel terzo regno elementare, sull’antico Sole, nel secondo, sull’antico Saturno nel primo. Su Giove, l’uomo sarà in grado di creare delle piante, proprio come oggi può fare un orologio. Tutto quello che è reso visibile dalla creazione è sotto il segno del quattro. Esistono numerosi pianeti che non potete vedere con i vostri occhi fisici: i pianeti che si trovano nel primo, secondo e terzo regno elementare non sono visibili per gli occhi fisici. Potete vedere un pianeta solo quando esso penetra nel regno minerale, il quarto. Per questo il quattro è il numero del cosmo e della creazione. È solo penetrando nel suo quarto stato che un’entità diventa interamente visibile per gli occhi fatti per vedere ciò che è esteriore.
Il cinque è il numero del male. Possiamo rendercene veramente conto quando osserviamo l’essere umano. L’essere umano si è sviluppato secondo un principio quaternario in un’entità della creazione, ma sulla Terra il quinto elemento, il Sé spirituale, è venuto ad aggiungersi. Se l’uomo fosse restato una creatura quaternaria, sarebbe stato sempre guidato verso il bene dall’alto, dagli dèi. Non si sarebbe mai sviluppato fino all’autonomia. È diventato libero ricevendo sulla Terra il germe del quinto elemento, il Sé spirituale. È perciò cosí che ha ricevuto la capacità di fare il male ed è, allo stesso tempo, diventato autonomo. Nessuna entità che non sia arrivata al cinque può fare il male, e ovunque s’incontra qualcosa di malefico che può effettivamente agire in modo negativo di sua propria iniziativa, c’è in gioco un principio a cinque elementi. È il caso ovunque, nel mondo intero. Semplicemente l’uomo non lo nota, e l’attuale concezione materialistica non ha idea che si possa osservare il mondo in questa maniera. Partendo da un esempio, vedremo come sia giustificato parlare di un principio malefico in tutti i sensi del termine quando incontriamo un cinque. Quanto sarebbero benefiche le conseguenze, per la medicina, se essa potesse mettere a profitto questa conoscenza e studiare il corso di una malattia nella sua evoluzione, dal momento in cui si manifesta fino al quinto giorno, oppure ogni giorno alle cinque del mattino o anche nella sua quinta settimana! Perché il cinque dirige sempre un processo nel quale il medico può intervenire con piú efficacia. Prima non può fare granché, se non lasciar libero corso alla natura; ma può intervenire in modo positivo se osserva la legge del numero cinque, perché il numero cinque s’introduce nel mondo delle realtà concrete e può, a giusto titolo, essere considerato come pregiudizievole o malvagio. Possiamo dimostrare il profondo significato che il numero cinque ha per gli eventi esteriori.
La vita dell’uomo comporta sette periodi. Il primo è quello che inizia alla sua nascita, il secondo dura fino alla seconda dentizione, il terzo fino alla pubertà, il quarto circa dopo altri sette, otto anni ecc.
Un giorno, quando gli uomini sapranno tutto quello che deve essere preso in considerazione e quello che è preferibile accogliere o allontanare da sé, proprio nel quinto periodo, allora sapranno molte cose sulla maniera di prepararsi a una buona vecchiaia. In quel periodo si può generare il bene o il male per tutto il resto della propria vita. Durante i primi si può far molto con l’educazione in funzione di queste leggi. Ma durante il quinto periodo della vita umana, interviene una svolta che è decisiva per il resto dell’esistenza. Prima che l’uomo possa essere gettato senza rischi nell’esistenza, bisogna che abbia almeno passato questa svolta del quinto periodo. Il principio che oggi prevale di lanciarsi molto presto nella vita, non è una buona cosa. È molto importante rispettare questi antichi princípi occulti. È la ragione per cui in passato, prima di diventare “mastro”, bisognava compiere gli anni di apprendistato e di compagnonaggio, secondo i precetti di coloro che conoscevano le leggi dell’esistenza.
Il sette è il numero della perfezione. Potete una volta di piú rendervene conto sull’essere umano. Egli si esprime con il quattro in quanto creatura e con il cinque in quanto capace di essere buono o cattivo. Quando avrà elaborato tutto ciò che in lui è contenuto in germe, sarà un’entità a sette elementi, perfetta nel suo genere. Il numero sette regna nel mondo dei colori, nell’arcobaleno, nel mondo dei suoni, nella gamma sonora. Ovunque, in tutti i campi dell’esistenza potete considerare il numero sette come una specie di numero della perfezione. In questo non c’è né superstizione né magia.
Ritorniamo adesso, ancora una volta, sull’unità. Quello che abbiamo detto su altri numeri permetterà di porre in giusta luce quello che deve essere detto a proposito dell’unità. L’essenziale, a proposito dell’unità, è la sua indivisibilità. Nella realtà è certo possibile suddividere l’uno in un terzo e due terzi, per esempio. Ecco adesso qualcosa di molto importante, di essenziale, che potete assimilare con il pensiero: nel mondo spirituale, quando togliete due terzi, il rimanente terzo resta solidale. Dio è un’entità unica. Quando qualcosa è diviso a partire da Dio per diventare manifestazione, tutto il resto continua ad esistere come facente parte. Come dice Pitagora: dividi un’unità, ma fallo avendo il resto presente allo Spirito.
In effetti, cosa vuol dire la divisione dell’unità? Prendete per esempio una foglia d’oro e guardate attraverso, vedrete il mondo verde. In effetti, quando la luce bianca colpisce la sua superficie, l’oro ha la proprietà di riflettere dei raggi dorati. Ma dove sono gli altri colori contenuti nel bianco? Essi penetrano nell’oggetto e lo attraversano. Un oggetto è rosso perché riflette i raggi rossi e assorbe gli altri. Non si può estrarre il rosso dal bianco senza che il resto sussista. Qui sfioriamo i confini di un immenso mistero universale. Potete aver una certa visione delle cose. Per esempio, quando la luce cade su una tovaglia rossa stesa su una tavola, vivete con la percezione il colore rosso. Gli altri colori contenuti nella luce solare sono come aspirati, il colore verde, per esempio, è assorbito dalla tovaglia e non è restituito. Se adesso ci sforziamo di prendere coscienza dell’esistenza simultanea del colore rosso e del colore verde, ricostituiamo l’unità. Abbiamo cosí diviso l’unità in senso pitagorico conservando al contempo il resto. Se si effettua questo lavoro nel contesto della meditazione, collegando sempre quello che è scisso con l’unità, si compie un lavoro molto importante, che permette di raggiungere un alto livello nella propria evoluzione. In matematica esiste una formula che esprime questo dato di fatto, e che è valida in tutte le scuole occulte:
1 = (2+x) – (1+x)
È una formula occulta destinata ad esprimere come si divide l’uno e come presentare le parti affinché esse ricostituiscano l’unità. L’occultista deve considerare la divisione dell’unità in modo che nel suo Spirito le parti siano sempre mantenute insieme per riformare l’unità.
Oggi ci siamo dunque dedicati allo studio del simbolismo dei numeri e abbiamo potuto costatare che quando si esamina il mondo dal punto di vista dei numeri e nell’ambito della meditazione si può penetrare profondamente nei misteri dell’universo.
Per completare questo esposto diciamo che nella quinta settimana, il quinto giorno o alla quinta ora, è essenziale essere coscienti del fatto che qualche cosa può mancare o essere riparata. Nella settima settimana, il settimo giorno o alla settima ora oppure con un certo rapporto numerico corrispondente, 3 e ½ per esempio (perché ci si trova ugualmente un sette nascosto), si produce sempre un fenomeno provocato dalla cosa stessa; per esempio, al settimo giorno di una malattia, oppure al quattordicesimo, la febbre avrà una certa evoluzione. Alla base della struttura del mondo c’è sempre un rapporto numerico.
Colui che considererà nel giusto modo ciò che significa la formula pitagorica “studia il numero”, imparerà a comprendere la vita e il mondo a partire dal simbolismo dei numeri. La trattazione odierna aveva per scopo di darvene un’idea.
Rudolf Steiner
Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner.
Stoccarda, 15 settembre 1907 ‒ O.O. N° 101. Traduzione di Angiola Lagarde.