Alcuni giorni fa abbiamo appreso che l’amico antroposofo Vittorio Leti Messina è tornato nel Mondo spirituale, dopo una vita dedicata alla Scienza dello Spirito e alla sua arte, l’architettura. Vogliamo ricordarlo con un suo scritto tratto dal libro Rudolf Steiner Architetto, di cui già in passato abbiamo pubblicato degli stralci.
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Il Johannesbau di Monaco
Prima che si decidesse a costruire il Goetheanum a Dornach, sul terreno messo a disposizione da uno fra i suoi seguaci piú facoltosi (Emil Grossheintz), Steiner aveva progettato, con la collaborazione di due tecnici (Martz e Schmid), un cospicuo complesso edilizio sulla Fuchsstrasse di Monaco di Baviera (distretto di Schwabing), anche là su un vasto lotto di terreno disponibile. Il progetto, con il suo Leitmotiv pentagonale, è del 1911 e vi figura già l’idea delle due cupole, che qui erano, al pari della versione di Dornach, di dimensioni diverse, l’una caratterizzando nel plesso teatrale gli spazi della scena e l’altra quelli del pubblico.
La municipalità della capitale bavarese non aveva concesso l’autorizzazione a causa dell’ostilità di “ambienti artistici autorevoli della città” [da un articolo di Steiner sulla rivista «Das Goetheanum», anno II N° 23], e si dovette rinunciare alla sua realizzazione. La licenza edilizia era stata negata anche per le cospicue dimensioni dell’opera, giudicate incompatibili con l’immediato intorno urbano. Tuttavia, quelle dimensioni erano irrinunciabili, perché l’edificio doveva conformarsi non soltanto alle funzioni di un grosso centro destinato a rappresentazioni teatrali e ad attività culturali intense e spesso affollate, ma soprattutto a ragioni ideali; doveva esprimere significati essenzialmente spirituali.
Tali significati venivano riposti anche nei rapporti di misura e quindi nelle dimensioni; il progetto voleva proporsi, fra l’altro, come una versione metamorfica delle forme e delle misure ideali del Tempio di Salomone, le cui misure – quali sono date dalla Bibbia, ma acconciamente interpretate – esprimevano rapporti cosmici, in particolare dei ritmi luni-solari, corrispondenti a quelli dei ritmi umani del respiro e del sangue. A proposito del Tempio di Gerusalemme, non è per niente a caso, infatti, che la Bibbia lo descriva tanto minuziosamente e ne dia con tanto puntiglio le misure, precisando che l’unità di misura è il cubito “antico”, cioè sacro. Sul Tempio di Salomone e i suoi significati Steiner tenne una ventina di conferenze a Berlino nel 1904 e nel 1906, raccolte nel volume La Leggenda del Tempio e la Leggenda aurea, (O.O. N° 93).
L’intento di rifarsi idealmente all’archetipo biblico permane nel primo Goetheanum ed è confermato nei progetti del secondo, ma di quest’ultimo forse soltanto nei progetti, perché qui le autorità cantonali obbligarono a ridurre l’altezza dell’edificio producendo cosí, forse, un’inevitabile alterazione delle proporzioni. L’impianto pentagonale qual era stato impostato a Monaco lo si ritroverà anche a Dornach, e anche qui racchiude un significato cosmico-spirituale che sarebbe troppo complicato, oltre che fuori luogo, illustrare in questa sede. Qualcuno, però, nel constatare la presenza del rapporto aureo nelle misure dell’edificio, ne ha dedotto affrettatamente che lo Steiner architetto adottasse la sezione aurea come criterio di determinazione dei rapporti di misura, senza pensare che, quando si adotta un impianto pentagonale o decagonale (e la scelta del pentagono era invece di sicuro esotericamente intenzionale, per significare con l’architettura del Goetheanum qualcosa che si conformasse all’ordinamento spirituale del cosmo (si ricordi a tal proposito quanto dice Platone del dodecaedro), il rapporto aureo deriva come necessaria conseguenza.
Non risulta invece da nessuna parte che Steiner prediligesse, per l’architettura in generale, l’astratto rapporto aureo in sé o qualunque altro dispositivo in quanto generatore automatico di proporzioni, mentre al contrario ha esplicitamente dichiarato in varie occasioni, per esempio, che la sua e la nuova architettura «non potrà fondarsi sulle leggi della simmetria» o su norme consimili quali erano adottate negli “Stili” del passato. In proposito va notato che dall’autore di una filosofia della libertà come quella di Steiner non possiamo mai attenderci prescrizioni normative di stampo accademico e tanto meno manualistico, nemmeno indirette, dal momento che egli non ne impartisce nemmeno in campo etico. Sta a ciascuno di noi, nello spirito della Filosofia della Libertà, di valutare la conformità di ogni nostro atto – e quindi anche delle nostre produzioni nel campo dell’arte – alle leggi e all’economia di un universo del quale condividiamo il destino, e il cui destino è ovviamente a sua volta influenzato da ogni nostro atto.
Vittorio Leti Messina