Mea Culpa

Costume

Mea Culpa

Corre da qualche tempo, per i media,

il pentimento della Sacra Casa

per certe intemperanze clericali

in materia di pratiche carnali.

L’excusatio petita non demorde:

è pressante, continua, toto corde,

disarmante, patetico tsunami

che minaccia i gradini degli altari

scuotendo le certezze della fede.

Fare dell’autocritica è un gran bene:

ristabilisce il grado dei valori

offesi e manda un debito messaggio

ai moralisti di ogni credo e luogo,

perché vedano i torti pareggiati,

e il male, esorcizzato alla radice,

non si ripeta piú per l’avvenire.

È un atto giusto, equo e solidale,

purché nel condannare il peccatore

non si denigri tutta la compagine

di cui fa parte, e la dottrina che

fu seguita nei secoli, pagando

persino con la vita il praticarla,

iniziando da Chi venne inchiodato

per un atto d’Amore senza limiti,

e incarnando il Divino nell’umano

volle emendarlo dell’antica colpa

per renderlo materia trascendente.

Perciò l’accanimento nel fornire

scusanti e garanzie disciplinari

oltre il dovuto in questo autodafé

più che morigerare il clero tristo

gioca un tiro birbone a Gesú Cristo,

che ne risulta ridimensionato

e dal celeste gotha giubilato.

Ma forse è proprio questa l’intenzione

di tutta la contorta operazione.

 

 

Il cronista