“Libertà vo’ cercando ch’è sí cara…” leggiamo in Dante. Mi domando se è mai possibile per l’uomo trovare la libertà, intendo la “vera libertà”, non solo quella fisica, ma soprattutto quella interiore. Può la Scienza dello Spirito aiutare a trovarla? È piú facile individualmente o nei gruppi in cui si leggono i libri di Steiner o di Massimo Scaligero, e si fa la meditazione in comune?
Lorenzo S.
Gli incontri dei gruppi avvengono perché ognuno dei partecipanti lo decide. È un atto di volontà e di libertà, un modello di quello che potrebbe essere lo sviluppo dell’atteggiamento essenziale dell’uomo nel futuro. Ma l’uomo, oggi, non è libero. La sua libertà attuale si svolge al livello in cui agisce l’Ostacolatore. È la libertà che l’uomo trova sul piano di Arimane, per cui l’uomo è libero ma simultaneamente non lo è. Se vogliamo ricordare un pensiero fondamentale di Rudolf Steiner su questo, potremmo esprimerlo cosí: libera è l’azione umana nella quale non interviene alcun elemento della natura. Non si tratta naturalmente solo della natura fisica, ma anche di quella vitale, psichica e mentale. Noi normalmente ci comportiamo obbedendo alla natura, e anche quando compiamo gli atti che sono espressione del nostro pensiero cosciente, in realtà è rarissimo che questi atti siano liberi. La prima espressione della libertà è quella del pensiero che si sottrae all’abitudine cerebrale. Il pensiero che noi usiamo ogni giorno, anche se è lucido, non è mai veramente libero. Noi facciamo l’esercizio della concentrazione e della meditazione, individualmente o in gruppo – e sappiamo che farlo in gruppo aumenta notevolmente la sua efficacia – per poter minimamente avere un’esperienza di un momento di libertà del pensiero. Ma nella vita abitudinaria il dono del pensiero ci viene continuamente sottratto da Arimane. Nel pensiero quotidiano noi non siamo liberi, perché siamo presi da sentimenti, da impulsi e da istinti, siamo imprigionati nella percezione sensoria e siamo obbligati ad avere un pensiero che funzioni secondo questo imprigionamento. L’uomo però non vive soltanto nel sensibile, il suo involucro è il punto d’incontro tra il fisico, l’anima e lo Spirito. Quindi questa situazione è tremendamente contradditoria. Sappiamo che in Palestina, venti secoli or sono, visse un Uomo che insegnò, ebbe dei discepoli e poi fu crocifisso. La storia di questa suprema Entità fattasi uomo è per noi misteriosa, anche se crediamo di conoscerla per aver letto quanto di Lui si narra nei Vangeli. Egli venne tra noi ben sapendo che sarebbe arrivata questa epoca. Non è venuto per la sua epoca o quella immediatamente successiva, ma per la nostra epoca attuale. Ciò che ha compiuto l’Entità altissima del Cristo, che si è incorporata in Gesú di Nazareth, non si è svolto solo sulla Terra, ma nel Mondo spirituale, e anche dentro la Terra, dove si è recato quando è “disceso agli inferi” (inferi non come inferno ma come livello inferiore, o interno, della Terra). Il Cristo sapeva che sarebbe venuto il giorno in cui l’uomo sarebbe divenuto persuaso di trovarsi in un mondo soltanto fisico. Per guarirlo da questa follia, per dargli la libertà di essere pronto a riprendere contatto con la forza originaria del mondo fisico – che è spirituale – Egli ha compiuto un sacrificio da cui gli uomini che raggiungono una minima libertà possono ricevere le conseguenze cosmiche positive. L’essere imprigionato nel mondo dei sensi era necessario per l’uomo, che ha sperimentato la discesa, di livello in livello, sempre piú nel fisico, perché proprio al livello fisico è stato per lui possibile sperimentare l’iniziale libertà che lo contrappone al Mondo spirituale, rendendolo capace di assoluta indipendenza dal Divino. Ma ora è tempo di risalire al Logos, e il lavoro interiore per conquistare la “vera libertà” è quello di cui ci parlano sia Filosofia della Libertà sia i libri fondamentali di Rudolf Steiner e le altre sue opere, e cosí ogni scritto di Massimo Scaligero.
Stimati redattori, recentemente nel sito della “Federazione internazionale delle associazioni mediche antroposofiche”, si legge che «I vaccini … sono strumenti essenziali per prevenire le malattie infettive. I vaccini hanno salvato innumerevoli vite nel secolo scorso». Sarei lieto di conoscere cosa pensate di tale presa di posizione, che mi pare in contraddizione con quanto tramandato dal dott. Steiner.
Andrea Carlesi
Molto si è letto in rete in quest’ultimo periodo proprio riguardo all’affermazione riportata nella domanda, redatta dai membri del consiglio dell’IVAA (Associazioni mediche antroposofiche), i quali hanno preso posizione in favore delle vaccinazioni, citando una frase pronunciata da Rudolf Steiner in un momento di epidemia di vaiolo. Epidemia che in seguito, secondo le fasi epidemiche che sorgono e spariscono per ragioni che ancora sfuggono all’ufficialità medica, e non legate all’intervento umano, non si è piú ripresentata in maniera altrettanto drammatica. L’atteggiamento di questa redazione (decisamente no-vax) è del tutto personale, e lascia le decisioni individuali ai genitori, molti dei quali credono alla medicina ufficiale come fossero le Tavole della Legge del Vecchio Testamento. Noi riconosciamo il potere assoluto del Grande Terapeuta, il Cristo, Signore del Karma, e lavoriamo interiormente affinché l’uomo meriti di sviluppare la vera medicina, quella che non ha controindicazioni, che non riempie fragili creature nate da poco di metalli pesanti, di cellule OGM, di parti di feti abortiti, di cervelli di scimmia e di altre simili aberrazioni. Ma diviene sempre piú difficile sottrarsi al ricatto perpetrato dall’ufficialità e dai governi di vari Paesi che sottostanno ai diktat di Big Pharma. Questo è un periodo di grande oscurantismo e di materialismo, cui seguirà, ne siamo certi, un risveglio che spazzerà via i maghi neri che agiscono in nome e per conto degli Ostacolatori. Allora potremo curarci l’un l’altro chiedendo al Cristo e ottenendo da Lui la vera guarigione, che non è solo quella del corpo ma soprattutto quella dell’anima.
Alcuni amici hanno fatto un parallelo fra l’incendio che ha devastato la cattedrale Notre Dame di Parigi e l’incendio che distrusse il primo Goetheanum di Dornach. Cosa pensate dell’accostamento?
Elisa F.
Gli accostamenti si possono fare sulle cose piú disparate. In questo caso si tratta di due incendi, entrambi riguardanti un tempio della cristianità, e benché apparentemente di natura dissimile e destinati a fruitori di genere assai diverso, il parallelo è plausibile. E anche il risultato potrebbe essere comparato. In merito alla parte danneggiata di Notre Dame, la ricostruzione, per quanto similare, apparirà come un cenotafio eretto in sostituzione di quanto è andato distrutto. Riguardo alla ricostruzione del Goetheanum, il secondo, in cemento, può essere considerato un mausoleo edificato a rimembranza del primo, superbamente ligneo. In entrambi i casi, quanto è andato perduto fisicamente rimarrà ben visibile all’occhio chiaroveggente, dato che l’eterico dei due è ancora lì, in tutto lo splendore artistico e il mistero che gli ideatori e i costruttori vi hanno profuso. Disse in proposito Rudolf Steiner, durante il Convegno di Natale, che se qualcuno dice che il Goetheanum non c’è piú, questo può riferirsi solo all’edificio, ma il Goetheanum stesso c’è sempre. A un tratto si vede un’altra realtà che ci risplende dentro: è l’esistenza spirituale, poiché questa è e rimane. Se il fisico può passare oltre la soglia, può anche passare oltre l’incendio. E anche la cattedrale di Parigi, ricostruita o no, in maniera simile o meno, vivrà sempre nella sua interezza nel mondo imperituro degli archetipi.