Anni fa, la Grecia offrí a un disincantato gruppetto di viaggiatori camperisti due chicche ecologiche: un palpitante brulichío di lucciole nella notte di Olimpia e uno stentoreo concerto di galli nell’alba odorosa di miele e resine delle Meteore. Già a quell’epoca, in Italia, era un caso raro se non un miracolo vedere lucciole nelle notti estive. Quanto ai galli, chi aveva la fortuna di vivere in campagna poteva udirne a volte il canto, un verso rasposo, arrochito, che si esauriva in un singulto, non lo squillo chiaro e vibrante che segnalava, ribadendolo, il dominio assoluto del crestato re del pollaio.
Poteva segnalare, quel verso, l’imminenza della luce diurna, l’approssimarsi della buriana o il mutare della temperatura. Era allo stesso tempo sirena e barometro degli eventi atmosferici, degli umori del tempo e delle creature viventi. Degli umani soprattutto, per asserire la giustezza di un presagio e monito divino: prima che il gallo canti, mi tradirai tre volte. Allora Dio era mentore e tutore degli uomini. Perché credessero e accettassero di essere condotti per mano oltre gli inciampi delle loro debolezze, paure e vanaglorie. La Grecia di quegli anni era ancora nel cerchio della devozione al divino, un avamposto eroico del regno di Cristo. Oltre, il vasto mare dell’Islam con i suoi minareti, dalla cui sommità vertiginosa la voce del muezzin scandiva albe e trasmonti, pace e guerra. Questo essere baluardo della Cristianità militante sul campo ha guadagnato alla Grecia un posto d’onore tra i PIGS:, Portogallo, Italia, Grecia e Spagna. I tempi recenti hanno chiarito che l’Islam è nemico di facciata, di ruolo storico: «All’armi, all’armi, la campana sona, li Turchi so’ sbarcati alla marina!». Ma non è l’Islam a gestire i vari Bilderberg. Il Deserto dei Tartari è altrove ed è apolide: un teatrino dei pupi, dove i pupari, nascosti nel baracchino consumistico, ordiscono le trame delle Borse valori, fissano le quote e gli handicap, stabiliscono i codici. I burattini sono asserviti a puntino. In questo canovaccio di gendarmi e pulcinelli non ci sono innocenti, tutti gli attori sono alla fine del dramma egualmente vittime e carnefici. In scena va sempre lo stesso soggetto: la sparizione di Dio.
Per assai strana coincidenza, ha dato avvio al processo di rimozione del divino proprio il popolo che ha strenuamente tenuto la Linea Maginot del divino nella figura del Cristo Pantocratore del culto ortodosso, petto all’Arianesimo, all’Islam e al corrivo uso e abuso della dottrina evangelica della Chiesa di Roma, venuta a patti con le idolatrie capitalistiche, impaniata nelle spire della liberazione da tutti i vincoli, dal dato etico a quello soprannaturale. Talete, Ario, Nestorio, e per la quota rosa Ipazia, festeggiano l’evento. Se non Greci dell’Ellade, di Alessandria d’Egitto e delle comunità intellettuali anatoliche e frigie, gli autori della sceneggiatura del dramma della morte di Dio hanno attinto seme e linfa al pensiero greco. Con ottusa idolatria, i pensatori greci del plot “no-God” hanno gettato via, insieme all’acqua delle superstizioni, l’essere divino che, autosacrificandosi, avrebbe plasmato l’Uomo immortale. La civiltà umana, presa dal proprio ego, ha falciato, alla cieca, il grano del soprannaturale, il frumento delle verità rivelate, per far posto nel campo alla nuova coltura all’orizzonte del mondo: l’Entità Dio-degradabile, il nume asettico, prodotto da millenni di lavorío mentale e strumentale degli esperti dei laboratori e think-tank mondiali. È una parusia esorcizzata, svuotata di tutti gli attributi salvifici e miracolistici. Non causa, perciò, dipendenza né assuefazione.
Cosí come il money-making, la nuova religione del trading, officiata dai broker, i guru del denaro non guadagnato con il sudore della fronte ma con il maneggio di titoli e azioni, ossia con il lavoro degli altri. Questi santoni del brokeraggio vivono in ambienti esclusivi, inarrivabili ai piú, praticano rituali ai limiti dell’occulto e usano un linguaggio, come quello riportato in un quotidiano romano, altamente criptico e decifrabile solo dagli iniziati: «Domani si ricomincia dopo un maggio nero che ha visto bruciare 53 miliardi tra azioni e Btp. In un mese gli indici di Piazza Affari hanno perso circa il 9% e il conto piú salato è a carico delle banche che hanno lasciato sul terreno 18 miliardi di capitalizzazione, con il Tesoro che paga doppio su Mps, visto che il Mef è in rosso di oltre 4 miliardi. Non solo. Sempre a maggio lo spread Btp-Bund è salito di 35 punti base sulla scadenza decennale, chiudendo venerdí a 287 punti base, ai massimi da metà dicembre. Ma è sulla scadenza a cinque anni cresciuta in un mese di quasi mezzo punto percentuale, che il nostro Paese ha dovuto incassare lo schiaffo di vedersi superato dalla Grecia. Si stima che a parità di altre condizioni, rendimenti di 100 punti base piú alti determinino una riduzione del prodotto dello 0,7% nell’arco di tre anni. Il timore è di rivivere lo spread oltre 300».
Ora, un addetto ai lavori, nel senso virtuale del termine – in quanto i lavoratori di vanga e bicipiti nella realtà sono piú che altro soggetti indiani, moldavi, ucraini, bengalesi, rumeni, marocchini, tunisini ecc. – uno per intenderci che ambisce alla natura e al ruolo di squalo predatore nel mare infido della finanza, leggendo il pezzo di cui sopra sarà in grado di decifrarne il contenuto e il senso recondito, ma l’uomo e la donna di media cultura e di ancor minore reddito o pensione, si smarriranno negli indici e i percento, e se mai arriveranno alla fine del testo – che utilizza termini come “schiaffo greco”, “maggio nero”, “miliardi bruciati” e “timore dello spread” – pur non disponendo di una minima cultura finanziaria, alla fine della lettura, da animali d’istinto, avvertiranno che il tempo a venire per le categorie di basso profilo sociale e venale si annuncia irto di sacrifici e salti dei pasti.
Qualcuno, mite e rassegnato, si consola andando al bar e affogando paure e incertezze in una tazza di caffè e in una bomba alla crema. Alcuni, però, fiutano la truffa e respingono il palliativo del caffè al bar, vedono anzi nel pasticcino aggiunto un tentativo di edulcorare l’inganno. Ecco allora scattare la rabbia del sanculotto francese che assalta la Bastiglia alla dissennata proposta di Maria Antonietta alla popolazione affamata, di ovviare alla mancanza di pane acquistando brioche.
Non disponendo della Bastiglia, e non facendo parte di un club di montagnard, all’Appio Latino, a Roma, un 54enne ha assaltato, armato di pistola, una importante pasticceria del quartiere al grido: «Faccio una strage!» Motivazione idealistica del gesto, l’odore ‘avvolgente’ dei cornetti sfornati a ritmo continuo, dalle prime luci dell’alba fin oltre la mezzanotte.
Ma anche a Reggio Emilia non si è da meno. Un uomo, un latitante, si è barricato alle Poste, minacciando con una pistola i cinque impiegati dell’ufficio al grido: «Vi ammazzo tutti. Fate una brutta fine!».
Sono intervenuti i reparti d’assalto. E qui non la polizia ma la filosofia ha risolto il problema. C’è stato – dice la cronaca – un lungo dialogo tra il comandante delle forze d’intervento e il latitante, e alla fine ha prevalso la ragione: l’uomo si è arreso e si è persuaso che la cosa migliore fosse di liberare gli ostaggi e accettare la sentenza e opporsi alla stessa secondo diritto e nelle sedi opportune. Sperando che la sede non sia come la casa famiglia dell’Appennino bolognese dove gli ospiti subivano ogni genere di abusi, al mantra atroce recitato dagli inservienti: «Stai per morire». Nessun dialogo possibile tra gli ospiti e i loro aguzzini, e nessuna possibilità di opporsi alla sentenza: «Tanto morite tutti, sarete eliminati uno a uno». I lager hanno, da che l’uomo ha infranto il codice imperativo della vita, gli stessi modi, mezzi e rituali di tortura e di morte. Lo avevano capito i Greci che sul frontone del tempio di Delfi avevano scritto: “L’uomo è cattivo”.
E i Romani, da esseri razionali come erano, avevano sceverato la sentenza dei saggi Greci dicendo: «Quos Deus perdere vult, dementat prius», se Dio vuole perdere qualcuno, prima lo fa ammattire. Un buon sistema per scaricare sulla divinità il disegno di perdizione dell’uomo. Ma noi, edotti e delusi da secoli di filosofie e dottrine erratiche, avendo detto, scritto e letto tomi di cose sagge e razionali, ci rendiamo conto, amaramente, che l’uomo ha fatto tutto da sé, perché “non sapeva quello che si faceva”, sentenza pronunciata da Colui che dell’uomo si rendeva garante presso il Padre. E l’uomo lo ha ripagato svilendo il cuore e ponendo tra sé e la realtà l’uso esclusivo della mente. Ed ecco la civiltà dell’uomo de-mente, che non ha perso la ragione, ma tutto il resto, fuorché quella. E da quel fulcro intimo e segreto dell’essere, emana un pensiero che si avvolge in spirali su se stesso.
«Anni 90. Mutanti dotati di superpoteri. Gli X-Men sono un drappello di pronto intervento cui il presidente USA ricorre sempre piú spesso. Una di loro, Dark Phoenix, da bambina con i suoi poteri telepatici ha provocato, per un capriccio, un incidente nel quale è morta la madre, quindi il padre l’ha affidata a una scuola diretta da un professore che educa questi indocili fenomeni. La redenzione di Dark Phoenix finisce quando i suoi poteri crescono in maniera esponenziale e lei perde ogni inibizione, uccidendo spesso e volentieri. La diffidenza per gli X-Men torna a diffondersi, mentre anche degli extraterrestri vogliono impadronirsi di lei. Piú fantascienza che fantasy, un quadro pessimista delle polarità bene/male». Questa recensione è apparsa su un quotidiano romano il 14 giugno scorso, ma non è una rarità. Tutti i film programmati nelle sale o alla TV dispensano questi orrori che per l’enormità delle loro proposte sarebbero motivo di ilarità, ma non tutte le menti e le anime le leggono con il distacco platonico utile a depotenziarle dell’angoscia e a relegarle tra le forme dei paradossi kitsch.
Purtroppo, già come aveva denunciato Steiner deleteria per l’astrale la visione dei primi cartelloni pubblicitari: «La scienza materialistica non ha un’idea di che azione deleteria esercitino sulla salute, per esempio, le mostruosità dei cartelloni pubblicitari che continuamente ci vediamo intorno. Si ignora come le malattie vengano introdotte nel corpo per tramite dell’anima. Oggi, si vuol far risalire tutto soltanto ai bacilli» (conferenza tenuta a Kassel il 26 febbraio 1906, O.O. N° F526). Scaligero, in Yoga, meditazione e magia, rivela il guasto che l’astrale procura all’eterico con il pensiero volto al “raffinato dialettismo”, con la pratica di una magia inferiore intesa all’eliminazione dell’uomo spirituale, l’eterico essendo la forza che anima la sfera organica umana: «Ogni giorno appaiono piú evidenti i segni di un simile fenomeno: il pericolo è che persino nei cultori di Scienze Spirituali si attutisca la percezione di ciò che simili segni vogliono dire: che vi sia un’assuefazione al livello dell’uomo animalizzato come al normale livello umano».
E succede che l’uomo animalizzato, destituito cioè dell’Io nella sua integrità di veglia e funzionalità regolatrice della natura organica e animica, si abbandoni a inconsulti tentativi di fuga da una realtà che soggioga l’essere pensante, giustificando il “dementat prius” dei latini, consegnandolo alla follia. Ma si tratta di una follia epica, spesso stravagante, con versanti di teatralità sollecitanti il plauso e la complicità degli altri, di un pubblico, un tempo limitato a una piazza o a un anfiteatro, e oggi, con il potere dei media, una massa ecumenica di occhi, cervelli, cuori e soprattutto mani per gli applausi e le ovazioni, a volte persino le standing ovation.
I “Tu si que vales”, gli “X Factor”, le resuscitate “Corride”, i disinibiti “Sportelli”, ci confermano che l’uomo e la donna hanno imboccato la via di fuga da un circuito di gara esistenziale, come ebbe a dire Valentino Rossi, solo per gli “infrangibili”. Ecco allora testare ogni giorno la propria infrangibilità sfrecciando con il SUV, con lo scooterone, iscrivendosi, come una celebre attrice, a un corso per conseguire il brevetto di pilota acrobatico nelle Frecce Tricolori. Questo per le anime salde, i corpi di amianto e un’adeguata ricchezza da permettersi cliniche di recupero in Val Venosta o altre simili, che non mancano, per potersi dotare, post shock, di impianti dentali a 3mila a dente. I friabili e i devoti di San Martino (poveri in canna, per evitare equivoci) si riducono ai succedanei, come il Death Stranding, in compagnia di creature spettrali, feti in vitro, realtà alternative belliche (come se non bastassero quelle attuali), il videogame è totalmente mainstream e viene giudicato, dai produttori e dagli utenti, dirompente e visionario.
C’è poi l’amore stile Blue Whale, in cui gli innamorati invece di scambiarsi dolci baci e languide carezze si tagliuzzano con rasoi e lamette (accuratamente disinfettati). Ecco perché un’anima candida, bionda, eterea, volta all’angelico, non ha retto il mondo folle, brutale e animalizzato in cui avrebbe dovuto vivere. Si è lasciata morire, smettendo di mangiare e bere. Dentro, hanno diagnosticato gli esperti, aveva una ferita troppo profonda, inguaribile, per una violenza subita. Noa Pothoven si è spenta circondata da familiari e amici, dai peluche preferiti, con foto selfie, instagram, riprese video. Come si muore adesso: consumandosi nella visibilità mediatica, quasi con fierezza, uscendo dal mondo con i capelli ben pettinati e fluenti. Una guerra persa senza combattere.
Prima che non ci sia piú alcun Dio da rinnegare e prima che il gallo delle nostre coscienze svendute al Male non ci avverta piú dei nostri tradimenti, destiamoci a una nuova consapevolezza. È giorno fatto. Una Luce senza crucci d’ombra illumina il mondo. Guardiamo alla Grecia, non a quella dissanguata dallo spread fittizio, quella del den pliróno (non ti pago), ma alla Grecia delle forze eteriche ritrovate e usate per erigere il tempio in cui far scender il Cristo Pantocratore, il Salvator Mundi.
Si prepara il tempo in cui le Beatitudini promesse saranno realizzate.
Leonida I. Elliot