Solo un sistema dialettico, privo di forza spirituale autentica, può tentare di spiegare episodi del Vangelo con il determinismo economico. Una lettura attenta del Nuovo Testamento palesa, con estrema evidenza, che il Cristo non ha mai fatto distinzione fra ricco e povero. Il suo amore si rivolge a entrambi, come dimostra l’episodio di Zaccheo. Ogni invito alla rinuncia dei beni terreni non può essere interpretato come una condanna alla ricchezza, senza alterare profondamente il significato del testo, ma piuttosto come una esortazione al superamento della brama che ci tiene avvinti alle cose materiali. Infatti Zaccheo viene invitato a distribuire solo la metà dei suoi beni, e in un altro passo è rivolto l’invito a donare soltanto “quod superest”.
Come si può ignorare infatti che l’attaccamento ai propri beni non è peculiare solo al ricco, ma si manifesta a tutti i livelli? Basterebbe riflettere alla cura gelosa che dedichiamo, per esempio, al nostro accendisigari nuovo, senza per questo essere necessariamente dei cresi. I commentatori piú acuti dei Vangeli hanno identificato nella definizione “ricco” non tanto una condizione finanziaria, quanto la figura di un uomo dotato di intelligenza, di salute fisica, di capacità di realizzazione, e quindi portato a conquistare beni materiali o gradini gerarchici elevati, il quale attribuisce queste sue doti solo alla sua egoità, in un orgoglio smisurato che lo porta a dimenticare l’origine divina della sua ricchezza interiore. Infatti, nel passo del Vangelo di Luca ove è scritto che è piú facile a un cammello entrare nella cruna che a un ricco entrare nel regno di Dio, si prosegue: «Quelli che ascoltavano dissero: “Allora chi può salvarsi?”. Ed Egli rispose: “Quello che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio”» (Luca XVIII, 20-34). Ci sembra chiarissimo il riferimento all’accendersi in ogni uomo della Luce divina nella sua interiorità, per superare l’attaccamento alle tenebre, piuttosto che una banale questione di quantità di moneta.
…Nell’impulso del Cristo è contenuta la soluzione del problema sociale. La sua chiave può essere trovata nella realizzazione, in un numero sufficiente di uomini, della essenza del Logos nella propria interiorità. Da questo atto compiuto liberamente e coscientemente (per il tramite di una ascesi del pensare, cosí come si addice a un essere moderno che ha superato qualsiasi condizionamento proveniente dal passato) può sgorgare, come da una fonte meravigliosa, la forza della socialità e della fraternità, insieme a un contenuto di idee in grado di affrontare in profondità tutti i problemi attuali.
La concezione della Tripartizione dell’organismo sociale, risultato di una esperienza autenticamente cristiana vissuta dallo Steiner, può rappresentare il contributo risolutivo al problema sociale. Contributo che non ha potuto enuclearsi nelle diverse Chiese, le quali hanno avuto invece il compito di aiutare gli uomini nei primi passi dell’antico spirito religioso verso un rapporto con il Divino, inteso come conquista dell’uomo libero.
Argo Villella
Selezione da: A. Villella Una via sociale Società Editrice Il Falco, Milano 1978.