Conoscono segreti, ma non parlano
le montagne sfumate nelle nebbie
rosa per la distanza. Stanno rigide,
fitte nella distesa della terra,
moai supini, l’orlo del profilo
ha giurassiche forme, linee vaghe
di meduse, di sfingi, ma la bocca
stringe labbra di pietra, non sapremo
mai le parole che segrete muovono
stormi d’uccelli al rischio dell’ignoto
con la fiducia che sconfigge il vuoto,
e la portanza che li tiene in volo.
Prossimo all’occhio, facile è il mistero:
tutto il grano è mietuto, spiga a spiga,
rocchi a decine sparsi per i campi
ne ricordano l’oro e la fragranza, sale
dalle reste lucenti un turbinío
di pule. Ed ecco, mosso da quel vento,
il cuore tenta un volo, si distacca
dal vischio dei roveti, forma in croce
il corpo e le ali, si solleva, bilica
su corde d’aria, pencola indeciso
sul gorgo del celeste precipizio.
Conoscono segreti ma non parlano
le montagne distese in abbandono,
distaccate sibille taciturne,
non diranno del cuore che ha scoperto
come farsi leggero e volteggiare
oltre il roveto e il suo ferire vano,
oltre l’estate che ha mietuto il grano.
Fulvio Di Lieto