Non la fiamma ondulante dei papaveri
alle brezze di giugno, non la gluma
arsa della pannocchia nell’afrore
del solleone, non di questo fuoco
ardevi, cuore, esposto ad ogni rogo
della trascorsa estate. Eri nel gioco
del vivere per dare e consumarti,
il corpo solo offerto in olocausto.
Ma ora un altro incendio ti percuote,
quello che, senza lampi, senza ardore,
pervade ogni molecola del tempo,
e taciturno insinua rami e linfe:
è l’autunno, che insidia la tua festa
di pampini gloriosi, drupe e fiori.
Questo dovrai passare, nudo e solo,
senza ristoro e tregua, senza voce
che ti consoli, i piedi sulla brace,
i palpiti in affanno; questo devi
superare. È la prova del passaggio
dalla stagione piena alla caduca,
e di nuovo rifarti in esultanza
di vita. Questa dunque è l’avventura
che alterna primavera ad ogni inverno,
questa l’inarrestabile sequenza,
vicendevole offerta, eterno scambio,
che la materia opera bruciando
la propria essenza per crearne un’altra.
E tu, cuore, dalla sopita cenere
che di te resta, plasmerai vibranti
ali distese in rinnovati voli.
Fulvio Di Lieto