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Psicologia teosofica III – L’anima e lo Spirito
L’anima sta fra la forza spirituale della natura ed il corpo, e agisce anch’essa come una legge della natura. L’anima s’inserisce in effetti fra il vostro Spirito e il vostro corpo. E quello che afferriamo concettualmente in quanto pensiero, lo eseguiamo nella vita quotidiana per il solo fatto che esso si trasforma nei nostri desideri personali, è ammesso, trovato giusto dal nostro piacere e dalla nostra sofferenza; in altri termini, il nostro Spirito parla prima di tutto alla nostra anima, la quale esegue i suoi ordini.
Si può porre adesso questa domanda: perché, quando l’anima è messa da parte, quando l’ipnotizzato è di fronte all’ipnotizzatore, la terza e piú alta costituente dell’uomo, vale a dire lo Spirito, non lo affronta? Perché sonnecchia, perché lo Spirito dell’uomo diventa inattivo? Lo capiamo chiaramente quando sappiamo che per l’uomo, durante la sua incarnazione terrestre, è essenziale l’agire in comune dello Spirito, dell’anima e del corpo, che lo Spirito dell’uomo comprende il mondo circostante, comprende la realtà sensibile solo per il fatto che l’anima gli trasmette questa comprensione. Quando il nostro occhio ha una impressione dall’esterno, affinché questa impressione possa penetrare fino al nostro Spirito, bisogna che l’anima intervenga in quanto mediatrice. Percepisco un colore. Attraverso la sua organizzazione l’occhio mi trasmette l’impressione esteriore. Lo Spirito riflette sul colore. Si forma un pensiero. Ma fra il pensiero e l’impressione esteriore s’inserisce la reazione dell’anima, quello per cui l’impressione accede alla vita interiore propria dell’anima, quello per cui essa diventa un’esperienza dell’anima. Nell’uomo terrestre lo Spirito può parlare solo alla propria anima, all’anima personale. Se con l’ipnosi escludete l’anima, lo Spirito non è piú in grado di esprimersi nell’ipnotizzato. Avete tolto allo Spirito l’organo grazie al quale può esprimersi, essere attivo. Non avete tolto lo Spirito all’ipnotizzato, avete soltanto messo la sua anima da parte e l’avete resa inattiva. E poiché lo Spirito può essere attivo nell’uomo solo nell’anima, esso non può nemmeno essere attivo nel corpo. Per questo diciamo che l’ipnotizzato è incosciente, il che non significa altro che questo: il suo Spirito è inattivo. Adesso comprendiamo cosí per quale ragione, nell’ipnosi, l’uomo è cosí ricettivo alle impressioni spirituali che emanano dall’ipnotizzatore. Diventa ricettivo perché nessun elemento dell’anima s’inserisce fra lui e l’ipnotizzatore. Il pensiero di quest’ultimo diventa allora una forza istantanea della natura, allora il pensiero diventa creatore. Il pensiero è creatore e lo Spirito è creatore nella natura intera. Soltanto, non appare direttamente.
Ora, negli ipnotizzati e in altri simili stati anormali, con l’esclusione dell’anima, abbiamo privato della sua attività la coscienza, lo Spirito propriamente detto dell’uomo,. Abbiamo messo l’uomo in uno stato d’incoscienza. Possiamo farci un’idea di quello che succede in realtà se ci rappresentiamo, per esempio, di trasportare un uomo addormentato da una stanza ad un’altra e di lasciarlo dormire lí per un certo tempo. Attorno a lui esistono delle impressioni, ma lui non le percepisce. Non sa niente di quello che lo circonda. Se lo trasportiamo nuovamente nella stanza dove dormiva prima senza che si svegli, egli è stato in un altro spazio senza saperne niente. Se vogliamo definire “reale” il nostro ambiente, dobbiamo percepirlo. Attorno a noi possono esistere molte cose dotate di realtà, ma non ne sappiamo nulla perché non le percepiamo. Non ci regoliamo su di esse, la nostra attività non è per nulla legata ad esse perché non percepiamo nulla.
L’ipnotizzato di fronte all’ipnotizzatore è in uno stato di tal genere. Delle forze emanano da quest’ultimo; agiscono delle forze che sono impregnate di Spirito dal pensiero dell’ipnotizzatore. Emanano da lui e agiscono sull’ipnotizzato. Ma questi non sa nulla. Parla, ma esprime solo quello che si trova e vive nello Spirito dell’ipnotizzatore. Per cosí dire, egli è attivo senza essere spettatore di se stesso – come accade negli uomini nella vita normale – senza che egli osservi contemporaneamente quello che è l’oggetto della sua attività. Per cosí dire egli è, nell’ambiente in cui si trova, di fronte allo Spirito dell’ipnotizzatore come il dormiente che è stato trasportato altrove e non sa assolutamente niente di quanto lo circonda. A dire il vero, l’uomo può essere trasportato cosí, una volta dopo l’altra, in ambienti in cui lo Spirito gli parla. Adesso e in ogni momento, anche voi siete in ambienti in cui lo Spirito vi parla, perché tutto quello che ci circonda è fatto di Spirito. Le leggi della natura sono Spirito; soltanto, alla vista abituale delle cose, l’uomo non percepisce lo Spirito che nel fantomatico riflesso dei pensieri. Questo Spirito è esattamente come quello che è attivo nell’ipnotizzatore quando agisce sull’ipnotizzato.
Dunque, nel normale e abituale stato di veglia, l’uomo è in uno stato d’animo dello stesso genere di quello dell’ipnotizzato ma, in rapporto al suo ambiente spirituale, è anche in uno stato in cui i suoi sensi, la sua facoltà di percezione, non sono aperti allo Spirito. Se questa facoltà di percezione è aperta allo Spirito che è nel mondo circostante, le cose del mondo spirituale che ci circondano ci parlano un linguaggio forte, percettibile; questo può aver luogo solo nel caso in cui siamo, nella vita normale, in una situazione simile a quella dell’ipnotizzato di fronte all’ipnotizzatore. L’ipnotizzato non ha piú sofferenza, non ha piú dolori. Non percepisce le punture degli aghi, né i colpi. Il piacere e la sofferenza nel senso abituale del termine sono cancellati. Nella nostra vita abituale, nella coscienza diurna risvegliata, quando raggiungiamo quello stato che ho descritto nella prima parte della mia conferenza – perché la visione scientifico-spirituale del mondo deve considerare lo stato di evoluzione superiore dell’uomo che Platone esigeva dai suoi allievi, che il sacerdote dei Misteri esigeva dai sui discepoli – quando ci spogliamo di quello che ci tocca sotto forma di piacere e sofferenza quotidiani, di quello che incita direttamente i nostri occhi a piangere, di quello che rende sensibile il nostro orecchio, di quello che ci riempie di timore e di speranza; quando ci spogliamo di quello che costituisce l’oggetto del nostro quotidiano, ci liberiamo di questo mondo e passiamo per la metamorfosi dello Spirito che è stata descritta, allora, in rapporto al Mondo spirituale, ma in modo pienamente cosciente, possiamo arrivare ad uno stato simile a quello, in senso anormale, dell’ipnotizzato di fronte all’ipnotizzatore. I nostri occhi e le nostre orecchie sarebbero allora, nella loro attività, come se fossero altrove. Avremo la nostra coscienza diurna, ma non ci lasceremo influenzare dagli oggetti quotidiani nel senso abituale. È necessario che questa metamorfosi si compia nell’uomo. Egli dovrà percepire l’ambiente spirituale, quello che parla nelle cose, essendo altrettanto privo di sofferenza e piacere che l’ipnotizzato quando, nel suo stato anormale, percepisce i pensieri e le parole dell’ipnotizzatore; con l’assenza di sofferenza e di piacere. Percepirà allora il linguaggio dello Spirito in quanto lo circonda.
In questo campo, solo l’esperienza può essere l’elemento decisivo. Quando i grandiosi princípi dell’etica scientifico-spirituale vengono realizzati fino ad un livello elevato, quando l’uomo arriva allo stato in cui è realmente di fronte alle verità spirituali come normalmente l’uomo è di fronte alle verità matematiche, in maniera obiettiva, senza piacere e senza dolore, allora lo Spirito dell’ambiente gli parla, allora lo Spirito non è piú legato alle impressioni dei sensi. Cosí come l’ipnotizzatore può agire sull’ipnotizzato, che non prova piú né dolore né piacere, ugualmente lo Spirito agisce sul chiaroveggente che non prova piú né dolore né piacere. Per avere una tale sensibilità verso quello che ci circonda, pur mantenendo la coscienza diurna di veglia, è necessario essere passato per un’evoluzione, in modo da avanzare fra le cose con una completa comprensione, con una ragione pienamente attiva, essendo tuttavia in grado di lasciare che lo Spirito ci parli.
Le cose stanno cosí: la chiaroveggenza non significa altro che l’essere arrivati ad un grado di evoluzione dell’entità umana grazie al quale l’uomo è in grado di percepire il mondo intorno a lui senza reazioni di sofferenza e di piacere. Quando l’uomo evolve fino al punto in cui le sue passioni e i suoi desideri tacciono in lui, quando tace quello che viene impropriamente chiamato pensiero, e a cui egli è profondamente attaccato, inclinazione per cui è legato alle impressioni sensibili di quanto è intorno a lui; quando l’uomo può amare questo stato sprovvisto di passioni, sprovvisto di desideri, come l’uomo normale ama le cose attorno a lui, allora egli è diventato maturo per percepire lo Spirito intorno a sé. Allora non desidera piú quello che è desiderato nella vita quotidiana, ma i suoi desideri si volgono al Mondo spirituale.
A quel punto, divenuti i suoi desideri di natura superiore, la sua anima è pura e i suoi pensieri sono forze operanti. I pensieri dell’uomo sono attualmente pensieri astratti, solo perché l’uomo normale alterna in se stesso, nel suo essere spirituale interiore, ciò che è pensiero, idea, realtà spirituale e tutto il resto dell’anima, al suo piacere, al suo dolore e ai suoi desideri personali.
È la sola ragione per la quale occorre che i nostri pensieri siano prima di tutto integrati dall’anima, per la quale i nostri pensieri devono dapprima essere resi personali per diventare operanti. Sono desideri personali che vengono ad aggiungersi ai pensieri dell’individuo. Se ho un ideale, trasformo quest’ideale in realtà nel senso dei desideri personali. Funziona cosí nella vita quotidiana abituale. In quanto individuo, devo avere interesse a ciò che ho davanti a me sotto forma di pensiero che, se sono destinato a realizzarlo, mi invia la sua luce. In quanto persona, devo trovare un pensiero, una decisione volontaria positiva. Il mio desiderio personale s’intreccia con il pensiero che altrimenti sarebbe indipendente dal tempo e dallo spazio, perché quello che è vero nel pensiero è vero sempre. Se superiamo questi desideri personali, se evolviamo nel senso in cui i sacerdoti dei Misteri lo pretendevano dai loro discepoli, i nostri desideri diventano tali che non dirigiamo piú tutta la forza della nostra anima verso il nostro interesse personale; al contrario seguiremo con maggior amore e dedizione quello che vive nel puro Spirito. Allora, questo pensiero che vive in noi, lo Spirito che vive in noi, non sarà offuscato e astratto come nell’uomo di ogni giorno, non dovrà penetrare nel mondo esteriore con metodi di esperienze psichiche, e si diffonderà nel mondo esteriore, a partire dallo Spirito, la parte piú intima dell’uomo, senza che si mescoli con l’ego, senza dover attraversare l’io personale. Non oscurato dal mondo esteriore, avanzerà verso noi come una forza naturale; avanzerà verso noi come la forza di cristallizzazione, come la forza magnetica che emana dal magnete e dispone delle forme nei filamenti del ferro. Come queste forze che ci circondano formano una realtà nella natura, nello stesso modo il pensiero sprovvisto di desiderio agisce su quanto ci circonda, sulla realtà intorno a noi. Una conoscenza del nostro ambiente, una conoscenza dei nostri contemporanei sarà feconda in tutt’altro senso quando avremo raggiunto tali pensieri lontani dai desideri personali. Appare allora quello che, in quanto forza di pensiero, si trasmette da quest’uomo evoluto ai suoi contemporanei.
Appare allora quello che, negli uomini veramente disinteressati, è il pensiero, il pensiero in quanto forza della natura organizzatrice. A proposito dei saggi, dei veri saggi, non degli eruditi ma di coloro che portavano la saggezza all’umanità, si racconta che erano anche dei terapeuti, che da loro emanava una forza che aiutava i loro contemporanei, liberandoli da sofferenze fisiche e psichiche. Questo è potuto avvenire perché erano arrivati a un’evoluzione grazie alla quale il pensiero era diventata una forza che permetteva allo Spirito di diffondersi direttamente nel mondo. La conoscenza che è in tal modo sprovvista di desideri, la conoscenza disinteressata, in quanto forza ordinariamente messa al servizio dell’Io, è una forza che rende l’uomo capace di guarire in senso spirituale.
Attualmente posso indicare solo il principio di quelle che sono le condizioni preliminari di una tale attività terapeutica spirituale. In senso scientifico-spirituale, andare al di là dell’io quotidiano strettamente limitato, può essere per l’uomo una condizione preliminare di quello che si chiama guarire spiritualmente. Se l’uomo vuole dunque diventare un chiaroveggente, un terapeuta, deve, in un certo senso, cancellare la sua propria vita dell’anima, quello che gli appartiene principalmente in quanto personalità. Non con questo che l’uomo diventi totalmente insensibile e stupido. Oh no! Un tale uomo diventa al contrario sensibile e sensitivo in un senso superiore a quello che era prima. Un tale uomo sviluppa una sensibilità che non è certo quella che danno i sensi nella vita quotidiana, ma una sensibilità di una natura ben superiore. La sensibilità dell’uomo è dunque minore di quella di un animale inferiore che ha, al posto dell’occhio, solo una macchia pigmentata grazie alla quale può avere tutt’al piú un’impressione di luce? Questo diventa differente nell’uomo per il fatto che egli trasforma l’impressione che riceve nella porpora retinica in percezione del colore nell’ambiente? C’è lo stesso rapporto fra l’occhio dell’uomo e la macchia pigmentata dell’animale inferiore che fra l’organismo dello Spirito del chiaroveggente e l’organismo dell’uomo non evoluto. Mettere da parte la personalità rappresenta il sacrificio. Cancellare la personalità permette di inserire la voce dello Spirito nel nostro ambiente. Cancellare la personalità risolve per noi gli enigmi nella natura. Dobbiamo cancellare il nostro mondo dell’anima. Dobbiamo superare il piacere e il dolore nel senso comune del termine. Questo è necessario per ottenere una vera conoscenza e una evoluzione superiore.
L’eliminazione della nostra personale individualità è tuttavia necessaria in un compito preciso, che è di infinita importanza per la vita quotidiana ordinaria: l’educazione dell’essere umano. In ogni uomo che sta crescendo, dalla nascita del bambino al suo passaggio alla pubertà, è infatti nel nucleo piú intimo dell’entità umana che lo Spirito deve svilupparsi, lo Spirito che dall’inizio riposa nel corpo, che riposa nascosto in seno ai movimenti dell’anima dell’uomo in evoluzione. Se ci poniamo di fronte a questo Spirito con i nostri interessi – non voglio dire con le nostre aspirazioni e desideri – se rendiamo l’uomo che sta crescendo dipendente dai nostri interessi, allora versiamo il nostro Spirito in quest’essere umano e, in fondo, sviluppiamo nell’uomo in divenire quello che è in noi. Ora, non voglio nemmeno parlare del fatto che lasciamo agire le nostre aspirazioni e i nostri desideri nell’educazione di un essere umano che sta crescendo, ma soltanto del fatto che, troppo spesso, quasi anche di regola, l’educatore lasci parlare il proprio intelletto, ovvero che prima di tutto l’educatore domandi alla sua ragione quello che deve aver luogo in rapporto a una qualsiasi misura educativa. Egli allora non tiene conto del fatto di avere davanti a sé uno Spirito in divenire, che può plasmarsi senza disagio conformemente al suo proprio essere solo se può svilupparsi in tutta libertà, e se dall’educatore gli è data l’occasione di questo sviluppo. Abbiamo davanti uno Spirito umano estraneo a noi . Quando siamo educatori, dobbiamo lasciar agire su di noi uno Spirito umano che ci è estraneo. Come nell’ipnosi, nello stato anormale, abbiamo visto che lo Spirito agisce direttamente sull’uomo, nello stesso modo, quando abbiamo un bambino davanti a noi, lo Spirito in evoluzione del bambino agisce sotto un’altra forma direttamente su di noi, e deve agire su di noi. Ma questo Spirito potrà essere formato da noi solo se siamo capaci di farci da parte, come per altre attività superiori, se siamo in grado di essere, senza interferenze del nostro Io, un servitore dello Spirito umano che ci è stato affidato perché lo educhiamo, Se questo spirito umano è posto da noi nella situazione di svilupparsi liberamente. Fintantoché facciamo scorrere verso lo Spirito il flusso dei nostri concetti ed esigenze personali, finché poniamo il nostro Io, con le sue particolarità di carattere, di fronte a questo Spirito, vedremo questo Spirito cosí poco come l’occhio ancora sprofondato nel piacere e nel dolore vede lo Spirito del mondo circostante.
L’educatore deve realizzare quotidianamente un ideale superiore. Lo realizzerà se afferra il principio misterioso, eppure manifesto, della totale assenza di egoismo, e se capisce la cancellazione del suo proprio Io. Questa eliminazione del nostro Io è il sacrifico da fare per percepire lo Spirito nel nostro ambiente. Percepiamo lo Spirito in uno stato anormale, quando in uno stato anormale siamo sprovvisti di piacere e dolore. Percepiamo lo Spirito in maniera chiaroveggente quando siamo diventati sprovvisti di piacere e dolore allo stato normale, con la piena coscienza diurna. E portiamo lo Spirito verso il giusto pensiero quando lo portiamo in modo non egoistico in seno all’educazione. Questo ideale non egoistico, che deve essere cercato giorno dopo giorno dall’educatore, non può che indirizzarlo con la sua luce verso il giusto stato d’animo. Ma proprio perché in questo campo si trova una necessità impellente di evoluzione della nostra cultura, perché in questo campo deve essere creato un vero stato d’animo disinteressato nella nostra cultura, per queste ragioni sarà prima di tutto proprio in questo campo di ideali dell’educazione che la Scienza dello Spirito potrà manifestarsi in maniera creatrice, nel quale essa potrà rendere all’umanità il piú grande aiuto. Colui che s’impegna nella via scientifico-spirituale avrà le migliori basi per un’attività educatrice, e lavorerà al compito dell’educazione dell’umanità in senso spirituale. Questo è quello di cui l’educatore deve tener conto prima di tutto. Non ha d’altronde bisogno di manifestare ad ogni occasione i dogmi, i princípi scientifico-spirituali. Non sono i dogmi, i princípi e le teorie che hanno importanza: è la vita che importa, e la trasformazione delle forze che derivano dalla mancanza di egoismo, e grazie a quest’ultima della facoltà di percezione dello Spirito. È questo che importa, piú che l’educatore abbia fatto suoi gli insegnamenti della Scienza dello Spirito. Egli è uno spiritualista per il fatto che, come in ogni vita umana in evoluzione, vede davanti ai suoi occhi qualcosa di enigmatico, per il fatto che appare davanti alla sua anima un essere che egli deve far evolvere in quanto Spirito, coltivandone e modellandone lo Spirito. Per l’uomo che vuole diventare un educatore, ogni essere umano in divenire deve diventare un enigma della natura da risolvere. Se è educatore in un simile stato d’animo, allora è un educatore spiritualista nel miglior senso della parola. Lo è perché abborda con un vero e santo rispetto ogni essere umano, ogni essere umano che sta crescendo e comprende le parole di Gesú : «Quello che avete fatto al piú piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a me». L’avete fatto a me, il Dio divenuto Uomo, perché avete riconosciuto e curato lo Spirito divino nel piú piccolo dei miei fratelli.
Colui che s’impregna di un tale stato d’animo, in quanto uomo, sta di fronte agli altri uomini in tutt’altra maniera. Egli vede lo Spirito divino, lo Spirito in evoluzione, anche nel piú piccolo dei suoi fratelli. E quello che vive in lui nei confronti dei suoi contemporanei, lo riempirà in tutt’altra maniera di serietà e dignità, di rispetto, di venerazione, di stima, se egli considera ogni uomo come un enigma della natura, come un santo enigma della natura al quale non deve imporsi, ma solo risolvere, e con il quale deve entrare in una importante, seria relazione, tale da farne nascere la venerazione, la stima riguardo al nucleo di Spirito divino presente in ogni uomo.
Quando l’uomo si pone in questo modo fra i suoi fratelli, allora egli è sulla via, per quanto possa essere ancora lontano dal suo obiettivo. L’obiettivo che cosí ci proponiamo è lontanissimo davanti a noi. L’uomo è sul cammino che l’etica scientifico-spirituale indica in queste belle e grandiose parole: «Prima che l’occhio possa vedere, deve disabituarsi alle lacrime. Prima che l’orecchio abbia la forza di udire, deve diminuire la sua sensibilità» (Mabel Collins, La luce sul sentiero).
Rudolf Steiner (2a Parte)
Dalle annotazioni di uditori presenti alla conferenza di Rudolf Steiner.
Berlino, 30 marzo 1904 ‒ O.O. N° 52. Traduzione di Angiola Lagarde.
È stato chiesto alla nostra redazione quando sono stati pubblicati gli articoli precedenti relativi alle conferenze dell’O.O. N° 52, con la traduzione di Giovanna Scotto. La pubblicazione è avvenuta tra il luglio 2009 e il gennaio 2011. Riportiamo i link qui di seguito:
6 settembre 1903 “L’eterno e il transitorio nell’uomo” I
www.larchetipo.com/2009/lug09/antroposofia.pdf
6 settembre 1903 “L’eterno e il transitorio nell’uomo” II
www.larchetipo.com/2009/ago09/antroposofia.pdf
3 ottobre 1903 “L’origine dell’anima” I
www.larchetipo.com/2009/set09/antroposofia.pdf
3 ottobre 1903 “L’origine dell’anima” II
www.larchetipo.com/2009/ott09/antroposofia.pdf
7 novembre 1903 “L’essenza della divinità” I
www.larchetipo.com/2009/nov09/antroposofia.pdf
7 novembre 1903 “L’essenza della divinità” II
www.larchetipo.com/2009/dic09/antroposofia.pdf
4 gennaio 1904 “Antroposofia e cristianesimo” I
www.larchetipo.com/2010/gen10/antroposofia.pdf
4 gennaio 1904 “Antroposofia e cristianesimo” II
www.larchetipo.com/2010/feb10/antroposofia.pdf
4 gennaio 1904 “Antroposofia e cristianesimo” III
www.larchetipo.com/2010/mar10/antroposofia.pdf
1° febbraio 1904 “Antroposofia e spiritismo” I
www.larchetipo.com/2010/apr10/antroposofia.pdf
1° febbraio 1904 “Antroposofia e spiritismo” II
www.larchetipo.com/2010/mag10/antroposofia.pdf
30 maggio 1904 “Storia dello spiritismo” I
www.larchetipo.com/2010/giu10/antroposofia.pdf
30 maggio 1904 “Storia dello spiritismo” II
www.larchetipo.com/2010/lug10/antroposofia.pdf
30 maggio 1904 “Storia dello spiritismo” III
www.larchetipo.com/2010/ago10/antroposofia.pdf
7 marzo 1904 “Ipnotismo e sonnambulismo” I
www.larchetipo.com/2010/set10/antroposofia.pdf
7 marzo 1904 “Ipnotismo e sonnambulismo” II
www.larchetipo.com/2010/ott10/antroposofia.pdf
7 marzo 1904 “Ipnotismo e sonnambulismo” III
www.larchetipo.com/2010/nov10/antroposofia.pd
6 giugno 1904 “Ipnotismo e sonnambulismo” IV
www.larchetipo.com/2010/dic10/antroposofia.pdf
6 giugno 1904 “Ipnotismo e sonnambulismo” V
www.larchetipo.com/2011/gen11/antroposofia.pdf