Le gramaglie dei rovi nel canneto
sono corde stridenti al soffio che
non so se gli dà forza o lo sconvolge.
Aspro di sale, il vento di libeccio
spinto dal mare vortica, scuotendo
i timidi germogli. Primavera
è ancora un sogno, qui dove tra i rami
antichi nidi salvano le trame
di stecchi e giunchi uniti dalla strenua
volontà di ritorno a fare vita,
e canti, e trilli, e fremiti di piume,
giochi di linfe eterizzate e spinte
su per il tronco avido di esistere
e rinnovarsi con sostanze arcane
mai del tutto perdute. Qui non vale
dimenticare il tempo e i suoi misteri,
come il cerchio di cui si fregia il legno
e segna un anno di tempeste e amori,
l’arborea meraviglia che dal germe
porta l’ansia di cielo in ogni foglia,
anemocoro che risveglia e accende
nel pulviscolo errante la speranza
di crescere, fiorire e avere semi
per i nidi futuri di gorgheggi,
per gli umani instancabili fraseggi,
i tuoi, vetusto cuore, i tuoi poemi,
cronistoria dei giorni, l’avventura,
rosario di conquiste e di abbandoni,
che, nonostante l’aspro vento, dura
e reca, prodigiosi, occulti doni.
Fulvio Di Lieto