Prima che Lui venisse a riscattare
l’uomo dal signoraggio della morte,
eri tu, Madre, cui si rivolgevano
i popoli del mare, a Lemno; a Efeso
eri un’effigie di fertilità;
monolito di stella a Pessinunte;
protettrice di messi eri ad Eleusi.
Dominavi il Serpente col tuo piede,
e il crescente di luna era il tuo segno.
Divinità confusa ai mille culti,
ti facevano voti: eri Diana,
o Iside, Cibele, ma distante
eri dall’uomo chiuso nei Misteri.
Poi venne Lui, e tu lo partoristi,
e fosti la Regina dei Dolori,
madre del Verbo morto sulla croce.
Immacolata, nonostante il fango
che copriva la faccia della Terra,
che l’uomo dissacrava calpestandola
col sangue delle guerre, le miserie
delle sue cupidigie. Eri comunque
Refugium peccatorum, Stella maris,
ultima spiaggia per i naviganti
persi nel mare infido senza rive,
oceano che ci porta oggi a vagare
da un miraggio a un inganno, frastornati.
E perciò ti chiediamo, Grande Madre,
di fermare congiure e pestilenze.
Apri il Cielo, ne scendano rugiade
della tue primavere, sciogli il grumo
del segreto dolore che ci opprime.
In virtú della grazia che redime,
col tuo tallone schiaccia il serpe immondo.
Converti il dio dell’oro in carità,
che venga il tempo nuovo per il mondo:
una fraterna, umana civiltà.
Fulvio Di Lieto