In una strada di periferia,
dedicata a un poeta d’altri tempi,
è tornato a fiorire il biancospino.
Segno di tregua della pandemia,
o fine del flagello, lo speriamo.
Intanto eccolo lí, nel suo candore,
il profumo discreto appena sciolto
nel vento lieve della primavera.
Ricorda la colomba che Noè
fece uscire dall’arca per saggiare
a che punto era l’acqua del diluvio,
se la terra si fosse liberata
dal fango e dagli umori degradati,
se la creatura umana, ormai divisa
dall’ordine divino e naturale,
avesse ritrovato l’armonia
del primo giorno sulla terra asciutta.
Il biancospino annuncia che l’assedio
del virus ingannevole è finito:
lo prova il volo della prima rondine
raso un cancello di cemento e ferro.
Ed ecco il gesto che rinnova il patto
tra l’umano, il Divino e la natura.
Esorcizzando il morbo e la iattura,
d’anime preda di paura e orrore,
neutralizzando incubi e veleni,
su quei fiori la Mano del Creatore
ora distende nuovi arcobaleni.
Fulvio Di Lieto