Non la polla che bagna mormorante
l’esile gambo docile al fluire
della corrente, ma un selciato labile,
un solco incerto rorido d’amianto
di un condominio urbano: vi stormiscono
un papiro, poi un altro, infine un bosco
compatto, ma deciso in ogni fibra
a rendersi parola da riedire,
consonanza di foglie macerate.
Biblo è lontana, un alito di vento
ne porta a tratti l’empito salmastro,
fusi grani d’incenso, cedri in fiore
e sospiri di viole per la nascita
di un dio silvano, intriso del suo sangue.
Echeggia il segno della sua sostanza,
sublime fioritura inconoscibile,
verbo che intemerato ci redime.
Fulvio Di Lieto