Notti stellate, voli alle grondaie,
le tortore in amore, il rampicante
rosso che scala l’ultimo bastione
del condominio. Sarà presto in cima,
riscattando il grigiore di cemento
col suo fuoco vibrante. Il cielo è là
che attende il forte abbraccio nel viluppo
di foglie rosso vivo, la materia
formato bunker di una strenua guerra
tra la natura e i guasti dell’umano.
Sindrome da capanna viene detta
la smania di tornare alla bontà
di una dimora fatta con le frasche
e poca paglia, e un palo di sostegno,
e un uccello che venga a curiosare
per accasarsi, se la gente è buona
e non nasconde roccoli nei campi.
L’afra controra popola i meriggi
di spettri ridanciani, disponibili
a svelare segreti che alla fine
poco importano. Basta ricordare
che l’estate è regina, il tempo è mite
e il grano lascia rocchi dove ardeva
alto nel sole il rosso dei papaveri.
Tu facevi ghirlande con quei fiori,
semi d’oblio, rútila esultanza.
Ché le sere hanno lucciole nei campi,
e nottiluche in mare, se la mano
tua ne divide l’onda alla polena,
maschera sorridente, simulacro
di una sirena catturata in estasi,
come una donna del buon tempo antico
cui bastava un pensiero per sorridere,
per fare sogni di felicità.
Fulvio Di Lieto